Calcio

Boca-River, derby di calcio, politica e paura

Intervista al giornalista Alejandro Wall su come l'Argentina sta vivendo la vigilia del Superclasico che deciderà l'assegnazione della Copa Libertadores (oggi l'andata, il 24 il ritorno)

10 novembre 2018
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Forse soltanto l’Old Firm a Glasgow, con i suoi risvolti politici e religiosi, scatena altrettante passioni del superclásico tra Boca Juniors e River Plate, il derby che deciderà l’assegnazione della Copa Libertadores (oggi l’andata alla Bombonera, il 24 novembre il ritorno al Monumental Liberti). La vittoria in semifinale contro Palmeiras (Boca) e Gremio (River) ha gettato l’Argentina in uno stato di trance collettivo. Da qui alla fine del mese ogni altro aspetto della vita sociale e politica (tra le due finali Buenos Aires ospiterà pure il G20) passano in secondo piano. Nelle strade della capitale non si parla d’altro, di una partita che tutti attendono, ma alla quale in molti avrebbero preferito non dover assistere per il timore di possibili violenze che potrebbero scoppiare in ogni angolo del vasto territorio argentino: perché dai confini con la Bolivia fino alla Tierra del Fuego, dalle sponde del Río de la Plata alla cordillera andina, chiunque, anche i tifosi di altre squadre, hanno la loro preferenza tra “Xeneizes” e “Millonarios”. Ne abbiamo parlato con Alejandro Wall, giornalista del quotidiano Tiempo Argentino, con il quale abbiamo voluto toccare soprattutto l’aspetto sociale di un evento sportivo senza eguali... «Buenos Aires e tutta l’Argentina stanno vivendo la finale con molto nervosismo e con quella forma di estrema intensità con la quale si vive il calcio in questo Paese. Ed è paradossale constatare come, a conti fatti, di calcio si parli poco, a favore di tutti i temi che attorno al Superclásico ruotano: si sono spesi fiumi di parole, anche da parte delle più alte cariche politiche, sull’opportunità di permettere ai tifosi avversari l’accesso allo stadio, sugli aspetti legati alla violenza, sulle date in cui disputare le due sfide, perfino sugli orari, ma di tecnica e tattica si è discusso poco». A far paura è la possibilità che l’acerrima rivalità tra le tifoserie provochi ondate di violenza... Personalmente ritengo che l’unico timore concreto sia limitato alla sfida di ritorno in programma il 24 novembre al Monumental. A maggior ragione se la sfida della Bombonera dovesse risultare molto complicata e foriera di ulteriori tensioni tra i tifosi. C’è poi l’aspetto legato a tutto ciò che è esterno allo stadio, con i dintorni fortemente presidiati dalle forze dell’ordine e la possibilità che in città siano introdotte limitazioni. Ad esempio, è al vaglio l’eventualità di proibire i festeggiamenti nella zona dell’Obelisco, dove in passato si erano prodotti scontri, con danneggiamento di diversi locali pubblici. Nei giorni scorsi, il presidente della nazione, Mauricio Macri, ha auspicato pubblicamente la presenza dei tifosi avversari. E subito il derby ha assunto connotati politici... Macri è stato presidente del Boca, carica che gli ha garantito grande popolarità. Sarà una sfida molto politicizzata, sia in Argentina, sia in Conmebol. È curioso il fatto che la politica si sia impossessata del tema della presenza o meno dei tifosi ospiti, mentre in realtà l’aspetto più importante legato alla violenza nel calcio argentino è rappresentato dalle lotte intestine tra fazioni dello stesso club (una decina di anni fa era diventata d’attualità la faida tra gruppi rivali dei Borrachos del Tablón, la “barra brava” del River, durante la quale ci era scappato pure il morto, ndr). Nell’immaginario collettivo, però, si è insinuata l’idea di scontri tra tifoserie avversarie, per cui a un certo punto si è optato per la soluzione più facile. Nel 2013, a seguito della morte a La Plata di un tifoso del Lanús, Javier Gerez (42 anni), l’Afa e il governo hanno deciso