Svizzera

Il cerchio si stringe attorno a Uber

L'azienda californiana in Svizzera aveva puntato sul personale preso a prestito. La Seco: società partner datori di lavoro, obblighi da rispettare.

((foto Keystone))
20 marzo 2018
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Impiegati o indipendenti? La diatriba attorno allo statuto degli autisti di Uber si riaccende. Ora scende in campo la Confederazione. La Segreteria di Stato dell’economia (Seco) ha stabilito che le società partner dell’impresa di trasporto statunitense vanno considerate come un datore di lavoro svizzero, con tutti gli obblighi che ciò implica.

A fare da sfondo alla presa di posizione è uno sciopero. In dicembre decine di autisti che lavorano per imprese di trasporto partner di Uber a Ginevra avevano incrociato le braccia. Protestavano contro le condizioni di lavoro (contributi sociali non versati) e salari ritenuti inaccettabili (meno di 10 franchi l’ora).

Il sindacato Unia si era rivolto alla Seco. Ieri sul sito internet della televisione svizzerotedesca Srf è stata pubblicata la risposta, di cui anche l’Ats si è procurata una copia. La Segreteria è giunta alla conclusione che anche le società partner che prestano i loro autisti a Uber sottostanno alla Legge federale sul collocamento e il personale a prestito (Lc). Questa stipula che “chiunque assume dipendenti e li mette a disposizione dei propri clienti per occupazioni di tipo professionale (...), necessita di un’autorizzazione di fornitura di personale a prestito”. La Seco ha incaricato le autorità del canton Vaud, in cui le società partner avevano la loro sede, di vigilare affinché esse si attengano agli obblighi della Lc.

Unia è soddisfatta. Secondo il sindacato, Uber – in qualità di datore di lavoro – deve ora rispettare il contratto collettivo di lavoro del settore. Qualora Uber non riconoscesse i suoi impiegati come tali, non dovrebbe più essere autorizzata ad offrire servizi in Svizzera. Tuttavia, la Seco evoca esplicitamente solo “le società partner” di Uber, non fa riferimento ai tassisti impiegati direttamente dal gigante americano dei trasporti.

La discussione si trascina da anni. Il gruppo californiano sostiene che gli autisti che lavorano per lui non sono suoi impiegati, ma lavoratori indipendenti. Secondo questa logica, in Svizzera Uber non sarebbe un datore di lavoro. Non dovrebbe dunque versare oneri sociali.

Lo scorso anno la Suva ha però stabilito che la piattaforma di servizi di trasporto va considerata come un datore di lavoro. Davanti ai tribunali, inoltre, sono pendenti diverse cause. Uber aveva perciò cambiato strategia, puntando sempre più su aziende partner elvetiche.

Si è data la zappa sui piedi? Pare di sì. Kurt Parli, professore di diritto del lavoro all’Università di Basilea, ha dichiarato al portale srf.ch che “alla fine il modello diventa più caro di quanto sarebbe se Uber impiegasse direttamente le persone”. Come fatto notare ieri sera dall’emissione ‘10 vor 10’ della Srf, le società partner dell’impresa californiana dovrebbero in futuro disporre di un’autorizzazione per il prestito di personale, versare una cauzione di 50mila franchi quale garanzia per gli oneri sociali e rispettare il contratto collettivo settoriale. Questo prevede, tra le altre cose, un salario minimo di 18,66 franchi l’ora. A tali condizioni, chi presterà ancora autisti a Uber?

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