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Ambrì, amara beffa in un martedì a secco

A Davos i biancoblù non demeritano, ma sono costretti alla resa da un disco perso al 58’50’’, dopo un minuto a 5 contro 3 non sfruttato

Juvonen dice no a Paschoud, ma sul tiro di Corvi nulla può
(Keystone)
26 ottobre 2022
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Un amarissimo epilogo, per una sconfitta che brucia. E che l’Ambrì non meriterebbe minimamente. Soprattutto pensando a come i ragazzi di Cereda decidono di affrontare l’ultima parte di gara, contro un Davos che dà l’impressione di essere a corto d’idee e forse anche di fiato, e che negli istanti conclusivi del martedì hockestico si deve affidare ai riflessi di un Sandro Aeschlimann costretto a fare gli straordinari sul tentativo improvviso di Hofer soprattutto, ma pure sui tocchi di Pestoni e Chlapik.

Il problema, però, è che non sempre le buone intenzioni vanno a braccetto con la riuscita. Così basta un errore, uno solo, per dare una svolta alla serata: succede a minuto e dieci dal termine appena, quando Heim gestisce un disco nel terzo difensivo e alza la testa guardando a cosa potrebbe fare per rilanciare in fretta l’azione, non accorgendosi però che alle sue spalle sta sbucando lo svedese Nordström, il quale gli scippa il disco servendo a Corvi il più comodo degli assist per il gol che tutto decide.

È una beffa di quelle clamorose per un Ambrì costretto alla resa per la quinta volta nelle ultime sei partite. Ancora di misura, oltretutto, ciò che rende più amara la pillola. In una sera in cui alla formazione biancoblù non ne va bene una, visto che già il primo gol grigionese, dopo sei minuti di gioco, arriva in modo a dir poco casuale: lo slap fuori misura di Jung si stampa sul plexiglass alle spalle di Juvonen prima di tornare in pista, dove il funambolico Marc Wieser da posizione pressoché impossibile s’inventa il classico tiro della domenica, piazzando il puck nell’unico buco che c’è al di sopra della spalla di un portiere finlandese dell’Ambrì che non è certo un piccoletto, oltretutto.

L’Ambrì, però, non demorde. Nel giorno in cui Cereda decide di smantellare la coppia Pestoni-Spacek, rimettendo Hofer in prima con i due cechi e spostando il ticinese nella posizione d’un tempo, al fianco di Zwerger, per provare a rivitalizzare una terza linea che fatica a decollare. L’esperimento sembra dare i suoi frutti, siccome il ticinese e l’austriaco combinano bene assieme tanto che il loro terzetto è spesso il più pericoloso, e al 33’34’’ trova infine il modo di mettere il disco alle spalle di Aeschlimann, con il tiro angolato a mezza altezza dell’ala numero 88.

In una partita che resta apertissima, l’impressione è che l’Ambrì abbia tutte le carte per dare una piega decisa alla serata. L’occasione tanto sognata per riuscirci arriva in avvio di terzo tempo, quando i grigionesi già si trovano in quattro in pista (fuori c’è Wieser per un colpo di bastone) e improvvisamente debbono difendersi a tre contro cinque per 1’04’’, dopo un rinvio di Nordström finito fuori pista. In quei sessantaquattro secondi i biancoblù possono uccidere il match ma non ci riescono, confezionando due occasioni con Bürgler il quale però non riesce a pungere. È l’ennesima dimostrazione di quanto fatica faccia di questi tempi il powerplay leventinese, con una media da ultimo della classe (15,56%: peggio solo Zugo e Losanna) e che, soprattutto, non segna da ben sette partite. «Fa male perdere con un gol così a un minuto dalla fine sapendo di aver fallito un’opportunità a 5 contro 3 – commenta, a caldo, Dario Bürgler ai microfoni di Rsi –. Magari dovremmo cercare maggiormente il tiro, ma in verità per far sì che sia un buon powerplay dobbiamo mettere i dischi in gol: penso alle mie occasioni stavolta o a quella a porta vuota contro lo Zurigo, quelle devono entrare». C.S.

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