Svizzera

‘Serve una bussola’

Philomena Colatrella, Ceo della Css, su costi della salute e aumento dei premi. Il suo salario (750mila franchi)? ‘Corrisponde agli standard del settore’

(Keystone)
5 aprile 2019
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Signora Colatrella, lo scorso anno ha proposto di portare la franchigia di base dell’assicurazione malattia a 10mila franchi: era solo un modo per alzare il tiro in vista del dibattito parlamentare sull’aumento delle franchigie, oppure ci crede davvero?

Innanzitutto non era una proposta. Era solo una delle idee emerse in merito al tema della responsabilità individuale degli assicurati scaturite nel corso di una riflessione con il nostro istituto dell’economia sanitaria empirica.

Ci crede ancora?

Non l’abbiamo approfondita ulteriormente. L’idea ha prodotto comunque un dibattito, che purtroppo si è limitato al tema dell’aumento delle franchigie, mentre avrebbe dovuto generare una discussione più ampia in merito alle misure di contenimento dei costi. L’idea è stata però ripresa nella fase di consultazione parlamentare.

In Parlamento non è passata nemmeno la proposta di un aumento automatico di 50 franchi delle franchigie. Cosa ne pensa?

Sarebbe stata una riforma molto prudente, direi quasi simbolica. Di per sé – bisogna dirlo – l’adeguamento non avrebbe sortito grandi effetti per quel che riguarda l’abbassamento dei premi e il contenimento dei costi della salute. Occorre invece un ampio pacchetto di riforme per frenare l’incremento dei costi del sistema sanitario: questa è d’altronde la via indicata dagli esperti incaricati dal Consiglio federale.

I costi della salute sono cresciuti ogni anno del 3,9% in media dall’entrata in vigore dell’assicurazione di base obbligatoria (Lamal) nel 1996. Dopo la tregua del 2018, quest’anno come evolveranno?

Non lo sappiamo ancora. Quello che noi e altri assicuratori constatiamo, è una tendenza alla riduzione dei costi pro capite delle prestazioni. Nel 2018, alla Css questi sono stati di 3’793 franchi, in diminuzione dello 0,5% – pari a 19 franchi in media per assicurato – rispetto all’anno precedente. Il calo riguarda gli ambiti ospedaliero – stazionario [-1%, ndr] e ambulatoriale [-4,6%, ndr] – e delle case di cura [-0,8%, ndr]. Il nostro gruppo ha fatto segnare nel 2018 un utile di 163,1 milioni di franchi [cfr. sotto, ndr]: lo metteremo a disposizione dei nostri assicurati, in modo che i premi 2020 risultino moderati.

Significa che anche quest’anno e oltre i costi della salute aumenteranno meno della media ventennale?

Il centro di ricerca congiunturale Kof sostiene che, a medio-lungo termine, i costi della salute continueranno ad aumentare in maniera costante. Ne consegue l’assoluta necessità di riforme sostanziali. E, come detto, nell’esercizio 2018 della Css possiamo registrare una riduzione notevole dei costi.

Come spiega l’attuale rallentamento della crescita dei costi sanitari?

Prima di tutto con la revisione del tariffario medico (Tarmed) imposta nell’autunno 2017 dal consigliere federale Alain Berset. E poi con le misure volte a incentivare i trattamenti ambulatoriali, diminuendo di conseguenza i costi legati a quelli stazionari. Inoltre, come Css prestiamo grande attenzione al controllo sui costi.

Un mese fa in un’intervista a ‘Le Temps’ ha dichiarato che i costi della salute non dovrebbero crescere più del 2,3% all’anno. È una specie di freno alla spesa sanitaria quello che ha in mente?

Noi chiediamo di fissare obiettivi di costi. Esperti di economia sanitaria, ai quali abbiamo commissionato una perizia, hanno calcolato un tasso di crescita ottimale del 2-2,5%, che tiene conto della recente evoluzione dei costi Lamal, della crescita demografica, dell’indice dei salari e dei progressi della medicina. L’intento è la definizione di un valore che funga da ‘bussola’, che sia cioè in grado di aiutare gli attori del settore sanitario (medici, ospedali, cantoni, assicurazioni malattia, ecc.) a orientarsi. Si spera così di generare una sensibilità molto più elevata in relazione al contenimento dei costi, senza però ventilare già ora possibili sanzioni. Chi dovesse superare tale valore sarebbe semplicemente chiamato a dare spiegazioni. In questo modo si creerebbe una certa pressione sugli attori in causa: il sistema diventerebbe così più trasparente e verrebbe stimolata una sana concorrenza tra loro.

