Svizzera

Olio di palma, ‘leggete le etichette!’

La controversa materia prima pone diversi problemi anche sotto il profilo della salute pubblica. La presidente dell’Acsi ci spiega quali.

(Keystone)
22 marzo 2019
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Il Consiglio nazionale ieri ha deciso che l’olio di palma non va escluso di principio dai negoziati per l’accordo di libero scambio con Malaysia e Indonesia; al contempo chiede però al Governo di non accordare concessioni sull’olio di palma che riducano la produzione svizzera di oleaginose e di inserire negli accordi disposizioni che favoriscano la produzione e il commercio sostenibili di questa materia prima. Evelyne Battaglia-Richi non è soddisfatta. Di «un’opportunità persa» parla alla ‘Regione’ la dietista nutrizionista, dal 2017 alla testa dell’Associazione consumatrici e consumatori della Svizzera italiana (Acsi).

Per molti l’olio di palma è il babau. Una fama meritata?

Sì. L’Acsi da parecchi anni lo va dicendo.

Dal punto di vista della salute, cos’ha di tanto problematico?

L’olio di palma contiene circa il 50% di grassi saturi: una quota importante, nettamente maggiore di quella degli altri oli vegetali [colza, girasole, ecc., ndr]. Sotto questo profilo, si situa grossomodo a metà strada tra la carne (40%) e i prodotti del latte (fino al 70%). Il problema principale è la sua grande diffusione: l’offerta cresce continuamente; di conseguenza, cresce anche la richiesta.

Nel confronto col burro, invece, com’è messo l’olio di palma?

Anche il burro contiene una certa quantità di acidi grassi saturi, ma non ne ha così tanti come l’olio di palma. La grande differenza tra i due è che il burro è un alimento che utilizziamo con cognizione di causa, consapevolmente: ce l’abbiamo nel frigorifero, lo spalmiamo sul pane, lo mettiamo in padella. Insomma: lo vediamo. L’olio di palma, invece, è un grasso nascosto. Il problema sta qui: essendo nascosto in una moltitudine di prodotti, noi lo consumiamo spesso senza rendercene conto e in quantità eccessive.

Con quali rischi per la salute?

Con il rischio accresciuto di ammalarci precocemente di malattie cardiovascolari o di altro tipo. Gli studi realizzati sin qui giungono a conclusioni contrastanti, bisogna dirlo. Alcuni studi però hanno mostrato che una quantità elevata di acidi grassi saturi alza il livello di colesterolo ‘cattivo’. Mangiando – magari ignari – prodotti a base di olio di palma, assorbiamo questa materia prima: in piccole dosi, certo, ma piano piano potremmo anche arrivare a superare la soglia critica dei 10 grammi al giorno. Per le persone vulnerabili – come chi ha tendenzialmente il colesterolo cattivo, o già soffre di malattie cardiovascolari o di ipertensione – ciò può rappresentare un problema in più.

‘Una moltitudine di prodotti’ contiene olio di palma. Ci faccia qualche esempio.

I dadi da brodo, la Nutella, il burro di arachidi, i ravioli ricotta e spinaci, la margarina, biscotti, crackers, zwieback, eccetera. Troviamo olio di palma anche in prodotti per bambini, come sfoglie, biscotti o latte. Il prodotto magari è bio, per cui in questo caso si parla di olio di palma sostenibile. Però sempre olio di palma è.

Se i dazi doganali verranno abbassati, un domani sarà ancor più difficile trovare determinati prodotti privi di olio di palma. È preoccupata?

Assolutamente! Anche in Svizzera – lo hanno evidenziato studi recenti – consumiamo cibo con troppi grassi nascosti, troppi grassi saturi. Invece bisogna ridurre i prodotti che li contengono, o perlomeno il loro consumo. Tanto più che questi grassi non sono necessari: l’olio di palma aggiunto in un raviolo ricotta e spinaci, ad esempio, ne modificherà forse un po’ il sapore, ma non è necessario. Bisogna prediligere i grassi di oli vegetali più salutari, prodotti in Svizzera (colza, girasole) o altrove (oliva), ed evitare di acquistare prodotti a base di olio di palma.

Più facile a dirsi che a farsi, davanti a una ‘moltitudine di prodotti’...

Certo. Ma bisogna leggere le etichette! Dal 2016 vi sta scritto se dentro un prodotto c’è olio o grasso di palma [fino ad allora la dicitura si limitava a un generico ‘oli vegetali’, ndr]. E anche se si tratta di olio di palma sostenibile, prodotto secondo i dettami del ‘marchio’ Rspo [l’acronimo inglese della Tavola rotonda sull’olio di palma sostenibile, della quale fanno parte anche i maggiori dettaglianti svizzeri, ndr], non importa. Il consumo di tali prodotti, non sostenibili sotto il profilo della salute, né dal punto di vista sociale e ambientale, va evitato. Per questo l’Acsi [assieme alle ‘sorelle’ Frc in Romandia e Sks nella Svizzera tedesca, ndr] ha aderito alla Coalizione svizzera sull’olio di palma [fondata nel 2016, mira a impedire che le importazioni di olio di palma siano esentate dai dazi doganali negli accordi di libero scambio con l’Indonesia e la Malaysia, ndr].

Nel 2018 Coop ha deciso di limitare l’uso dell’olio di palma nei propri prodotti; laddove non fosse possibile sostituirlo con altri tipi di olio, utilizza ormai olio di palma con la ‘gemma’ di Bio Suisse. Anche Migros, Lidl e Aldi si impegnano a favore di una produzione sostenibile dell’olio di palma. Come valuta i loro sforzi?

Questi sforzi sono lodevoli. Bisogna anche dire che parecchi produttori – in Svizzera e all’estero – hanno sostituito l’olio di palma con un altro grasso più salutare. In generale mi pare che la sensibilità sia cresciuta, anche nella popolazione e tra i politici. Il problema è che se non si frena la sua importazione, l’olio di palma – apprezzato per il basso costo e la notevole resa – verrà usato ancor di più e i prodotti che lo conterranno aumenteranno di conseguenza. Per questo servono dei paletti: bisogna sapere in quali prodotti si può aggiungere olio di palma e in quali no.

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