Calcio

No a mosse egemoniche

Flavio Facchin e i pericoli del riassetto voluto dall'Fc Lugano: "È importante che i membri del comitato siano espressione della società civile, anziché dei club".

2 novembre 2018
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Tra una settimana i giochi saranno fatti e il futuro del Team Ticino messo nero su bianco dalle decisioni dell’assemblea. Forse. O forse no, in quanto le diatribe sorte in seno al comitato dell’associazione potrebbero non trovare una soluzione nemmeno al termine delle assise dell’8 novembre. Gli schieramenti si conoscono: da una parte Lugano e Chiasso, dall’altra il Bellinzona, con la posizione della Federazione ticinese (Ftc) che rimane tutta da decifrare. Per capire come intende muoversi la società granata ci siamo rivolti a Flavio Facchin, membro di comitato del Team Ticino in quota Acb... «La tematica è complessa, ma il preambolo è chiaro: il Lugano ha portato avanti una volontà di cambiamento in relazione soprattutto a membri di comitato che non sono graditi alla società bianconera e, di riflesso, al Chiasso. Noi a Bellinzona, per quanto vi possano essere state tematiche sulle quali la nostra opinione divergeva da quella del comitato, in generale e con continuità ci siamo trovati bene con l’assetto esistente, portando avanti un lavoro in comune estremamente fattivo. Non abbiamo dunque rimproveri particolari da muovere ai membri del Team Ticino. Di conseguenza è nata una divergenza di vedute tra noi e il Lugano, in particolare con il presidente del settore giovanile Leonid Novoselskyi, desideroso di ampliare fortemente la cerchia di potere del club e imporre, se del caso, le scelte tecniche e metodologiche attualmente portate avanti a Cornaredo. Divergenze che sono poi sfociate in conflitti di aspetto personale, più che di idee, con duri scontri tra le parti in causa. Il nostro timore è che questi conflitti possano portare a cambiamenti negativi nel processo di mantenimento del fil rouge di formazione, per il quale i migliori ragazzi dei club transitano dal Team Ticino per concludere il loro percorso di crescita».

Fra le problematiche sollevate dal Lugano, la presenza in comitato di troppi membri che non sono espressione dei tre club di riferimento del Team Ticino...

Così facendo si dimentica lo spirito fondamentale del Team Ticino: è molto importante che membri del comitato non siano espressione dei club, bensì della società civile, del mondo politico e di quello imprenditoriale ticinese. Attualmente, la gran parte dei membri sono persone di un certo profilo, ma esterne ai club, ciò che garantisce la capacità di raccogliere sponsorizzazioni. La formazione di punta ha un costo non indifferente, coperto in misura del 30% dai club membri e per il restante 70% da sovvenzioni dell’Asf e da sponsor privati, raccolti in tutto il Ticino in modo quasi esclusivo dagli stessi membri del Team Ticino. La cui assenza, nel caso di un mutamento strategico dell’assetto dirigenziale, rischierebbe di creare un elemento di criticità nella continuità finanziaria dell’associazione.

All’atto pratico, se il fallimento del Locarno ha portato a tre i club soci del Team Ticino e se Lugano e Chiasso voteranno di comune accordo per un cambiamento di strategia, sul fronte della continuità rimarrebbe il solo Bellinzona. Nel qual caso i giochi sembrerebbero già fatti...

I soci, a dire il vero, da pochissimo tempo sono tornati ad essere quattro. Avendone il diritto, statuti alla mano, sin dalla costituzione del Team Ticino, l’Associazione svizzera di calcio (Asf) – per il tramite della Ftc che della federazione svizzera è un’emanazione – ha il diritto di entrare in qualsiasi momento in qualità di socio. Diritto che è stato esercitato, in quanto l’Asf desidera che all’interno del comitato vi sia una presenza istituzionale, a maggior ragione in un momento come questo, caratterizzato da forti conflitti che, a nostro modo di vedere, bene non fanno. A questo punto, dunque, anche la federazione ticinese disporrà di un voto.

E se con tre soci un due a uno è praticamente scontato, con quattro si potrebbe giungere a una situazione di stallo...

È in effetti possibile che per talune votazioni il risultato sia un 2-2 che creerebbe una situazione di impasse.

Che andrebbe risolta in quale maniera?

Non le so rispondere. Non vi sono precedenti, bisognerebbe studiare il caso. Mi immagino che vi potrebbe essere una sorta di commissariamento, oppure dovrà intervenire in modo diretto l’Asf, la quale in ultima istanza gode comunque di un peso e di un potere particolari. Potrebbe essere lei a dover proporre soluzioni diverse. Mi auguro che non si arrivi a tanto, ma è possibile, se non probabile, che su talune trattande vi possano essere divergenze tra i soci.

A questo punto il tavolo delle trattative è saltato, non c’è più spazio di manovra per raggiungere un accordo...

Non era mai capitato di arrivare in assemblea con questa conflittualità. Ci sono state tavole rotonde, ma sempre a muso duro, con posizioni sostanzialmente inamovibili. D’altra parte, il Lugano – in maniera per loro legittima, per noi molto meno – ritiene, in quanto compagine di Super League, di essere la squadra faro e che le spetti il controllo del calcio d’élite ticinese. Purtroppo, la storia dei club ticinesi è funestata da momenti difficili, da fallimenti e ripartenze. L’aver creato un’associazione come il Team Ticino rappresentava una sorta di autoprotezione proprio contro dinamiche di quel tipo, poi puntualmente realizzatesi: una società faro del movimento ticinese, improvvisamente allo sbando per ragioni extracalcistiche. Di conseguenza, se un solo club prendesse il controllo totale, accentrando su di sé tutto ciò che è rappresentato al momento attuale dal Team Ticino, la domanda che come Bellinzona ci poniamo è molto semplice: cosa succederebbe se tra qualche anno il Lugano avesse dei problemi? Vorrebbe dire azzerare tutto, sarebbe un fallimento senza garanzie di continuità. Ed è proprio per questo che è necessario il pieno rispetto dei principi di protezione di tutta la formazione del calcio ticinese. Formazione nella quale il Bellinzona recita comunque un ruolo importante, quale squadra di riferimento dell’intero Sopraceneri. Il nostro è un lavoro altrettanto importante di quello svolto dal Lugano, senza che da parte nostra vi sia l’ambizione di pretendere di dettar legge.

Considerati i legami tra Lugano e Chiasso, arrivare allo scontro appare quanto meno autolesionistico. Non sarebbe stato meglio, dal punto di vista strategico, giungere a una sorta di do ut des con un passo indietro rispetto alle rivendicazioni iniziali da parte di ciascun membro?

O tutto o niente. Questo è quanto percepito nel corso degli incontri: su molti aspetti Lugano e Chiasso non sono nemmeno entrati in discussione. La loro intenzione è di azzerare il comitato e non vi sono stati spazi di manovra o possibilità di diplomazia. Questo anche nello stile decisionista e imprenditoriale del signor Novoselskyi, il quale qualche mese fa, in un servizio andato in onda alla Rsi, non aveva nascosto il suo concetto: io metto i soldi, quindi voglio comandare.

Insomma, quella di giovedì prossimo sarà un’assemblea al calor bianco...

Sarà un’assemblea calda e, purtroppo, piena di incognite, perché pur rimanendo aperta a tutti gli scenari, potrebbe pure tramutarsi in un’assembla di stallo.

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