Svizzera

Anche gli esperti sono divisi sull'accordo quadro con l'Ue

Se per alcuni specialisti l'accordo istituzionale è tutto sommato vantaggioso, per altri l'intesa e la sua evoluzione presentano troppe incognite

Botta e risposta al Centro media di Palazzo federale (Keystone)
15 gennaio 2019
|

Dopo tre ore di botta e risposta, l'audizione pubblica odierna di esperti di fronte alla Commissione della politica estera del Consiglio nazionale ha permesso almeno di capire una cosa: nemmeno tra gli specialisti vi è unanimità di vedute in merito alla bontà o meno dell'accordo istituzionale tra la Svizzera e l'Unione europea (Ue). Se per alcuni l'intesa è tutto sommato vantaggiosa, per altri l'accordo e la sua evoluzione presentano troppe incognite.

Insomma, nonostante tutto il sapere sbandierato, a decidere in ultima istanza saranno i politici sulla base di considerazioni che vanno oltre i concetti morali di "buono" o " cattivo". L'intesa negoziata con Bruxelles, come ricordato nel centro media di Palazzo federale, è un compromesso e, come ogni compromesso, presenta luci e ombre.

Le domande poste dai membri della commissione hanno toccato argomenti eterogenei, ma che agitano il mondo politico e no come la soluzioni delle vertenze, la protezione dei lavoratori, le direttive Ue sulla cittadinanza, gli aiuti di Stato.

Invitati a dare il loro giudizio globale sul documento ora in procedura di consultazione, e sulla scorta delle risposte fornite in seguito, gli esperti si sono divisi in due gruppi: da un lato gli scettici, come l'ex ambasciatore Paul Widmer, professore a San Gallo, e l'ex giudice del Tribunale dell'Associazione europea di libero scambio (Aels) Carl Baudenbacher.

Sul fronte dei favorevoli gli accademici Christa Tobler (Basilea), Astrid Epiney (Friburgo) e Matthias Oesch (Zurigo). Un po' in disparte Marc Bros de Puechredon dell'istituto di ricerca congiunturale Bak Basel, sentito in particolare sui vantaggi economici dell'accordo istituzionale (a suo dire importanti, ndr.) e delle conseguenze di un "no" elvetico e, seduto nelle retrovie, il Segretario di Stato Roberto Balzaretti, capo negoziatore.

Una foglia di fico

Pur mantenendo sempre un tono deferente nei confronti dei politici come dei colleghi, non sono mancate da parte degli esperti prese di posizione chiare, al limite della provocazione. Paul Widmer, professore di relazioni internazionali a San Gallo, ha giudicato "non buono" l'accordo negoziato in questa forma, mentre Carl Baudenbacher ha sostenuto che il Tribunale arbitrale, volto a dirimere le future vertenze con l'Ue, è "una foglia di fico": a prevalere sarà sempre secondo lui la giurisprudenza della Corte europea di giustizia.

A dare fastidio a Widmer è inoltre la ripresa dinamica del diritto europeo, in particolare per quanto riguarda le direttive sulla cittadinanza europea. Oltre a ciò, l'ex diplomatico ha criticato le misure compensatorie che l'Ue potrebbe adottare qualora la Svizzera decidesse di non adeguarsi a certi sviluppi normativi. Widmer teme che Bruxelles possa sospendere determinate intese, se non disdirle. Insomma, il popolo potrà anche votare in ultima istanza, ma su di esso penderà sempre "una spada di Damocle".

Per quanto riguarda il problema dell'indipendenza del Paese dai giudici stranieri, aspetto evocato da diversi commissari UDC, per Baudenbacher l'accordo istituzionale ci lega ancora di più all'Ue. Egli teme che vengano adottate nuove clausole ghigliottina in futuro.

Indubbi vantaggi

Per Astrid Epiney, Christa Tobler e Matthias Oesch, l'accordo istituzionale contiene invece degli indubbi vantaggi. La Svizzera rimarrebbe indipendente, ossia un soggetto di diritto internazionale come ora, ha sostenuto Epiney. Christa Tobler ha ricordato che la direttiva sulla cittadinanza europea, per esempio, non è evocata nel documento sottoposto alla consultazione e che la Svizzera non sarà obbligata a riprenderla, come temono alcuni.

Ma, soprattutto, hanno insistito Tobler e Oesch, l'Unione europea non potrebbe più adottare misure di ritorsione come è stato il caso dopo il "sì" popolare all'iniziativa Udc del 2014 contro l'immigrazione di massa (sospensione di Erasmus e del programma Horizon 2020 sulla ricerca, n.d.r), o la recente decisione della commissione di concedere l'equivalenza della Borsa svizzera solo provvisoriamente.

In caso di disaccordo, infatti, l'intesa prevede tutta una serie di passaggi - comitato misto, tribunale arbitrale, corte di giustizia europea - prima che l'Ue possa prendere provvedimenti compensatori. Quest'ultimi, inoltre, dovrebbero essere proporzionali. Su questo aspetto a decidere sarebbe inoltre sempre un tribunale in caso di disaccordo.

Per Oesch, come anche per Tobler e Epiney, i casi che potrebbero essere trattati dai tribunali dovrebbero essere piuttosto l'eccezione che la regola. Per Oesch non bisogna avere paura della Corte di giustizia europea.

A parere di Oesch, il meccanismo elaborato dai negoziatori per dirimere le vertenze rappresenta insomma un passo avanti rispetto alla situazione odierna. Oltre alla certezza del diritto, alla Svizzera viene garantito anche il diritto di esprimere la propria opinione. Il professore di Zurigo ha evocato l'accordo di Schengen sulle armi, dove la Svizzera ha ottenuto un trattamento ad hoc per le armi militari. Insomma, la Svizzera non è un soggetto passivo a Bruxelles, ma si dà da fare per far sentire la propria voce.

A tale riguardo, Widmer è intervenuto affermando di non condividere l'ottimismo di chi crede che l'opinione della Confederazione verrà tenuta in considerazione. "Quando ci sarà da decidere, dovremo uscire dalla porta", ha sottolineato.

Oltre al problema attinente la soluzioni delle vertenze, gli esperti sono stati sollecitati anche su argomenti come il coordinamento delle assicurazioni sociali, gli aiuti di Stato o i trasporti terrestri.

Per quanto riguarda la politica di sostegno all'alloggio, Christa Tobler non ha escluso che in futuro gli aiuti concessi da Cantoni e Confederazione potrebbero essere contestati, al pari delle garanzie statali concesse alle banche cantonali.

Ciò potrebbe valere anche per quanto riguarda il coordinamento delle assicurazioni sociali, e in particolare della disoccupazione, ha dichiarato Paul Widmer rispondendo a una domanda del consigliere nazionale ticinese Marco Chiesa (Udc). In futuro la Svizzera potrebbe essere chiamata a versare l'indennità di disoccupazione al posto dello stato di provenienza del frontaliere trascorso un certo periodo. "Prima o poi questo problema si presenterà", ha sottolineato.

In merito all'accordo sui trasporti terrestri, secondo Epiney l'attuale divieto di circolazione di notte e la domenica nonché il divieto di cabotaggio non vengono toccati dall'accordo istituzionale.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE