Svizzera

Vietare il velo a scuola? Regge il no parlamentare

Vallese: il Tribunale federale ha respinto il ricorso Udc contrario alla decisione negativa del Gran Consiglio

7 settembre 2018
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In una sentenza pubblicata oggi il Tribunale federale (Tf) conferma la decisione del Gran Consiglio vallesano che il 15 dicembre 2017 aveva dichiarato irricevibile un'iniziativa popolare dell’Udc mirante a vietare il velo islamico a scuola. La suprema corte di Losanna ha respinto un ricorso inoltrato da diversi esponenti democentristi vallesani. Il parlamento cantonale aveva respinto l’iniziativa denominata "Per allievi con la testa scoperta nelle scuole pubbliche vallesane" con 90 voti contro 8 e due astensioni. La maggioranza dei granconsiglieri ha ritenuto incostituzionale l’iniziativa popolare legislativa, che era stata dichiarata riuscita il 3 marzo 2016 con 4'329 firme valide.

Rispettato il diritto a essere sentito

Contrariamente alle affermazioni dei ricorrenti, secondo i quali né la Commissione della giustizia del parlamento cantonale né il Consiglio di Stato hanno messo in dubbio la validità dell’iniziativa, il Tf rileva che entrambe le istanze avevano espresso riserve riguardo al rispetto del diritto superiore. Inoltre, il Gran Consiglio ha fornito una risposta circostanziata alla quale i ricorrenti hanno potuto rispondere. In queste condizioni, il loro diritto a essere ascoltati è stato rispettato. I giudici federali non hanno accolto neppure l’obiezione secondo cui un'iniziativa può essere invalidata soltanto in caso di violazione manifesta del diritto. A questo proposito rammentano che un'iniziativa popolare cantonale non deve contenere nulla di contrario al diritto superiore, sia esso cantonale, intercantonale, federale o internazionale.

Copricapo o velo?

Inoltre, se per interpretare una iniziativa conviene dapprima fondarsi sulla lettera della stessa, non è escluso che si possa tenere conto anche delle motivazioni degli autori, afferma ancora il Tf. Nella fattispecie, anche se l’oggetto del testo era in apparenza più ampio (riguardante qualsiasi copricapo), è chiaro che mirava in realtà al divieto del velo islamico. A questo proposito, la campagna di affissione condotta in occasione della raccolta delle firme è eloquente, rilevano i giudici di Mon Repos: i manifesti mostravano infatti una donna velata con lo slogan "Velo a scuola NO". Inoltre, il comunicato dell’Udc in cui si annunciava la consegna del testo alla Cancelleria parlava unicamente di questa problematica. In tali condizioni – conclude il TF – si può considerare che la maggior parte dei firmatari l’hanno sostenuta pensando a un divieto del velo a scuola.

La giurisprudenza

La Corte federale rammenta la sua giurisprudenza riguardo all’estensione della libertà di credo e di coscienza e alle restrizioni imposte nell’ambito della scuola pubblica: portare il velo è l’espressione di una convinzione religiosa protetta dalla Costituzione federale. Una restrizione imposta a un'allieva costituirebbe dunque una violazione grave di questo principio. Certo, prosegue il Tf, l’iniziativa dell’Udc era redatta in termini vaghi e toccava al Gran Consiglio adottare una disposizione di attuazione. Per farlo avrebbe però dovuto rispettare la volontà degli autori dell’iniziativa, il cui elemento centrale era il divieto del velo. In queste condizioni, il parlamento cantonale non disponeva di un agio sufficiente per elaborare una disposizione che rispettasse il diritto superiore. In occasione del dibattito in parlamento sull’iniziativa, durante il quale i deputati UDC avevano lasciato l’aula in segno di protesta, il consigliere di Stato Christophe Darbellay si era impegnato a sottoporre nel 2018 un testo "pragmatico, conforme all’interesse pubblico e rispettoso del principio della proporzionalità".

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