Calcio

Renzetti, undici anni vissuti con il cuore in mano. E in gola

Dall'ingresso in società ‘per gradi’ alla presidenza di un dirigente appassionato ma solo, nella sua opera di consolidamento di una società modello, per mille motivi

18 agosto 2021
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A lungo abbiamo “tifato” perché la storia potesse proseguire lungo i binari sui quali il treno Lugano sferragliava ormai da molte stagioni, pur con tutte le ristrettezze del caso con le quali Angelo Renzetti ha dimostrato di sapersi destreggiare benissimo. Del resto, è andata talmente bene che l’idea di svoltare poteva legittimamente non esaltare a priori. Tuttavia è giunto il momento di farlo, di lasciarsi alle spalle una gestione per certi versi miracolosa, di certo appassionata e molto accorta, per abbracciare il nuovo corso, nella speranza che sia all’altezza di quello precedente. Al quale, con mezzi e strutture superiori, dare ulteriori impulsi, verso un futuro più solido e, perché no, più gratificante sul piano meramente sportivo.

Dal 20 al 60 per cento

Renzetti, nell’Fc Lugano è entrato per gradi. Dapprima il 20 per cento, poi il 40, poi la scalata in veste di azionista di maggioranza (60). La presidenza assunta il 23 settembre 2010 (subentra a Luido Bernasconi), la speranza di trovare qualcuno che lo affiancasse in questa esperienza. Di mettere in piedi una società forte con altre persone. Anni di speranze, impreziositi da risultati che avrebbero dovuto attirare qualcuno. Salvo arrendersi all’idea di essere un uomo solo al comando, senza aver mia preteso di condurre le danze da solo. Da un lato la consapevolezza di aver fatto il meglio, di essere andato anche oltre le proprie possibilità, fino al punto di mettere a repentaglio la salute; d’altro canto, la delusione per non aver individuato un compagno di viaggio all’altezza della valenza del progetto bianconero, nonostante la volontà di essere spalleggiato espressa urbi et orbi. Fino all’avvento di Joe Mansueto, profilo ben più spendibile di quello di Thyago de Souza, sedicente imprenditore e acquirente, insediatosi come nuovo re senza averne il titolo, men che meno il diritto di farlo.

Da Schällibaum a Jacobacci

Fu Marco Schällibaum il primo allenatore del suo fortunato ciclo che di tecnici, però, ne ha “bruciati” ben quindici, Maurizio Jacobacci l’ultimo della lunga serie. Preziosi e Pastorello i primi interlocutori, inevitabili i primi screzi. Pastorello esce di scena. La squadra a un certo punto vola (dodici vittorie filate), ma cede nel finale. A Schällibaum subentra il compianto Roberto Morinini, ma il Lugano chiude al quarto posto, fuori dai giochi promozione. Dai quali resta escluso anche nella stagione successiva, quella del rimpasto societario, con Carlo Taldo direttore sportivo e Nicola Bignotti direttore generale. L’ex Empoli Alessandro Pane resiste 8 gare, prima che gli subentri l’ex Inter Francesco Moriero.

All'inizio della stagione 2012-13 Renzetti acquisisce la maggioranza del pacchetto azionario del Lugano (60 per cento), Preziosi si disimpegna. Con Davide Morandi in panchina la squadra vola, ma poi cala. L’eliminazione in Coppa Svizzera per mano del Thun costa il posto a Morandi, sostituito da Raimondo Ponte (il Lugano chiuderà in settima posizione).

Nel 2013-14 all'italiano Sandro Salvioni subentra presto Livio Bordoli. Impegolato in zona retrocessione, il Lugano si riprende, scala classifica e chiude al secondo posto. Nella stagione successiva entra in società con il 40 per cento Pablo Bentancur, il quale contribuisce all’innesto di nuovi giocatori. La rosa è competitiva, il Lugano punta alla promozione. La lotta è con il Wohlen (che però nel finale cala) e il Servette. Nello scontro diretto con i granata (11 maggio 2015 a Cornaredo) il Lugano vince 2-0. Battendo Losanna, Chiasso e Bienne i bianconeri festeggiano il ritorno in Super League dopo tredici anni di assenza.

