Tennis

'Che bella trovata'

Nel weekend il via al secondo Junior Champion Trophy, ‘made in Ticino’. Le voci e le emozioni di alcuni dei ticinesi protagonisti.

7 luglio 2018
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«Penso che non diventerò un professionista». Nelle parole di Giulio Sassi non c’è delusione. Ci sentiamo invece consapevolezza e una determinazione che, in qualche modo, deve aver acquisito anche nelle molte ore passate ad affinare uno sport che ha nella solitudine in campo il suo bello e tutto il contrario. Il più grande del gruppo (è nato nel 2000) vive la vigilia di quelli che saranno i suoi ultimi campionati nazionali giovanili con un mix di sentimenti. «Un po’ di paura di deludere c’è, ma a prevalere è certamente l’emozione perché giocare in casa dà una grande forza». Nelle varie categorie d’età, sette volte s’è guadagnato l’accesso al tabellone principale dell’edizione invernale e altrettante di quella estiva. Sintomo di una buona costanza e del passaggio ‘indenne’ attraverso gli anni che possono essere critici – sorride – dell’adolescenza. «Questo sport mi piace molto. Vorrei avere l’opportunità di frequentare un college negli Stati Uniti, poi tornare e magari fare il maestro di tennis». Pallina e racchetta potrebbero portare anche Christian Kühne (2002) negli States, dove sovente già si reca durante l’estate. Come minimo – dice senz’ombra di presunzione – vorrebbe accedere «a una buonissima università, nella quale poter avere pagati i costi scolastici, che possono arrivare fino a centomila dollari l’anno». Con una predilezione per la matematica, si vede imboccare studi in ambito scientifico o economico. Il liceo sportivo che inizierà presto al Papio, alternando scuola e tornei «in giro per il mondo», è la conseguente scelta presa per «focalizzarmi il più possibile sullo sport, senza trascurare la formazione». Idee chiare e tanta motivazione escono pure dalle parole di Jasmin Bruni, frizzante ragazza del 2001 che sogna Wimbledon, «in assoluto il mio torneo preferito». Al termine delle scuole dell’obbligo s’era presa un anno sabbatico e s’è trasferita a Milano, per tentare l’esperienza di dedicarsi al tennis a tempo pieno. «E mi piace un sacco!». Agli obiettivi sportivi – come «cercare di entrare, l’anno prossimo, tra le prime mille giocatrici al mondo età 17-18 anni» –, se n’è aggiunto uno formativo con la ripresa, a dicembre, di una scuola che segue online: «Non mi piace chiamarlo ‘piano B’; comunque voglio avere anche un titolo di studio». Costretta a dare forfait l’anno scorso a causa di un problema alla schiena, si avvicina «tranquilla» ai suoi primi “Svizzeri” davanti al pubblico amico. Per la giovane Carolina Pölzgutter (2006) sarà la seconda esperienza. Dalla prima, s’era portata a casa l’argento e a una medaglia, perché no quella più preziosa, un pensierino lo fa anche stavolta «anche se proverò a prendere partita dopo partita». L’anno scorso le emozioni erano state molte e in alcuni momenti l’avevano un po’ scombussolata. «Prima della finale è stato difficilissimo. Tante persone chiamavano o inviavano messaggi ai miei genitori e io sentivo tantissima pressione. Poi comunque quella partita ero riuscita a gestirla bene. Perciò penso che, ora che so come funziona un appuntamento del genere, potrà essere più semplice gestire i sentimenti». Per la sua coetanea Martina Beltraminelli sarà per contro tutta una scoperta. Felice per la qualificazione e un po’ intimidita dai ‘riflettori’, spiega di avere «lavorato tanto per arrivare a questo livello. Sì, ci sarà l’emozione di giocare davanti alle persone che conosco; però poter parlare italiano e capire tutto, mi rassicura. Vorrei riuscire a giocare bene e sarei contenta di superare un paio di turni». Quattordici anni di simpatia, Emma Penné sta «facendo il possibile per arrivare al meglio, dopo un infortunio al tallone. Già l’anno scorso non ero nelle condizioni fisiche ideali e ciò mi aveva un po’ disorientata. Giocare qui è fantastico: non devi parlare tedesco, francese o inglese; inoltre genitori e allenatore hanno l’opportunità di venire a vedermi sempre. Organizzare i campionati svizzeri in Ticino è stata proprio una bella trovata!».

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