Tennis

Il numero uno? Oggi a te, domani a me

Il testa a testa tra Federer e Nadal per la prima poltrona mondiale terrà banco almeno fino a Wimbledon. Rafa è tornato in vetta all'Atp

Quante difficoltà a Miami (Keystone)
26 marzo 2018
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Un batti e ribatti, come nel più classico dei duelli in campo, quello tra Roger Federer e Rafael Nadal. L’oggetto del contendere non è tanto l’uno o l’altro torneo, bensì l’ambìto trono mondiale. Roger ha spodestato Rafa sei settimane fa, ora viene a sua volta cacciato – trattasi più che altro di... autorete – per effetto della brutta sconfitta in entrata di torneo a Miami, contro il 22enne ex prodigio australiano Kokkinakis. Una battuta a vuoto che fa il pari con la sconfitta in finale a Indian Wells contro Juan Martin Del Potro, che pose fine alla striscia di 17 vittorie filate in quello che resta il miglior inizio di stagione di sempre, per Federer.

Niente drammi, quindi, per due sconfitte maturate solo al tie-break del terzo set. Tuttavia, per quanto il punteggio parli di equilibrio massimo e di sfide decise da un dettaglio, trattasi pur sempre di controprestazioni, per il basilese, nervoso, falloso, a Miami a tratti irriconoscibile. Tanto da farlo retrocedere nel ranking Atp, quasi come la logica conseguenza di un “imbruttimento” sfociato nella prematura partenza dalla Florida e nella relativa rinuncia alla stagione sul rosso a lui storicamente poco gradito.

Ma mica si ferma qui, l’altalena un po’ bizzarra che mette in palio lo statuto di numero uno. Arriva la terra, favorevole allo spagnolo a prescindere da Federer. Il quale Rafa, però, tra Montecarlo (1’000 punti), Barcellona (500), Madrid (1’000), Roma (1’000, ma fu sconfitto nei quarti da Thiem) e, soprattutto, Roland Garros (2’000), deve difendere qualcosa come 4’680 punti, un’enormità. Un’ascesa erta anche per il formidabile spagnolo, che a Parigi si presenterà da detentore di un titolo che ha già portato a casa dieci volte.

Di tali difficoltà del maiorchino, imbattibile sulla terra ma solo se al cento per cento di una condizione tutta da verificare dopo l’assenza per infortunio, potrebbe beneficiare proprio Federer, che sul rosso ha deciso di non presentarsi, ansioso di chiamarsi fuori, riposare e sottoporsi a un lungo periodo di allenamento. Al fine di ritrovare quella brillantezza e quel tennis che né a Indian Wells né a Miami si sono visti. Solo intuiti, a sprazzi, ma visti e ribaditi, mai.

100 punti di differenza

Fresco di detronizzazione, anche il Sommo – come accaduto oggi a Nadal – potrebbe ritrovarsi in vetta alle gerarchie senza giocare: dal maiorchino lo separano solo 100 punti (bastava che arrivasse ai quarti, a Miami, per resistere al comando): pochi, molti meno rispetto a quelli che il suo rivale e amico deve difendere in una primavera di fuoco che potrebbe rilanciarne la stagione alla grande, dopo qualche passaggio a vuoto.

Se anticipiamo un po’ i contenuti dell’estate, scopriamo che toccherà a Federer, sull’erba, difendere parecchie migliaia di punti, i 500 vinti a Halle, dove nel 2017 ha trionfato per la decima volta, e soprattutto i 2’000 di Wimbledon, il giardino di casa che lo ha elevato a leggenda con l’ottavo titolo, vinto un anno fa.

Uscisse stremato dalla primavera a lui riservata, Nadal potrebbe a sua volta fare l’impasse sull’erba, o quantomeno ridurre il suo impegno al solo Slam londinese. Lasciando così a Roger l’incombenza di superarsi per confermare gli straordinari risultati del 2017.

L’analisi: pausa logica, attesa e necessaria

Perché dovrebbe agire in maniera diversa rispetto alla scorsa stagione, quella culminata con la conquista di due Slam? L’interrogativo è lecito, e la risposta piuttosto semplice: nulla induce Federer e modificare di una virgola una programmazione che si è già rivelata vincente. Non è certo la prima poltrona mondiale, sulla quale tra l’altro potrebbe riaccomodarsi presto senza giocare, a invogliarlo a logorare il fisico sulla terra battuta, superficie che non ne esalta il tennis speditivo, costringendolo a scambi prolungati che non gli sono mai piaciuti, figurarsi ora che è in regime di pre-pensionamento, con sforzi centellinati e agenda svuotata da tutti gli appuntamenti minori e da quelli non ritenuti adatti, come appunto i tornei sul rosso.

Se c’è qualcosa che il torneo di Miami ha rivelato, è la stanchezza di Federer, poco reattivo, poco efficace e palesemente non al meglio in senso lato. Chi si è illuso circa la sua partecipazione a Roland Garros e tornei affini, non ha tenuto conto della volontà del basilese di preservare intatto un fisico che intende ripresentare tirato a lucido per gli appuntamenti sull’erba, a partire da metà giugno a Stoccarda, per poi dare l’assalto al nono Wimbledon. Il tutto, a suon di partite brevi, più facili da gestire dal profilo atletico ma anche nervoso. Già, perché negli Stati Uniti, che Roger non fosse del tutto centrato, lo si è potuto evincere anche dalle troppe chiacchiere che si è concesso in campo (a Key Biscaine) e dalla passività mista a rabbia malcelata con cui si è consegnato a Kokkinakis, a Miami. per effetto di una prestazione che lui stesso ha definito bruttissima».

È scarico, un po’ nervoso e desideroso di rimettersi in sesto, per nuove e più probanti sfide: logico, quindi, concedersi una pausa. Una lunga pausa.

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