D’accordo, ma al di là della definizione di un valore ‘bussola’, attraverso quali concrete misure i diversi attori del sistema sanitario dovrebbero essere spinti a contenere i costi?

Siamo dell’idea che i vari fornitori di prestazioni debbano in qualche modo autodisciplinarsi, trovare ognuno il modo per restare complessivamente all’interno di questa forchetta del 2-2,5%. Negli ambiti in cui i costi vanno maggiormente ridotti, il valore potrebbe essere più basso. Viceversa, in quelli dove esistono bisogni che aumentano, ai quali va giustamente data risposta (come per esempio le cure a domicilio), il tasso di crescita verrebbe fissato a un livello più alto.

Come assicuratore malattia, in che modo contribuite a limitare l’aumento dei costi?

Quello che facciamo, come Css, è un controllo rigoroso delle prestazioni. Sui 17 milioni di fatture entrate nel 2018 siamo così riusciti a risparmiare circa 622 milioni di franchi per spese ingiustificate. Ci impegniamo anche a tenere sotto controllo i costi amministrativi, che in ambito Lamal si sono attestati nel 2018 al 3,7%, un minimo storico.

Anche il Consiglio federale sta pensando a un obiettivo di contenimento dei costi: una proposta in tal senso è attesa per la fine dell’anno. Un modo per attuarlo sarebbero i cosiddetti ‘budget globali’: si fissa un tetto di spesa; se questo viene superato, scattano misure correttive o sanzioni. Cosa ne pensa?

Noi sosteniamo la discussione avviata con la pubblicazione del rapporto degli esperti incaricati dal Consiglio federale. Se le misure contenute nel primo ‘pacchetto’ [posto in consultazione lo scorso settembre, ndr] non saranno in grado di contenere l’aumento dei costi, dobbiamo essere pronti a discutere anche dell’introduzione di altre misure atte a frenarlo.

Anche di un obiettivo di contenimento dei costi che contempli ‘misure correttive’ o sanzioni?

L’obiettivo principale è la trasparenza: sono convinta che, una volta definito e pubblicato un tasso di crescita dei costi, i vari attori saranno ‘naturalmente’ portati a osservarlo. Senza che, come già detto, si rendano necessarie eventuali sanzioni.

Un anno fa, in un’intervista al ‘Blick’, ha dichiarato che “la soglia di dolore per quanto riguarda la sopportabilità dei premi è stata raggiunta”. È quanto dicono un po’ tutti, ormai: socialisti compresi. Arriveremo prima o poi al punto in cui il maggior assicuratore malattia svizzero sosterrà l’iniziativa popolare del Ps, che prevede di limitare l’onere dei premi Lamal al 10% del reddito disponibile?

La preoccupazione maggiore dei nostri assicurati è rappresentata dall’onere dei premi, sempre più difficile da sostenere. L’iniziativa del Ps si limita però ad agire a livello di sintomi. Bisogna invece agire sulle cause del costante aumento dei costi della salute. In questo senso, la nostra posizione si avvicina più all’idea dell’iniziativa popolare lanciata dal Ppd [un freno ai costi sanitari da attuare con misure tutte da definire, ndr].

Siamo un cantone di frontiera. Anche in Ticino c’è chi, per risparmiare, va in Italia o altrove all’estero ad acquistare farmaci o farsi curare. Il Consiglio federale – seguendo una delle piste indicate nel rapporto del gruppo di esperti – non esclude che in futuro l’assicurazione di base rimborsi queste prestazioni. Cosa ne pensa?

Se i farmaci o le prestazioni di cui si usufruisce nei paesi limitrofi sono più economici, noi siamo favorevoli. La Css ha sempre sostenuto un allentamento ragionevole del principio di territorialità della Lamal. Tuttavia, attualmente manca la base legale necessaria e quindi l’Ufficio federale della sanità pubblica non ci permette di effettuare alcun rimborso a carico del’assicurazione di base.

La Css è stata fondata nel 1899 con la denominazione di ‘Cristiano Sociale Svizzera’. Quanto ‘cristiano’ e ‘sociale’ è percepire un salario di 750mila franchi l’anno, mentre un terzo degli assicurati deve far capo ai sussidi per pagare i premi di cassa malati e oltre 30mila persone sono sulle liste nere cantonali di chi è in mora col pagamento?

Il mio salario corrisponde agli standard del settore, determinati dal mercato.

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