Calcio

Per Maurizio Jacobacci l'Acb è una scelta di cuore

Il 56enne bernese di origine campana svela di aver accettato di allenare il Bellinzona (anche) per il suo legame con la città e la società

16 agosto 2019
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Schietto come è sempre stato, Maurizio Jacobacci non si fa certo problemi ad ammettere che «la Promotion League non era proprio la mia idea all’inizio dell’estate». Poi, però, non essendo nel frattempo arrivate altre offerte, il richiamo di una città e una società, Bellinzona, a cui è particolarmente legato, ha portato il 56enne bernese di origini campane ad accettare la proposta dell’Acb, che lo ha scelto (in realtà già al termine della passata stagione) per sostituire in panchina l’esonerato Luigi Tirapelle.

«È stata una scelta di cuore, perché il Bellinzona non è una società qualunque per me – spiega l’ex giocatore granata (1987-1989 e 1994-1995) nonché di Young Boys, Vevey, Neuchâtel Xamax, Wettingen, Servette, San Gallo e Losanna, società con le quali ha accumulato oltre 300 presenze nella massima serie rossocrociata –. Qui ho passato momenti molto belli e nonostante le difficoltà che ha attraversato, rimane una piazza importante e ambiziosa. Inoltre in Ticino ho figli e nipotini, anche questo aspetto ha pesato nella mia decisione di accettare la proposta del comitato, di cui conoscevo già molto bene alcuni membri, così come ho ancora legami con diversi tifosi granata».

Oltre al piacere di tornare in un luogo nel quale si sente a casa, tanta era anche la voglia di tornare in panchina a quasi un anno dall’ultima volta... «Ero fermo ormai da dieci mesi, ossia da quando era finita la mia avventura a Sion (settembre 2018, dopo circa 7 mesi passati alla guida della prima squadra, ndr) e avevo voglia di tornare a lavorare sul campo piuttosto che stare a casa ad aspettare una nuova occasione. In Vallese ho potuto dimostrare le mie qualità anche in Super League (9 vittorie, altrettante sconfitte e 4 pareggi per una media di 1,4 punti a partita, ndr), ma in Svizzera il problema per un allenatore è che ci sono solo dieci squadre nella massima serie e altre dieci in Challenge League, per cui non c’è certo posto per tutti, perché in rapporto ai posti disponibili sono davvero tante le persone che hanno il patentino per allenare. Come detto quindi piuttosto che stare ancora a casa ad aspettare ho preferito fare un passo indietro a livello di categoria e sposare il progetto del Bellinzona (per ora ha firmato fino a fine stagione, ndr)».

Un progetto ambizioso visto che, inutile girarci intorno, l’obiettivo è la Challenge League... «La società è certamente ambiziosa e questo è importante per me, però in questo momento non voglio parlare di obiettivo promozione. L’anno scorso l’Acb ha fatto un gran campionato da neopromossa, per cui quest’anno non rappresenta già più una sorpresa, bensì una realtà della categoria. E il primo passo è consolidare questo, ossia dimostrare che il buon campionato passato non è stato un caso ma il frutto dell’ottimo lavoro effettuato a tutti i livelli, dalla squadra fino ai dirigenti. Un lavoro che deve però continuare anche quest’anno e portare a un ulteriore salto di qualità, solo in questo modo potremo arrivare a giocarci le nostre possibilità fino in fondo».

Per farlo però c’è da rimediare alla partenza ad handicap (due sconfitte e una vittoria) costata il posto a Tirapelle... «Non è stato un inizio facile, il bottino di tre punti in tre partite non rispecchia certo le attese, però siamo appunto appena all’inizio e bisogna anche considerare che la squadra ha effettuato tre trasferte (per i lavori di rifacimento che rendono momentaneamente inagibile il Comunale, ndr) in una settimana, mica poco per ragazzi che durante il giorno lavorano».

Una situazione questa che l’ex tecnico di, tra le altre, Mendrisio, Chiasso e Vaduz ha già vissuto più volte, ottenendo comunque a Kriens la promozione in Challenge League e ripetendo l’impresa a Sciaffusa... «Ma a Sciaffusa, dove i salti di categoria furono addirittura due in due anni, la squadra era composta praticamente solo da professionisti. A Kriens invece effettivamente la situazione era simile, però non c’è una ricetta, se non quella che servono tanto carattere e sacrificio, per cercare di avvicinarsi comunque il più possibile a una mentalità da professionisti. Da parte mia mi metterò a disposizione e cercherò di capire e rispettare le esigenze dei miei giocatori, ai quali però chiederò molto. Quando arriveranno al campo dovranno lasciare fuori il lavoro e tutto il resto per cercare di dare sempre il massimo. Poi ci sono tanti fattori che influiscono sul raggiungimento del risultato e degli obiettivi, però deve esserci la voglia di fare tutto il possibile per avere la possibilità di provarci. E mi riferisco ai giocatori, ma anche ai membri dello staff (me compreso) e alla società. La squadra è buona, ha qualità e in questi primi giorni (Jacobacci ha diretto per la prima volta la squadra martedì, ndr) ho visto l’atteggiamento giusto, c’è margine per reagire, ma bisogna farlo subito».

Ossia già domani a Magadino (18.30) nel derby del primo turno di Coppa Svizzera con il Gambarogno/Contone, compagine di Seconda interregionale vincitrice nella passata stagione di campionato di 2ª Lega e Coppa Ticino... «Una partita insidiosa da prendere con le pinze e non certo sottogamba, per la quale ai miei giocatori chiederò – e lo farò sempre – di andare in campo con la mentalità vincente, ma anche con umiltà e la giusta grinta».

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