Calcio

Una liberazione in tutti i sensi, per il Chiasso

Bruno Martignoni racconta le sensazioni del ritorno in campo e non nasconde come la cancellazione della retrocessione sia più che benvenuta

6 giugno 2020
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Alla fine, la “campanella” è suonata anche per il Chiasso, che ormai da lunedì ha ripreso (a Seseglio) ad allenarsi a ranghi completi in vista della ripartenza del campionato di Challenge League, interrotto come la sorella maggiore Super League a fine febbraio per l’emergenza sanitaria dopo 23 giornate su 36 e che riprenderà (a porte chiuse) nel weekend del 19-21 giugno, per il club rossoblù con una trasferta in casa dello Stade Losanna sabato alle 18.15.

«È stato davvero piacevole riprendere gli allenamenti, una liberazione direi - ci racconta il capitano della formazione momò, Bruno Martignoni -. Se infatti il primo mese di pausa forzata, nel quale oltre ad allenarmi individualmente mi sono dedicato a diverse attività casalinghe come ad esempio mettere in ordine e cucinare, è scivolato via relativamente tranquillo, con il passare delle settimane la “reclusione” ha iniziato a diventare più pesante e soprattutto il campo a mancare davvero molto. In fondo siamo calciatori e sin da ragazzini siamo abituati a ritrovarci su un campo da calcio praticamente ogni giorno, con pause di al massimo qualche settimana una volta raggiunto un certo livello. E per molti il terreno da gioco rappresenta anche una valvola di sfogo, che alla lunga è mancata. Per questo lunedì è stato un po’ come il primo giorno di scuola, eravamo tutti felici di rivederci e carichi per ricominciare».

Il protocollo di prevenzione da seguire per prevenire la diffusione del Covid-19 (con tanto di staff tecnico in campo con la mascherina) e le incognite legate alla situazione particolare (ad esempio il rischio di infortuni dopo la lunga inattività, i contratti in scadenza a fine giugno, la difficoltà nel programmare la prossima stagione) non hanno quindi guastato il ritorno “a scuola” rossoblù… «Direi proprio di no. È vero, la situazione è un po’ strana, si tratta di una prima per tutti e c’è chi ha qualche timore in più in particolare per i propri cari, ma in generale ho visto un gruppo piuttosto rilassato e come detto motivato, eravamo tutti felici di poter rivederci e riprendere ad allenarci assieme, che è tutta un’altra cosa rispetto a farlo individualmente. Inoltre siamo professionisti e lo avevamo dimostrato già prima dell’interruzione, quando tutti avevamo iniziato a seguire alla lettera le indicazioni per evitare contagi. Lo stesso è stato fatto dai singoli nei mesi successivi e così sarà anche adesso, tutti abbiamo firmato il protocollo sanitario e sono sicuro che ognuno farà quello che deve».

Parole da capitano quelle dell'ex difensore in particolare di Locarno e Aarau, anche se come ammette lui stesso «a Chiasso si punta molta sulla responsabilità individuale e sul rispetto di tutti verso tutti, per cui non è che il capitano abbia particolari diritti o doveri rispetto agli altri, però sicuramente ho cercato di essere presente, ad esempio attraverso la chat di squadra, dove abbiamo sempre cercato di tenere alto il morale».

Senza retrocessione tutta un'altra cosa, 'ma le motivazioni non mancano'

Morale che, come spiega senza troppi giri di parole il 27enne locarnese, ha ricevuto una bella spinta verso l’alto con l’annullamento, già a fine aprile, di tutti i campionati dalla Promotion League in giù, con conseguente cancellazione della retrocessione dalla lega cadetta… «Posto che al momento dell’interruzione stavamo attraversando un buon momento (4 punti nelle ultime due uscite con Vaduz e Wil, mentre dalla ripresa dopo la pausa invernale il bilancio momò parla di 5 punti in altrettante uscite, nelle quali hanno però affrontato le prime tre della classe, ndr) ed è stato un peccato doversi fermare, sarebbe ipocrita affermare che non siamo contenti che quest’anno non ci saranno retrocessioni. La classifica dice che siamo ultimi con 7 punti di ritardo sullo Sciaffusa e per quanto non impossibile, sarebbe stato molto difficile recuperarli. E non sono d’accordo con chi afferma che ci mancheranno le motivazioni per affrontare il finale di questa stagione, in quanto per la maggior parte di noi ci sarà in gioco molto anche a livello individuale, tra chi magari vorrà mettersi in mostra per un possibile trasferimento o chi semplicemente spera nel rinnovo. Si tratta anche di una questione di orgoglio, sarebbe una grande soddisfazione confermare la salvezza anche sul campo con una bella rimonta. Senza contare poi che una compagine relativamente giovane come la nostra senza la pressione dell’obiettivo da raggiungere a tutti i costi potrebbe in un certo senso sentirsi più libera e alzare ulteriormente il suo livello».

Tra gli oltre 15 elementi (compresi i prestiti) con il contratto in scadenza a fine mese c'è lo stesso campione del mondo con la Svizzera U19 nel 2009, che al Riva IV è di casa ormai dal luglio 2017… «Tutti vorremmo sapere come si andrà avanti e cosa succederà a livello contrattuale ed evidentemente è un tema all’interno dello spogliatoio, anche perché chi è in scadenza dal 30 giugno non potrà più allenarsi. A livello personale mi piacerebbe proseguire l'avventura qui a Chiasso e spero di ricevere direttamente una proposta di rinnovo impostata almeno sul medio termine, ma per andare incontro alla società se fosse necessario sarei disposto anche a firmare fino alla fine del campionato, per poi discuterne una volta archiviata questa tribolata stagione».

'Pensare di abbassare gli stipendi in Challenge League è ridicolo'

Le molte discussioni attorno alle due massime serie del calcio rossocrociato e le condizioni poste dalla Confederazione per l’ottenimento dei prestiti da parte delle società (in particolare l’obbligo di ridurre la massa salariale della rosa) hanno riportato sotto i riflettori le difficoltà di una lega cadetta che di professionistico ha (eventualmente) solo l’apparenza, con lo stipendio medio di un calciatore ben al di sotto dei 4’000 franchi al mese e paghe che in certi casi scendono persino sotto quota 2’500 franchi… «In Super League, dove girano più soldi e sponsor anche se di certo non come in altri paesi, è più facile fare il calciatore. In Challenge invece, tolte magari le 2-3 squadre di vertice, la realtà è ben diversa e non c’è nessuno che fa la bella vita come qualcuno potrebbe pensare, anzi. Per certi aspetti restiamo dei privilegiati, non lo nego, ma da qui a pensare che i calciatori sono tutti ricchi e viziati ne passa. Tanto che l’idea di chiedere alle società di ridurre ulteriormente gli stipendi non sta né in cielo né in terra, vorrebbe dire mettere in ginocchio molte famiglie».

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