Svizzera

Minacciati ventimila posti di lavoro 

22 febbraio 2015
|

Sarebbero ventimila i posti di lavoro minacciati in Svizzera a causa della forza del franco. A lanciare l’allarme dalle colonne della stampa domenicale è Hans Hess, presidente di Swissmem, l’organizzazione padronale che rappresenta l’industria meccanica, elettrotecnica e metallurgica, vale a dire una delle punte di diamante dell’economia svizzera di esportazione. Dello stesso avviso anche Valentin Vogt, presidente dell’Unione svizzera degli imprenditori (Usi), mentre il ministro dell’Economia Johann Schneider-Ammann si mostra più ottimista: «La Svizzera non dovrebbe sprofondare nella recessione». In un’intervista al settimanale svizzerotedesco ‘SonntagsZeitung’, Hess mette in guardia: una società industriale su cinque è sull’orlo del precipizio. A breve termine – aggiunge – «solo nel settore dell’industria meccanica, elettrica e metallurgica sono a rischio almeno 20 mila dei 400 mila posti di lavoro». Particolarmente colpite dallo choc della forza del franco sono le piccole aziende, ma la situazione avrà ripercussioni anche per le società più grandi. Hess esprime inoltre il timore che «grosse holding internazionali decidano di chiudere i loro uffici in Svizzera o di trasferirli all’estero». Circa un terzo delle aziende dell’industria meccanica sono attualmente in perdita a causa dell’apprezzamento della moneta elvetica: «Questa volta in pericolo vi sono un numero maggiore di società rispetto all’ultimo choc provocato dalla forza del franco, nel 2011», rileva Hess.Poco ottimista si mostra anche Vogt, in interviste rilasciate alla ‘SonntagsZeitung’ e a ‘Finanz und Wirtschaft’: a suo parere il cambio attuale euro-franco potrebbe comportare danni strutturali per l’industria elvetica. «A un tasso di cambio di 1,10 franchi per un euro si rischia di perdere a breve termine 20 mila posti di lavoro». Per Vogt la situazione è particolarmente dura per i piccoli fornitori dell’industria automobilistica, ma non risparmia neppure i fabbricanti di componenti, l’industria della carta, quella metallurgica e il turismo. Una riduzione dei salari è un rimedio estremo, a cui ricorrere solo qualora tutto il resto non dovesse avere successo, afferma Vogt, secondo cui tuttavia «provvedimenti di questo tipo possono, in alcuni casi, consentire alle aziende di evitare la cancellazione di impieghi». Per parte sua nelle scorse settimane l’Unione sindacale svizzera aveva chiesto un deciso intervento della Banca nazionale a sostegno del franco con il ritorno ad un regime di cambio fisso criticando duramente l’istituto centrale.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