Svizzera

La scelta è già libera

Secondo Bertil Cottier un Sì all’iniziativa ‘No Billag’ abbasserà la qualità giornalistica

10 febbraio 2018
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Bertil Cottier, professore di diritto della comunicazione alle università di Lugano, Losanna e Neuchâtel, quale scenario prevede se il 4 marzo i cittadini voteranno Sì all’iniziativa popolare ‘No Billag’?

Il paesaggio mediatico sarà costituito da emittenti private che si finanzieranno con la pubblicità e/o con contributi (abbonamenti, pay per view o donazioni) pagati dagli ascoltatori o dai telespettatori. Di conseguenza non solo la Ssr dovrà ridimensionarsi seriamente, ma anche la ventina di emittenti private che oggi beneficiano di una parte del canone. Inoltre la qualità giornalistica si abbasserà, cadendo l’articolo 93 della Costituzione che, tra l’altro, obbliga i giornalisti radiotelevisivi a presentare i fatti correttamente.

L’argomentazione principale degli iniziativisti si basa sul fatto che la popolazione svizzera debba avere libera scelta. Insomma, che un individuo possa scegliere liberamente quale prodotto radiotelevisivo consumare. Cosa ne pensa?

A prima vista questa tesi sembrerebbe pertinente: la libertà d’espressione, garantita dalla Costituzione federale, contempla anche il diritto di scegliere in modo completamente indipendente le proprie fonti d’informazione e di intrattenimento. Tuttavia questa libertà non è ostacolata dall’obbligo di partecipare al finanziamento di un servizio pubblico. Anzi, un servizio pubblico contribuisce alla varietà dell’offerta e quindi migliora qualitativamente e quantitativamente le possibilità di scelta.

Sempre secondo gli iniziativisti in un sistema mediatico orientato al mercato i cittadini pagherebbero per un’offerta di qualità e pluralista, mentre scarterebbero emittenti che reputano di bassa qualità, di parte o, ad esempio, con troppa pubblicità. Lei crede che sia uno scenario plausibile?

Questa tesi è discutibile, visto che presuppone che ci sarà un’offerta duratura nel tempo di alta qualità. Ciò mi sembra irrealistico. Per far sì che un’offerta simile sia economicamente redditizia, sarebbe necessario un pubblico molto vasto. La Svizzera però ha un bacino d’utenza troppo ristretto. Per contro le emittenti con troppa pubblicità avranno poco successo: esiste un limite per quanto riguarda il numero di messaggi commerciali sopportabili.

Ci saranno persone che stipulerebbero un abbonamento, ad esempio, al telegiornale?

Molto poche... Oggi l’informazione di base è raggiungibile praticamente in modo istantaneo. Si fa quindi sempre meno affidamento al telegiornale per essere messi semplicemente al corrente dell’attualità. Quello che offre un notiziario è infatti un valore aggiunto, cioè un’informazione giornalistica di qualità: vale a dire selezionata, analizzata e commentata. Ciò detto, dubito che molta gente sarebbe pronta a pagare per un’offerta simile, visto che le abitudini dei consumatori cambiano in continuazione e molte persone oggi si accontentano di un’informazione di base.

Gli iniziativisti sostengono inoltre che la Svizzera italiana e quella romanda avrebbero ancora un’offerta radiotelevisiva simile a quella odierna: se la domanda c’è, ci sarà anche l’offerta, dicono. In caso di Sì all’iniziativa sarà veramente così?

Penso che queste due regioni linguistiche minoritarie avrebbero molto da perdere nel caso in cui l’iniziativa venisse accettata: la Ssr fornisce loro programmi di qualità che nessuna emittente privata, per ragioni puramente economiche, potrebbe offrire. Inutile ricordare che i programmi diffusi dalla Ssr in lingua francese e italiana sono in realtà sovvenzionati parzialmente dalla Svizzera tedesca. Tale sovvenzionamento è spesso ancora ignorato dalla maggior parte degli ascoltatori e telespettatori germanofoni. Non sono sicuro che molti di loro sarebbero disponibili a pagare per le minoranze linguistiche con piena cognizione di causa.

Ma secondo i favorevoli all’iniziativa la solidarietà, su base volontaria, sarà garantita. In altre parole ci saranno svizzero tedeschi che pagheranno volontariamente per garantire l’esistenza e una buona qualità delle radiotelevisioni di lingua francese, italiana e romancia...

Bisogna essere realisti: uno scenario simile è puramente teorico. In primo luogo non credo che ci saranno abbastanza svizzero tedeschi disposti a fare prova spontanea di solidarietà confederale. In ogni caso, non a lungo termine. Si tratta di finanziare un progetto per le minoranze linguistiche costante nel tempo e non di fare prova di generosità solo occasionalmente.

Sarebbe possibile introdurre una radiotelevisione regionale, finanziata con soldi pubblici cantonali?

Sì, visto che l’iniziativa proibisce solamente alla Confederazione di finanziare emittenti radiotelevisive. Detto questo, la diffusione di programmi è comunque soggetta alle condizioni poste dal diritto federale ed è esclusivamente di competenza della Confederazione (Art. 93 cpv. 1 dell’attuale Costituzione federale). Questa norma sarà la sola che sussisterà ancora in caso l’iniziativa No Billag venisse accettata.

