Svizzera

Sì degli Stati alle 'quote rose' nella direzione delle grandi aziende

Nella riforma non è tuttavia prevista alcuna sanzione per quelle imprese che non riusciranno a migliorare la rappresentanza femminile

L'imponente sciopero delle donne di venerdì scorso ha fatto breccia oggi al Consiglio degli Stati (Keystone)
19 giugno 2019
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L'imponente sciopero delle donne di venerdì scorso, cui hanno partecipato diverse centinaia di migliaia di persone, ha fatto breccia oggi al Consiglio degli Stati che, affrontando la revisione del diritto della società anonima, ha accolto l'idea (27 voti a 13) di introdurre delle "quote rosa" anche nelle direzioni delle imprese quotate in borsa, e non solo a livello di consigli di amministrazione.

Stando alla riforma, non è tuttavia prevista alcuna sanzione per quelle imprese che non riusciranno a migliorare la rappresentanza femminile. Le circa 250 società potenzialmente interessate dovrebbero unicamente spiegare perché gli obiettivi non sono stati raggiunti ed esporre le misure previste per rimediarvi.

Nel giugno del 2018, il Consiglio nazionale aveva approvato seppur di misura - 95 voti a 94 e 1 astenuto - la proposta secondo la quale, in futuro, il 30% dei posti nei cda delle aziende quotate in borsa fossero riservati alle donne. A livello di direzione tale quota doveva essere del 20%. Oggi gli Stati si sono adeguati a questa soluzione, contro il parere della commissione preparatoria, favorevole solo all'obiettivo del 30% negli organi di sorveglianza.

Nel dicembre scorso, la Camera dei cantoni aveva deciso di rinviare il progetto in commissione per renderlo "economicamente sopportabile". Incaricata di rielaborare la riforma, la commissione preparatoria aveva stralciato un certo numero di disposizioni che erano state precedentemente introdotte, cambiando parere in merito alle quote rosa nei piani alti delle aziende. Con 6 voti a 5 e 1 astenuto ha raccomandato infatti di abolire tale proposta, venendo però contraddetta durante il dibattito nel plenum, dove l'ha spuntata una proposta di minoranza di Anne Seydoux (PPD/JU), sostenuta dal Consiglio federale.

 

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