Calcio

E non si dica che non esistono più squadre deboli

All'indomani della magra figura contro il Qatar, sul campo della Nazionale rimangono aperti parecchi punti interrogativi

Ti-Press
16 novembre 2018
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Se davvero Petkovic voleva che la partita contro il Qatar portasse nel gruppo l’energia positiva che solo le vittorie (o le buone prestazioni) sanno generare, il suo auspicio è stato disatteso. Ne consegue che la pessima figura rimediata contro il Qatar non possa essere catalogata come incidente di percorso senza conseguenze. Passi per la volontà di dare in pasto alla stampa quel sentimento di solo parziale insoddisfazione che in realtà – ce lo auguriamo – maschera rabbia, tuttavia qualche giudizio un po’ più severo all’indirizzo di chi alle sue sollecitazioni ha risposto così male sarebbe stato auspicabile.

Nulla avrebbe aggiunto alla desolazione di Cornaredo. Né avrebbe destabilizzato un ambiente che, a giudicare da come è andata mercoledì sera, non si cruccia troppo dell’immagine che lascia di sé. Tanto il vero obiettivo è un altro, no?
Le sconfitte – dacché il calcio è calcio – non generano positività, bensì critiche, mugugni, o fischi. Che bene non fanno. Certo, non tutte sono dolorose, al netto del peso delle cosiddette amichevoli, ma a tutto c’è un limite, suvvia.
Ora, che l’obiettivo della Svizzera sia l’incontro di Lucerna contro il Belgio è chiaro a tutti, calciatori in primis. Ciò non li assolve, però. E poco importa che a scendere in campo siano state le seconde linee, per preservare i titolari. Anzi, viene proprio da chiedersi se alle riserve interessi proporsi come alternative ai titolari. E se siano state spronate a farlo. Che senso ha parlare di squadra, di gruppo, se poi quando in campo scende un undici che del gruppo rossocrociato è emanazione diretta si fa un distinguo e si cercano giustificazioni tirando in ballo titolari e riserve?

Ora, che la Svizzera non brilli né abbia mai brillato (eufemismo) per il piglio con cui è solita affrontare le amichevoli, è un dato di fatto. La ripetitività con cui questo fenomeno si ripropone, però, non può servire da alibi, ogni volta che c’è un test poco stimolante in agenda. La tentazione, semmai, è di promuovere un ulteriore atto d’accusa nei confronti di un gruppo che in campo: 1. perde un’occasione importante (i ct si lamentano che hanno a disposizione i nazionali per pochi giorni, e poi si buttano via partite così senza rimproverarli?). 2. Delude, quasi tradisce, i tifosi che hanno pagato il biglietto per assistere a una partita ‘vera’, poco importa chi scende in campo. 3. Rilancia l’annosa questione del senso di certi test, se poi vengono affrontati, per stessa ammissione del ct che tale test ha preparato, «senza mettere le giuste emozioni, subendo fin troppo l’ambiente, e facendosene condizionare».

«Per il Qatar questa era molto importante, mentre per noi il clou arriva domenica», Petkovic dixit. Delle due, l’una: o ogni partita che incombe è sempre la più importante, poco importa cosa arriva dopo – come vogliono farci credere gli allenatori di tutto il mondo – o siamo di fronte a un concetto talmente patetico che continuare a ripeterlo è altrettanto patetico. Un approccio più dolce a certe scadenze può anche starci – le motivazioni fanno la differenza –, ma da lì a rimediare una figuraccia contro il Qatar... E non diteci che non ci sono più squadre deboli. Ce ne sono ancora, e andrebbero battute.

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