ATLETICA

‘La finale in uno stadio zeppo vale quanto il quinto posto’

Mujinga Kambundji completa la progressione delle ultime settimane ed è quinta in una finale mondiale dei 100 che le mancava. ‘Si è realizzato un sogno’

Quel 10’’96 in semifinale non era beneaugurante: ‘Credevo di non farcela’. E invece...
(Keystone)

Mujinga è sempre Mujinga. Specialmente quando conta davvero. Come ai Mondiali di Eugene, appunto dove la trentenne tesserata per l’St Berna e allenata da Adrian Rothenbühler da metà giugno in poi è sempre scesa sotto gli undici secondi sui 100, piazzando poi l’acuto nell’Oregon, con quell’10’’91 (secondo suo miglior crono in stagione dopo il 10’’89 ai Campionati nazionali al Letzigrund) che le regala il quinto posto in una finale da sogno, dove la concorrenza era – ammettiamolo – semplicemente troppo forte. «È un sogno che si realizza – dice, entusiasta, la sprinter bernese –. Correre una finale ai Mondiali in uno stadio pieno zeppo per me significa molto, come il quinto posto finale. Volevo essere veloce e godermi il momento, ci sono riuscita».

Davanti a lei, però, ci sono donne di un altro pianeta, atleticamente parlando: Shelly-Ann Fraser-Pryce chiude in 10’’67 secondi, mentre il bronzo (sempre giamaicano, attribuito ad Elaine Thompson-Herah, a completamento di una storica tripletta) è stato assegnato con un 10’’81. Tanto che anche la campionessa europea Dina Asher-Smith se n’è dovuta andare a mani vuote. Motivo in più di soddisfazione per Mujinga Kambundji, arrivata nell’Oregon con quel 10’’89 che è il suo nuovo record svizzero vecchio soltanto di qualche settimana, ma che nella classifica dei tempi prima di quella finale la piazzava soltanto all’ottavo posto. «Sì, sono soddisfatta» aggiunge Mujinga, che sfruttando un leggero vento alle spalle (+0,8 ms) è riuscita a staccare il suo secondo miglior tempo in carriera, lasciandosi alle spalle tutte le americane che sognavano grosse soddisfazioni ai Mondiali di casa e riempiendo un’altra casella vuota nel suo palmarès, e cioè una finale nei 100 ai campionati del mondo, la gara più prestigiosa di tutte, dopo essere già salita sul podio nei 200 m, a Doha, nel 2019, dove era riuscita a mettersi al collo una sorprendente medaglia di bronzo.

Eppure, all’appuntamento più atteso l’elvetica non è arrivata certo con l’umore migliore possibile, dopo quel 10’’96 in semifinale, appena due ore prima, che ha rischiato di privarla all’ultimo del ticket per la finale. «Ero convinta che quel tempo non sarebbe bastato» rivela Mujinga, ricordando quello che le era già successo a Doha tre anni fa, quando aveva mancato la finale dei cento per soli cinque millesimi. Stavolta, invece, c’è riuscita, dopo che la britannica Daryll Neita si è piazzata nona in 10’’97. «Sono contenta di essere andata così forte in finale», conclude l’elvetica.

E mentre lei ancora stava correndo, poco più avanti Shelly-Ann Fraser-Pryce già pregustava la sua decima medaglia ai Mondiali, meritandosi gli elogi del mondo intero. Tra cui spiccano quelli di Allyson Felix, l’atleta più titolata di sempre con le sue diciannove medaglie ai Mondiali: «35 anni! Mamma! 10’’67! Quinto titolo ai Campionati del mondo!», ha "twittato" l’americana.

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