Svizzera

Equivalenza finanziaria contro miliardo di coesione: nuove tensioni nel rapporto Svizzera-Ue

Cassis e Le Drian
19 dicembre 2017
|

Il limite a un solo anno al riconoscimento nell’Ue dell’equivalenza delle regole borsistiche elvetiche, visto come una pressione di Bruxelles nell’ambito delle trattative con Berna per un accordo istituzionale, suscita dubbi tra alcuni parlamentari di partiti di governo sull’opportunità di versare all’Ue il cosiddetto miliardo di coesione.

In base a un documento interno reso noto ieri, l’Unione vuole limitare a un solo anno l’equivalenza del regolamento svizzero, la quale consente alla borsa di Zurigo di essere attiva sul mercato comunitario. Bruxelles mette in relazione una proroga con progressi in vista della ratifica di un accordo quadro istituzionale comune per le intese già esistenti e quelle future.

Finora Berna ha sempre supposto che alla Borsa svizzera fosse riconosciuta un’equivalenza senza limiti temporali, come per Stati Uniti e Hong Kong. E, durante la visita del presidente della Commissione Jean-Claude Juncker il 23 novembre, la presidente della Confederazione Doris Leuthard ha annunciato l’intenzione della Svizzera di liberare 1,302 miliardi di franchi destinati alla riduzioni delle ineguaglianze economiche tra gli Stati membri dell’Ue, il cosiddetto miliardo di coesione. Per l’occasione la consigliera federale aveva affermato che i negoziati per un accordo istituzionale proseguono, e di aver "constatato una certa flessibilità su questo tema" da parte della Commissione europea. I progressi annunciati dalla Leuthard rischiano però di avere vita breve.

Indignazione trasversale

Persino i socialisti, da sempre favorevoli al miliardo di coesione, ora cambiano un po’ atteggiamento. Il consigliere nazionale Beat Jans (PS/BS) ha detto oggi all’ats di ritenere che l’equivalenza delle regole borsistiche elvetiche fosse parte di un compromesso. Ora la questione è aperta. Jans non è comunque sorpreso della posizione di Bruxelles poiché a suo parere la legislazione elvetica sui servizi finanziari è ancora molto distante dalla regolamentazione europea.

La consigliera nazionale Elisabeth Schneider-Schneiter (Ppd/BL) pensa che l’attuale pressione di Bruxelles sia controproducente. L’accesso al mercato interno dell’Ue è importante – anche per la borsa – e in qualche modo deve essere acquisito. Ma visti gli ultimi sviluppi il miliardo di coesione non avrà vita facile in parlamento, nemmeno da parte del suo partito. Secondo il Ppd anche per l’accordo quadro istituzionale si tratta di considerare l’insieme del dossier. E qui è richiesta l’opera del neoministro degli esteri Ignazio Cassis.

Secondo il capo del gruppo parlamentare dell’Udc e consigliere nazionale Thomas Aeschi (ZG) la Svizzera non deve sacrificare la propria libertà e indipendenza per il riconoscimento delle regole borsistiche, anche se ciò causerà problemi alla piazza finanziaria elvetica. Il suo partito ha d’altronde sempre respinto sia l’idea del miliardo di coesione che quella di un accordo quadro istituzionale con l’UE.

Il collega e banchiere Thomas Matter (Udc/ZH) afferma che il riconoscimento nell’Ue dell’equivalenza borsistica è chiaramente importante, ma dovrebbe essere una cosa ovvia. Il fatto che le borse di New York e Hong Kong siano riconosciute senza pagamenti per la coesione dell’Ue e senza accordi quadro dà da pensare. A suo parere ciò mostra l’attuale carattere dell’Ue: è protezionista e ricattatoria. La Svizzera deve seguire la propria via e per sfuggire alle pressioni dovrebbe eliminare la tassa di bollo sui titoli. In tal modo per gli operatori europei non sarebbe un problema commerciare tramite una banca invece che tramite la borsa svizzera.

Voci moderate

Al contrario, il consigliere nazionale zurighese Beat Walti, capogruppo del Plr, non crede che un braccio di ferro con Bruxelles possa avere successo. L’equivalenza borsistica è troppo importante: riguarda di primo acchito solo la piazza finanziaria elvetica, ma in realtà anche l’industria se vengono a mancare certe funzioni di finanziamento. Per il benessere nella Confederazione lo scambio di merci e servizi è molto più importante che per l’Ue. In questa situazione è quindi necessario che la Svizzera trovi degli alleati e valorizzi i vantaggi per l’altra parte.

Julian Chan, portavoce del Six Group, società che fornisce servizi finanziari e che fra l’altro gestisce la borsa svizzera, ha spiegato all’ats che l’articolo 23 della nuova regolamentazione europea sui mercati di strumenti finanziari (MiFIR), che deve entrare in vigore il 3 di gennaio, obbliga le società d’investimento europee a negoziare azioni su una piazza dell’Ue o su una piazza equivalente di un paese terzo. Senza l’equivalenza, che riguarda la maggior parte dei valori quotati alla borsa di Zurigo, gli investitori istituzionali e privati in Europa si vedrebbero esclusi dal mercato elvetico. La MiFIR non riguarda invece gli operatori svizzeri, che potranno continuare a negoziare sulle piazze europee. Secondo Julian Chan le conseguenze di una decisione negativa sull’equivalenza restano difficili da valutare. (Ats)

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