Svizzera

Cure a domicilio nel caos: le casse non pagano più il materiale

Il Tribunale amministrativo federale ha dato ragione agli assicuratori, che ora potrebbero addirittura chiedere quanto versato di troppo a Spitex e case anziani

(Ti-Press)
7 agosto 2018
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Dire che il settore delle cure a domicilio è preoccupato sarebbe un eufemismo. «È una catastrofe», si lascia andare Pierre André Wagner, responsabile del servizio giuridico dell’Associazione svizzera infermieri (Asi). Case anziani, ambulatori, Spitex e indipendenti di tutta la Svizzera rischiano di venir travolti da una valanga di fatture dopo che le casse malati hanno cominciato a rifiutarsi di rimborsare tramite l’assicurazione base il materiale di cura, forti di una sentenza del Tribunale amministrativo federale (Taf). La giurisprudenza suggerirebbe di girare i conteggi ai Cantoni, ma in assenza di una base legale alcune amministrazioni nicchiano e altre non sanno che pesci pigliare. Nel mentre, le spese potrebbero rimanere sul groppone dei professionisti. Non solo, le casse malati ora potrebbero chiedere il rimborso dei costi del materiale già pagato negli scorsi anni, vale a dire circa 500 milioni di franchi. Cosa che sta creando non poca inquietudine nel settore, anche se, per ora, le richieste di rimborso sarebbero poche e a carico unicamente di case per anziani.

In Ticino, dove operano numerosi Spitex e circa 200 infermieri indipendenti, il Cantone si è già fatto carico del materiale per le case anziani, mentre si attende l’esito della discussione all’interno di un gruppo di lavoro a livello federale – il cui avvio è previsto a metà agosto – per definire le modalità su come coprire i nuovi costi in un settore, quello dell’assistenza a domicilio, che è fortemente cresciuto. «In particolare a causa dell’invecchiamento della popolazione e anche per le degenze ospedaliere mediamente più brevi», annota Francesco Branca, capo dell’Ufficio degli anziani e delle cure a domicilio. Un approccio, quello delle degenze brevi, voluto per sgravare gli ospedali.

Il cambiamento di prassi è iniziato nell’autunno 2017, quando con due sentenze il Taf ha dato ragione a Css e altri 41 assicuratori – rappresentati da Tarifsuisse – in una vertenza contro un’associazione di cure. La decisione rilevava come, stando all’Ordinanza federale sulle prestazioni dell’assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie, i costi di garze, bende e disinfettanti (solo per citare alcuni materiali, e non necessariamente i più cari) non devono essere pagati separatamente dalle casse se applicati da infermieri e associazioni di cure, perché dovrebbero già far parte dei costi da suddividere tra pazienti, assicuratori e Cantoni.

'Sempre più fatture rifiutate'

 

Dopo la sentenza, per qualche tempo, poco è cambiato, «ma ora sempre più casse stanno rifiutando le fatture –, rileva Wagner –. Ora il quadro giuridico è più chiaro, ma le conseguenze della legge sono ridicole». La richiesta dell’Asi è semplice: tornare alla vecchia prassi. «Aveva una logica e soprattutto funzionava». Per ristabilirla «basterebbe che il Consiglio federale cambiasse una frase nell’ordinanza (ovvero quella che distingue chi applica la medicazione: se è un non professionista viene rimborsato, altrimenti no, ndr). Inoltre non vi sarebbero costi aggiuntivi per le casse». Berna sembra però non sentirci: «Alain Berset fino ad ora non è stato molto comprensivo. L’Ufficio federale della sanità pubblica, dal canto suo, rifiuta l’idea di cambiare le basi legali». Servirebbe almeno un aumento delle tariffe del settore, chiosa Wagner, in modo da coprire davvero i costi del materiale. E invece «il Consiglio federale ne ha addirittura proposto la diminuzione».

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