di proibire l’accesso ai tifosi avversari. Nel caso di Gerez, però, il decesso era sopraggiunto nel corso di scontri con la polizia, non con “hinchas” dell’Estudiantes. Si è scelta una soluzione drastica, probabilmente la più facile da applicare a breve giro di posta. Adesso, però, Macri ha risollevato il tema, nonostante la contrarietà dei due club, i quali si sono detti impreparati a fronteggiare una simile eventualità. Storicamente il Boca è la squadra dei genovesi, gli xeneizes, la squadra del porto e della gente umile, mentre il River rappresenta l’élite... Agli albori del calcio argentino questa suddivisione poteva aderire alla realtà, ma ora la situazione è sensibilmente diversa. In primo luogo in quanto è cambiato il tipo di tifoso che segue il calcio. Andare allo stadio non è più una passione popolare, ma un’attività costosa, quindi alla portata di una minoranza della popolazione argentina. E anche le differenze sociali tra Boca e River sono andate dissolvendosi. Anzi, molti osservatori si chiedono se la squadra del potere non sia diventata il Boca, proprio a scapito degli acerrimi rivali. Il presidente della Nazione è stato il numero uno del club xeneize, mentre l’attuale presidente Daniel Angelici è considerato un personaggio molto influente, in pratica l’uomo del governo all’interno del potere giudiziario. Insomma, rispetto a quella che nel passato era stata un’immagine consolidata, al giorno d’oggi le tifoserie di Boca e River sono attraversate da una sorta di trasversalità socio-economica. Un Superclásico senza violenze potrebbe risollevare agli occhi del mondo l’immagine del calcio argentino... Non credo possa trarre beneficio da questa doppia finale. Il calcio in Argentina è sommerso da ben altri problemi, da una federazione reduce da anni di instabilità, dalla Nazionale ancora alla ricerca del sostituto di Sampaoli, dal clima di tensione che troppo spesso si respira negli stadi... Non sarà certo un Boca-River a risolvere tutti i mali del mondo pallonaro albiceleste. Ovviamente, gli sguardi degli appassionati saranno puntati sulla Bombonera e sul Monumental, ma allo stesso tempo mi chiedo se come argentini non sopravvalutiamo, sentendoci un po’ l’ombelico del mondo, l’importanza a livello planetario di una finale di Copa Libertadores. Penso che il mondo abbia problemi più importanti con cui confrontarsi. Finale di Libertadores e G20, il tutto nello spazio di appena due settimane... A quanto sembra, Vladimir Putin ha già fatto sapere di voler assistere a una delle due sfide. Stretta tra calcio e politica, la Capital Federal sarà sottoposta a grande tensione. Il problema è che l’approccio del governo nella gestione dell’ordine pubblico è storicamente basato sulla repressione. Lo è negli stadi e lo è nelle strade. In occasione del G20, come sempre accade in simili circostanze, sono previste numerose manifestazioni popolari e il timore è che il governo possa approfittarne per rafforzare il suo Dna repressivo. Ma al di là di ogni altra considerazione, Boca-River rimane una partita di calcio. E allora, tocchiamo anche l’aspetto sportivo dell’evento... Affermare che partite di questo tipo sfuggono a ogni pronostico appare scontato. È peraltro vero che spesso finiscono con l’essere sfide molto nervose, ma poco spettacolari e di scarso appeal calcistico. Tutti si attendono una finale intensa e tachicardica, ma quasi del tutto priva di bel gioco. Paradossalmente, molti tifosi non sono affatto contenti di un Superclásico in finale. Addirittura, i più scalmanati avrebbero preferito che la loro squadra fosse eliminata a uno stadio anteriore della competizione, pur di non dover vivere una partita di questo tipo. Una partita che per chi non solleverà la Coppa comporterà la difficile gestione di giorni seguenti, durante i quali, dal posto di lavoro ai social media, l’umiliazione dello sconfitto sarà totale.

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