Hockey

Duro e crudele, un epilogo così

Tra emozioni, sofferenze e applausi la Resega mette la parola fine alla sua stagione con un’ultima, dolorosa sconfitta

28 aprile 2018
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Lugano – Venti minuti praticamente col fiato sospeso. In un’orgia di emozioni. Con il Lugano che, per forza, le prova davvero tutte. Buttando sul ghiaccio tutte le sue residue energie nel tentativo di riuscire a completare una rimonta che parte da lontano. Rimonta che, però, purtroppo, non si perfezionerà mai. Nonostante tutti i tentativi, un po’ da tutte le posizioni, un po’ in tutti i modi. Con tiri che, però, spesso non trovano il bersaglio. Tra gente per terra, conclusioni fuori misura o bastoni che si spezzano. In un epilogo che sembra un po’ una partita a flipper. E in cui, soprattutto, il Lugano un paio di volte al pareggio ci va vicino davvero. Soprattutto con Maxim Lapierre, che dapprima si vede negare il gol da un miracolo di Flüeler e poi, negli istanti conclusivi, manca di un soffio il pareggio. E, come se non bastasse, sulla ripartenza Ronald Kenins infila la porta vuota per il definitivo 2-0 che chiude i conti. Amaro davvero. Ma soprattutto crudele.

Anche perché, senza ombra di dubbio, gli uomini di Greg Ireland non meritano certo che la stagione si chiuda in quel modo. Non al termine di una partita senza dubbio difficile, in cui però un Lugano incerottato più che mai le prova tutte per rimettere in piedi una situazione oggettivamente delicata. Oltretutto, dopo che in partenza sono gli stessi bianconeri a farsi preferire. Con il solito Lapierre che – al pari dell’altro giocatore uscito malconcio da gara 6, ovvero il ticinese Sannitz – sin dai primissimi cambi dà subito l’impressione di non essere al cento per cento sul piano fisico, ma nonostante tutto lotta con coraggio su tutti i dischi. Addirittura mettendoci pure il bastone sulle occasioni migliori dei suoi. Pur se nel primo tempo la vera occasionissima è quella fallita sull’asse Bertaggia-Fazzini, che si aprono il campo con una bellissima finta, ma poi si perdono al momento di concludere. A quel punto, in maniera del tutto inattesa, la partita cambia faccia. Con la fortuna che stavolta decide di dare una mano allo Zurigo, visto che il primo tiro vero addosso a Merzlikins è una conclusione apparentemente innocua di Geering, sulla cui traiettoria finisce però il corpo di un Wellinger proteso in tuffo, e che finisce così con lo spiazzare il suo portiere.

Un gol tra i più casuali che, però, avrà una grandissima importanza sull’esito di gara 7, e di conseguenza sull’attribuzione del titolo. Infatti certamente non è un caso, se da quel momento in poi sono gli ospiti a fare la partita, contro un Lugano a cui oltre all’ossigeno iniziano a fare difetto anche gli uomini, siccome da metà del primo tempo i bianconeri devono pure far senza capitan Julien Vauclair. Il quale, apparentemente vittima di un problema al ginocchio, inizialmente rientra negli spogliatoi per poi far ritorno in panchina, da dove però non si muoverà più.

Di curioso, intanto, c’è il modo con cui lo Zurigo decide di gestire quel minimo vantaggio. È vero che i Lions spazzano sistematicamente lo slot, non concedendo praticamente alcuna seconda chance a un avversario quasi allo stremo delle forze (e che, di conseguenza, più che la quantità dei tiri finisce per pagarne la scarsa pericolosità), ma è davvero un po’ ottimistico immaginare che nell’hockey moderno si possa gestire un golletto di margine per due tempi interi. Quindi, quella è una sorta di ammissione che anche lo Zurigo è a corto di fiato. Infatti nel terzo tempo, quando il Lugano è costretto a gettarsi in avanti a capofitto, finisce col soffrire di brutto. Pur se in un modo o nell’altro riesce ad arrivare alla sirena finale. Quando sulla Resega cala definitivamente il sipario su una stagione che, a prescindere da come s’è conclusa, da Greg Ireland e dai suoi uomini (e non solo da loro) verrà ricordata a lungo soprattutto per le grandissime emozioni che ha saputo regalare. 

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