IL TEMA

Le sanzioni nello sport, un mezzo di pressione davvero efficace?

La Russia è sottoposta a un fuoco di fila di esclusioni, cancellazioni, boicottaggi, ma non tutti gli analisti concordano sulla loro efficacia

Alex Ovechkin, uno dei numerosi sportivi russi ad aver preso posizione contro la guerra
28 febbraio 2022
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La fase finale della Coppa del mondo nel 2018, i Giochi olimpici invernali nel 2014 a Sochi, il Gp di Formula 1, pure quello nella località sul Mar Nero, le sponsorizzazioni varie (non da ultimo quella della Champions League): la Russia, che sotto Vladimir Putin ha fatto dello sport uno strumento di influenza esterna e di coagulazione del consenso interno, potrebbe essere toccata in modo pesante dai provvedimenti decisi a livello internazionale dopo l’invasione dell’Ucraina. Negli ultimi giorni le sanzioni sono piovute: cancellazione del Gp di Sochi, spostamento della finale di Champions League da San Pietroburgo a Parigi, atleti dichiarati "persone non grate" in Gran Bretagna, Svezia e Norvegia, rescissione dei contratti di sponsorizzazione di diverse società (dallo Zugo nell’hockey allo Schalke nel calcio), rifiuto delle federazioni di Svezia, Polonia e Repubblica Ceca di disputare lo spareggio per Qatar 2022 contro la Russia, decisione della Fifa di proibire nome, inno e bandiera per le Nazionali russe, sospensione delle squadre russe da tutte le competizioni Uefa, probabile esclusione della "Sbornaja" dai prossimi Mondiali di hockey in Finlandia…

«Per i regimi autoritari lo sport riveste un’importanza spropositata. L’eventuale impossibilità di competere a più livelli colpirebbe la Russia in maniera significativa», afferma sir Hugh Robertson, presidente del Comitato olimpico britannico (Boa) all’Afp.

«I russi sono appassionati di sport. Ospitare grandi eventi li ha entusiasmati e un’esclusione generalizzata scatenerebbe immediatamente domande su ciò che sta davvero succedendo. Può darsi che a Putin non interessi ciò che il mondo pensa di lui, ma deve prestare attenzione a ciò che di lui pensa il popolo russo», aggiunge Micheal Payne, per decenni capo del Dipartimento marketing del Cio.

Un altro pericolo per la popolarità di Vladimir Putin sono le prese di posizione espresse da sportivi che, come il tennista Andrey Rublev, il calciatore Fedor Smolov, la stella dell’hockey Alex Ovechkin e il ciclista Pavel Sivakov, hanno pubblicamente espresso il loro dissenso nei confronti della guerra. Iniziative che potrebbero «mettere in discussione agli occhi della popolazione russa le azioni del loro leader e minare il sostegno nazionale al conflitto», aggiunge Payne.

Terence Burns, pure lui ex funzionario del Cio e poi protagonista di cinque campagne di candidatura olimpica, è meno propenso ad appoggiare quest’ultima tesi… «Il governo dipingerà la Russia come vittima di una grande cospirazione internazionale ordita dagli Stati Uniti e dall’Occidente». Ma il punto focale non sta nel sapere se le sanzioni sportive potranno accelerare una sorta di ribellione popolare contro la guerra: «Adesso la Russia deve pagare per quello che ha commesso e purtroppo ad andarci di mezzo devono essere anche i suoi sportivi».

Come le sanzioni economiche, pure quelle sportive rischiano di percorrere la strada verso Mosca, per poi rimbalzare e far ritorno in Occidente. Molti già si chiedono se l’equilibrio economico dello sport professionistico europeo verrà messo in discussione, in particolare a causa della rescissione di contratti di sponsorizzazione: lo Zugo ha rinunciato ai soldi di Nord Stream, lo Schakle a quelli di Gazprom e il Manchesr United sta uscendo dal contratto con la compagnia aerea Aeroflot, mentre una fonte a conoscenza delle discussioni in corso, ha confermato che l’Uefa si sta preparando a prendere una decisione simile con Gazprom, uscendo da un contratto concluso nel 2012 e stimato dai media specializzati in 40 milioni di euro all’anno.

Haas, il team statunitense di Formula 1, ha rimosso dalle sue vetture i colori dello sponsor principale Uralkali e dovrebbe annunciare a giorni novità per quanto riguarda il suo legame con il gruppo specializzato nella produzione e nell’esportazione di potassio. «I mega sponsor russi rappresentano un fenomeno recente. Lo sport andava molto bene prima e continuerà a farlo in futuro», afferma con sicurezza Terrence Burns.

Al contrario, per il geopolitologo francese Lukas Aubin, «se l’Uefa decidesse di separarsi da Gazprom, ci sarebbero delle conseguenze. D’altra parte, la federazione europea rappresenta una delle più importanti istituzioni mondiali, per cui non dovrebbe avere difficoltà a reperire un nuovo sponsor: la Champions League è pur sempre una delle manifestazioni più seguite a livello planetario. C’è la sensazione che il momento sia troppo serio perché le istituzioni sportive dicano "si tratta della Russia per cui non possiamo farci nulla, Gazprom finanzia la Champions eccetera…". Ho la sensazione che abbiamo raggiunto un punto di rottura e che le misure che seguiranno saranno senza precedenti», prosegue l’accademico, autore di "La sportokratura sotto Vladimir Putin".

«Il mondo dello sport ha bisogno di liberarsi dal denaro russo. L’invasione dell’Ucraina avrà un impatto su tutto il movimento, ma le conseguenze dell’inazione sarebbero molto più gravi», avverte Hugh Robertson.

Gli fa eco Michael Payne: «Senza reazione il mondo dello sport avrebbe molto più da perdere. Le sanzioni possono avere un impatto enorme sulla società. Il boicottaggio dello sport sudafricano durante l’apartheid ebbe un effetto simile, se non superiore, a quello delle sanzioni economiche, spingendo il regime a cambiare la sua politica segregazionista», avverte Michael Payne.

Ammesso che la visione di Payne possa essere condivisa, affinché Pretoria decidesse di mettere fine all’apartheid ci volle un boicottaggio lungo 28 anni, dal 1964 al 1992. Gli sportivi russi sperano di non doversi armare della stessa pazienza dei loro colleghi sudafricani…

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