Hockey

Paolo Angeloni, un ticinese a tutto... ghiaccio

Dalla riforma della Prima Lega a quella dell’hockey femminile, i suoi primi dieci intensi mesi in qualità di direttore della Regio League

13 ottobre 2018
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Zurigo fa scuola. Il concetto di “filiera” dell’hockey varato nella città sulla Limmat qualche anno fa con la cordata degli Zsc Lions nel massimo campionato, i Gck Lions in quello cadetto e, in cascata, Dübendorf (MySports League) e Wallisellen (Seconda Lega), fa scuola. Di fresca presentazione è un progetto simile nell’Emmental, dove, alla squadra faro del Langnau, dovrebbe essere agganciata una catena costituita da un club di Lnb (per ora il partnerteam dei Tigers è il Langenthal), uno di MySports League (Huttwil) e via discorrendo. In Ticino, a supportare Ambrì Piotta e Lugano, nel campionato cadetto ci sono i Rockets (che da quest’anno collaborano pure con il Davos). Ma poi la filiera si interrompe, visto che in MySports League non ci sono squadre rossoblù... «Di per sé, questa struttura è sufficiente per garantire una buona crescita per i giovani che ambiscono alla ribalta della Lega nazionale – premette Paolo Angeloni, dallo scorso dicembre direttore della Regio League –. Lo provano i diversi giocatori maturati nelle file dei Rockets che sono andati a infoltire i ranghi di Ambrì e Lugano. L’ideale sarebbe ovviamente quello di creare un filo diretto tra il massimo campionato, il vertice, e l’hockey amatoriale, ossia la base. Ma per poterci riuscire occorre disporre di un bacino sufficiente. Sportivamente parlando, questa filiera potrebbe diventare realtà qualora i Gdt riuscissero a centrare la promozione in MySports League, ma poi occorrerebbe portarne un’altra in Prima Lega. E, soprattutto, occorrerebbe poi mantenere queste categorie: oggettivamente non sarebbe facile da realizzare. A livello generale, in Svizzera è vero che si sta assistendo a una sorta di regionalizzazione della formazione. La collaborazione con i part­nerteam è sicuramente utile per far crescere un potenziale talento senza “bruciarlo”. C’è tuttavia il rischio che si verifichino abusi, con situazioni al limite del consentito di giovani sottoposti a un numero eccessivo di partite tra gli impegni con la squadra faro e quelli con il farmteam».
Da una regionalizzazione all’altra: uno dei primi incarichi di cui Angeloni si è fatto carico è stato quello di riformare la Prima Lega. «La mia prima stagione in questa funzione ha coinciso con la nascita della MySports League e la completa ristrutturazione della Prima Lega, che da quest’anno ha abbandonato la connotazione regionale, per diventare interregionale. Complice il fatto che in Svizzera centrale c’era il rischio di ritrovarsi con sole 5 squadre iscritte al campionato, abbiamo elaborato una soluzione alternativa. Da tre gruppi regionali siamo passati a due interregionali, dividendo a metà la Svizzera. Ovviamente il cambiamento, come tutte le novità, non ha trovato solo consensi fra i club interessati, ma dopo lo scetticismo iniziale, il feedback che stiamo ricevendo è positivo, pure da parte di quelle società che inizialmente avevano storto il naso». Angeloni, in questi 10 mesi si è però pure occupato di altro... «Una riforma è stata fatta pure nell’hockey femminile, anche lui inglobato sotto il cappello della Regio League. Questo settore, in piena crescita, necessitava di una profonda riforma nella strutturazione delle leghe per evitare quei risultati a doppia cifra che rappresentavano più la consuetudine che un’eccezione. Al fine di eliminare certi divari tecnici abissali tra una squadra e l’altra della medesima categoria, è quindi stata introdotta una nuova lega. Adesso il movimento femminile ha così quattro livelli: A, B, C e D».
Che bilancio trae Paolo Angeloni da questi primi 10 mesi di presidenza? «Il lavoro non manca, ma è stimolante. Per me è una sorta di sfida. Questo è un lavoro che se non hai la passione per l’hockey, difficilmente riusciresti a svolgere, perché ti impegna sette giorni su sette. L’hockey è sempre stata la mia passione; da sempre sognavo di poterne fare la mia professione, un giorno. Ora ci sono riuscito: sono soddisfatto della mia scelta; sarei pronto a rifarla seduta stante».

Non chiamatele squadre da bar

Duecentottanta club, per un totale di 1’250 squadre e 27mila giocatori tesserati. Sono queste le cifre della Regio League. Che, tuttavia, potrebbe allargarsi ulteriormente: «Il progetto più ambizioso a cui stiamo lavorando è quello dell’integrazione delle leghe amatoriali. È una bella sfida. Oggi, le leghe amatoriali, i campionati “da bar” per intenderci, sono indipendenti dalla Federazione svizzera. È un peccato, perché è una realtà enorme e assai popolata. In Svizzera ci sono più squadre amatoriali che compagini iscritte ai campionati attivi. In Ticino ci sono una cinquantina di squadre “da bar”, che partecipano a qualcosa come 6 tornei (prettamente amatoriali che durano un’intera stagione), contro le 15 squadre iscritte nei campionati regionali. In termini assoluti, si parla di un rapporto di 1 a 4». Perché radunarle sotto il cappello della Federazione? «Secondo la nostra filosofia, la Federazione è l’organo mantello che deve supportare tutto l’hockey svizzero. E le realtà amatoriali sono parte integrante dell’hockey svizzero. I giovani dovrebbero così poter scegliere fra tre possibili strade: provare a diventare un giocatore professionista, un giocatore attivo o un giocatore amatoriale. Oggi, di questi giocatori che potrebbero anche diventare allenatori, arbitri e quant’altro, ne perdiamo troppi per strada. L’idea di base è che pure le leghe amatoriali, a cui verrebbe garantita piena autonomia su regolamento e disposizioni varie, facciano parte della grande famiglia della Federazione svizzera».
Con che tempistica? «Quest’anno stiamo definendo il concetto. Che entro fine stagione verrà presentato alle Federazioni cantonali e ai responsabili dei tornei amatoriali. Tre leghe amatoriali (due friborghesi e una turgoviese, con cui mi sono trovato) hanno già dato la loro disponibilità a prendere parte al progetto pilota che partirà la prossima stagione. Questi giocatori, pagando una piccola quota, diventerebbero membri a tutti gli effetti con diritto di voto. Con un maggior numero di giocatori registrati ne beneficerebbero le giovani leve grazie ai maggiori introiti». 

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