Hockey

‘Se non ora, quando?’

Oggi è il gran giorno per la Nazionale, ma pure per Eric Blum. ‘L’esclusione da Sochi mi ha portato a lavorare più su me stesso’.

15 febbraio 2018
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Gangneung – A Stoccolma 2013, quando la Nazionale di Sean Simpson si mise al collo un argento che la Svizzera attendeva da quasi ottant’anni (cioè dal secondo posto ai Mondiali di Davos del 1935), sul ghiaccio c’era anche Eric Blum. E cinque anni dopo, in un gruppo ora diretto da Patrick Fischer, il difensore del Berna – uno dei sette reduci della storica campagna di Svezia – è sempre al suo posto.

I Mondiali, però, sono una cosa, i Giochi invece un’altra. «Ed erano sulla mia lista delle cose da fare», dice il trentunenne nato nel canton Lucerna. Specie dopo che, quattro anni prima a Sochi, si era visto tagliare dalla selezione in extremis, addirittura dopo la cerimonia d’apertura. «Quell’esclusione all’ultimo momento mi ha spinto a lavorare ancor più su me stesso – dice Blum, ripensando a quei momenti –. So bene che la carriera di un atleta è breve, ma la mia ambizione è grande e voglio arrivare il più in là possibile. La convocazione? Nella vita impari che nulla è scontato. E poi in Svizzera ci sono davvero un sacco di ottimi giocatori».

Ora che quel traguardo l’ha centrato, però, Blum non si accontenta semplicemente di esserci. Anche se l’ambiente del Villaggio olimpico è senz’altro contagioso, e per molti sportivi si tratta di un’occasione imperdibile per fare conoscenza con le stelle di altri sport. «Ma io non sono mica un ‘groupie’: se sono venuto qui è esclusivamente per concentrarmi su ciò che devo fare» dice schietto, aggiungendo però di capire se altri non vedono la cosa allo stesso modo.

Blum ha le idee chiare pure su ciò che s’aspetta dalla spedizione olimpica coreana. Anche se Fischer deve fare a meno degli svizzeri che giocano in Nhl, l’assenza delle stelle del campionato nordamericano fa sì che per i rossocrociati le possibilità di finire sul podio olimpico non sono mai state tanto concrete. «Se non ora, quando? – aggiunge –. Sebbene già in passato scendessimo in pista con l’attitudine di voler vincere ogni partita, sapevamo che per riuscirvi contro le grandi squadre avremmo avuto bisogno di una prestazione assolutamente perfetta. E stavolta affronteremo la situazione con una convinzione ancor maggiore, perché vogliamo raggiungere qualcosa di grande».

A differenza di altre nazioni, la Svizzera arriva in Corea con un gruppo consolidato, visto che di quei 25 giocatori ben 17 erano in pista l’anno scorso ai Mondiali in Francia. «Se è un vantaggio? Non lo so. È vero, si può vederla in quel modo, anche perché ci conosciamo bene e andiamo tutti d’accordo, ma l’unica cosa che conta sono le prestazioni che saremo in grado di proporre».

In un appuntamento che per uno come Blum, che tradisce origini asiatiche (infatti è nato da padre svizzero e da madre giapponese), avrà un significato ancor più particolare. «Parte della mia famiglia con radici giapponesi avrà per la prima volta la possibilità di vedermi giocare dal vivo. E io ne sono estremamente soddisfatto».

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