Secondo lei come si svilupperebbe il mercato pubblicitario senza il peso che ha oggi una grande azienda come la Ssr?

Non si evolverebbe di molto, visto che non è ampliabile a volontà. A prima vista direi però che una parte della pubblicità fluirà verso le emittenti private, mentre l’altra verso le piattaforme internet.

Ma se la Ssr dovesse sparire o essere molto ridimensionata, i media privati (televisioni, radio, ma anche in particolare la stampa cartacea) non potrebbero guadagnarci, avendo ‘più mercato’ a disposizione?

Sì e no: è necessario ricordare che al capoverso 4, l’articolo 93 della Costituzione che protegge la stampa scomparirà: nella modifica costituzionale prevista dall’iniziativa ‘No Billag’ non viene infatti ripreso. Pertanto i limiti di durata della pubblicità alla radio e alla televisione (attualmente non più di 12 minuti per ogni ora) cadranno. Inoltre la Ssr, se continuerà a esistere, potrà fare pubblicità alla radio e sul suo sito online, cosa che oggi le è vietato fare siccome beneficia già del canone. Non credo quindi che la stampa classica guadagnerà spazio pubblicitario. Penso che il grande vincitore sarà internet: gli annunci pubblicitari si posizionano dove c’è la visibilità più grande.

E che ruolo avrebbero i grandi gruppi editoriali e pubblicitari, in particolare quelli stranieri, in un simile panorama mediatico?

I grandi gruppi internazionali sono già presenti indirettamente sul mercato svizzero, in virtù delle emittenti dei Paesi vicini che fanno concorrenza in modo notevole a quelle svizzere. Basta pensare alle finestre pubblicitarie delle emittenti tedesche e francesi alle quali è permesso diffondere pubblicità mirata per il pubblico svizzero.

L’iniziativa prevede anche che le concessioni radiotelevisive saranno messe periodicamente all’asta. In concreto cosa significa e quali sarebbero le conseguenze?

Concretamente, le concessioni saranno offerte a coloro che offriranno più denaro per ottenerle. Dopo qualche anno saranno nuovamente messe all’asta. Questa modalità esiste già per certe concessioni per servizi di telecomunicazione, in particolare per il servizio universale [come ad esempio il servizio telefonico pubblico o il collegamento a Internet a banda larga, ndr]. Per finire, quello che farà la differenza non sarà più la qualità dei programmi proposti, ma i soldi.

Si è più volte fatto l’esempio del sistema mediatico statunitense, finanziato esclusivamente in modo commerciale. È effettivamente così?

Il sistema radiotelevisivo americano risponde in effetti a una logica puramente di mercato. Esiste una sola emittente, chiamata Pbs [Public broadcasting service, ndr], che diffonde programmi di qualità (analisi dell’informazione, documentari, fiction di qualità), ma non si tratta di una televisione di servizio pubblico. In realtà Pbs è un’emittente privata finanziata da sponsor commerciali o con contributi dei telespettatori [non trasmette pubblicità, ndr]. Detto ciò, Pbs è continuamente in difficoltà finanziarie e deve quindi regolarmente fare appello alla generosità dei donatori per poter sopravvivere.

La Ssr è da tempo oggetto di critiche: troppo grande, troppo costosa, troppo poco efficiente eccetera. In caso di No all’iniziativa quali ristrutturazioni dovrà fare per calmare le opinioni ostili nei suoi confronti?

Penso che la Ssr dovrà rivedere le sue prestazioni (certe trasmissioni di nicchia dovranno scomparire) e concentrarsi su un’offerta di qualità, in particolare per quanto concerne l’informazione. Dovrà poi rinunciare alle trasmissione di intrattenimento, in particolare alle serie tv popolari che troveranno spazio sui canali privati.

Come potrebbe raggiungere maggiormente i giovani?

Deve utilizzare gli stessi canali che usano loro: le piattaforme internet e i social media. In seguito dovrà adattare la sua programmazione al loro modo di consumare le trasmissioni audiovisive: dovrà offrire trasmissioni interattive, corte e attrattive.

Cosa significa avere un servizio pubblico radiotelevisivo per la coesione nazionale e la democrazia diretta?

Nel nostro Paese il servizio pubblico radiotelevisivo ha un ruolo che va oltre un’offerta generale di programmi per tutti i gusti come accade in altri Paesi. Quando i cittadini partecipano direttamente al processo decisionale politico, come da noi, è molto importante che essi siano informati nei minimi dettagli sulle decisioni che dovranno prendere. Ciò implica un lavoro giornalistico di qualità, realizzato in modo indipendente che può essere offerto solo con un servizio pubblico. Inoltre, il servizio pubblico deve anche contribuire agli scambi tra le diverse regioni del Paese, cosa di capitale importanza per la coesione nazionale.

Cosa cambierà con la nuova Legge sui media elettronici che tra qualche anno è destinata a sostituire quella attuale sulla radiotelevisione?

Oggi è paradossale vedere che trasmissioni dello stesso tipo siano regolamentate in modo diverso: se sono diffuse via etere o via cavo dalla legge sulla radiotelevisione. Quest’ultima non si applica però alle trasmissioni diffuse via internet. Lo scopo è quindi quello di adeguare il regime giuridico della comunicazione audiovisiva alle nuove realtà generate da internet. Si tratterà di regolamentare l’offerta dei servizi audiovisivi online e quella delle richieste via internet.

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