Sci

‘Giovani, andate a scoprire che modello era la Doris’

Mauro Pini ricorda De Agostini. Donna ‘sensibile e mai sopra le righe’, l'ex campionessa ‘è un esempio ancora attuale'

Doris De Agostini, Mauro Pini, Michela Figini
(Ti-Press)
22 novembre 2020
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«La personalità che De Agostini ha trasmesso a diverse generazioni, rimane un esempio attuale. Anzi, forse lo è ai giorni nostri ancor più che in passato». Mauro Pini - già allenatore in Coppa del Mondo e attuale direttore della Valbianca Sa - ne è convinto: anche per un giovane d’oggi, che ‘la Doris’ probabilmente non ha idea di chi fosse, «è un modello da seguire e copiare. A un ragazzo o una ragazza direi di andare a scoprire chi è stata e, soprattutto, quale tipo di rappresentazione abbia dato». Al Ticino, ma pure ben oltre i confini cantonali. «Credo che la sua genuinità avesse colpito l’intero universo dello sci. Era diventata un’icona, la Doris». Lo sanno quelli dai trenta-quarant’anni in su, che dell’airolese ricordano sì le gesta sportive, «ma forse soprattutto proprio l’immagine che ha dato di sé».

Nella sua capacità, partendo da una piccola e periferica realtà, di arrivare sul palcoscenico mondiale in anni in cui le opportunità e le strutture erano ben diverse rispetto a oggi, «sta l’esempio del suo successo. Un modello di forza di volontà, eredità che lascia a tutti. Capace com’è stata di dimostrare, più a se stessa che agli altri, che con l’impegno e il carattere anche lei ce la poteva fare». Perché per i ‘canoni’ di allora, in cui si privilegiava la forza pura e fisici più robusti, lei alta, snella e slanciata era il contrario di ciò che una sciatrice doveva essere. Eppure la Doris, con quel corpo più da pallavolista o anche modella, si è ritagliata il suo spazio. 

Icona suo malgrado

Prima donna ticinese a raggiungere questi livelli, come l’altra campionessa Michela Figini ha lasciato presto le competizioni e ha poi condotto una vita lontana dai riflettori; eppure non è caduta nel dimenticatoio. «Doris è sempre stata capace di dare allo sport lo spazio che meritava, ma di scinderlo dalla vita privata. Ha dato molto allo sci; però, una volta chiuso il capitolo, non ha cercato di ‘camparci sopra’. Con molta discrezione e dignità, ha trasmesso il messaggio che sì, ha ottenuto dei successi ma in fondo è stato ‘solo’ sport, un divertimento». Per certi versi è dunque diventata un’icona suo malgrado «e penso che la si ricordi proprio per questo. Per com’era lei, non per come avrebbe potuto farsi conoscere». Perché la Doris era esattamente come tutti l’avevano conosciuta. «Riservata, mai sopra le righe e donna molto sensibile. Genuina e posata, aveva al contempo una giusta cocciutaggine e la capacità di dire le cose al momento opportuno. In questo, trovo che esprimesse appieno la cultura alpina, vallerana».

Ed è in mezzo alle loro montagne, che sono incastonati due tra i più preziosi ricordi che Mauro Pini conserva della Doris. Il primo «è il suo ritorno ad Airolo, dopo la medaglia di bronzo in discesa ai Campionati del Mondo di Garmisch-Partenkirschen nel 1978. Venne accolta alla stazione da una marea di gente. Lei aveva sei anni più di me e ai miei occhi, ma direi a quelli di tutti i ragazzi della mia età, era un esempio incredibile». Il secondo risale all’ultimo inverno, in occasione dell’inaugurazione di due nuove piste ‘nere’ ad Airolo Pesciüm, dedicate una proprio a Doris De Agostini e l’altra a Michela Figini. «Una giornata splendida, una festa sulle nevi. È stato un bel momento di condivisione, con lei che mi rivedo felice e orgogliosa».

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