Super league

Zeman, lo sfizio

Artefice della promozione, Livio Bordoli viene sollevato dall’incarico per fare posto a Zdenek Zeman. Sotto la guida del tecnico boemo il Lugano accusa alti e bassi che lo tengono sempre nei bassifondi delle graduatoria, complici anche le molte reti subite. Grazie alla vittoria interna contro il San Gallo (3-0), il Lugano (penultimo) ottiene la salvezza all’ultima giornata a scapito dello Zurigo, retrocesso. È però anche l’anno della bella cavalcata in Coppa Svizzera: Castello, Bellinzona, Winterthur, Köniz e Lucerna cadono sotto i colpi del Lugano, che però in finale si arrende allo Zurigo (1-0), ponendo fine alla gestione Zeman.

«Sarebbe stato bellissimo conquistare la Coppa Svizzera nel 2016 - ha commentato Renzetti -. Probabilmente un successo avrebbe anche cambiato la vita del Lugano. Detto ciò, tenuto conto delle nostre condizioni, ero talmente felice di aver raggiunto l’atto finale che i patimenti per la sconfitta sono passati in secondo piano. Sembra assurdo, ma io sono fatto così: a interessarmi è più il cammino, non la meta».

In Europa col ‘Trame’ e con Celestini

La squadra viene affidata a interim ad Andrea Manzo (già tecnico dell’U21 bianconera), esonerato prima di Natale. Gli succede Paolo Tramezzani, il quale risolleva le sorti di un gruppo che conduce in Europa League, per la prima delle due partecipazioni alle Coppe europee della gestione Renzetti. A fine stagione il “Trame” rescinde il contratto. Il nuovo tecnico è Pierluigi Tami, che torna sulla panchina bianconera a 14 anni di distanza dalla sfortunata esperienza della stagione 2002/03, conclusasi con il famigerato fallimento. Il rendimento è altalenante, il Lugano esce dall’Europa e dalla Coppa Svizzera (ai quarti). A inizio aprile Guillermo Abascal subentra a Tami e centra la slvezza e la conferma per la stagione 2018/19, che per l’iberico dura però solo nove partite. È il momento di Fabio Celestini. Nel girone di ritorno il Lugano accelera e chiude al terzo posto, garantendosi - come due anni prima - l'accesso ai gironi di Europa League.

L'Europa sempre “fuori casa” per la mancata omologazione di Cornaredo è il secondo cruccio di Renzetti, dopo il mancato acuto in Coppa nel 2016. «È mancato il guizzo che facesse la differenza - ha ricordato - anche se, per quanto riguarda le due esperienze continentali, il dispiacere più grande è legato all’impossibilità di giocare a Cornaredo. Agli occhi del Ticino il club avrebbe assunto un’immagine diversa».

Dopo un negativo avvio di stagione 2019/20, puntuale giunge l’esonero di Celestini, al quale subentra Maurizio Jacobacci il quale guida i bianconeri al quinto posto, a due punti una terza qualificazione all'Europa League. Un traguardo solo sfiorato, alla portata.

Ora è tempo di dare il benvenuto a Joe Mansueto, l’acquirente in un primo tempo “congelato” per favorire l’ingresso in società di De Souza senza escludere Leonid Novoselskiy, azionista di maggioranza. Ma con il brasiliano, per dirla alla Renzetti, «sappiamo tutti come è andata». Già, la classica buccia di banana sulla quale Renzetti è scivolato, salvo poi rialzarsi, riprendere in mano la situazione e la società e confezionare quello che al momento sembra proprio l’ennesimo capolavoro. «Mi sento bene, anzi sono proprio soddisfatto, cedere il Lugano a Mansueto per me è come vincere la Coppa Svizzera ha - ha ricordato qualche giorno fa. Conta molto per me lasciare la società a qualcuno di serio e che può darle un futuro roseo, dopo undici anni ci tenevo. È una grande vittoria che ha ripaga gli sforzi fatti in tutti questi anni. È la mia vittoria più bella - ha rincarato -, ma non fa vincere solo me e la società, bensî anche chi ci lavora, i giocatori, la città. È un successo su tutti i fronti, per cui sono contento e curioso di vedere dove potrà arrivare il Lugano con una proprietà del genere».

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