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Un bronzo olimpico per esorcizzare i demoni del passato

Nikita Ducarroz, ginevrina cresciuta negli Usa, ha sofferto di costanti attacchi di panico: ‘La medaglia a Tokyo non mi ha cambiato la vita, lo sport sì’

29 ottobre 2021
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Fino allo scorso 1º agosto il suo nome era praticamente sconosciuto al grande pubblico elvetico. Poi, però, proprio nel Natale della patria, Nikita Ducarroz è salita sul podio delle Olimpiadi di Tokyo per mettersi al collo una medaglia di bronzo. Certo, la ginevrina di madre statunitense figurava tra le principali favorite al titolo, ma la sua disciplina, la Bmx Freestyle, si affacciava per la prima volta sul palcoscenico dei Giochi, per cui è plausibile che in pochi avessero sentito parlare della 25enne nata a Nizza e cresciuta a Glen Ellen, in California. La sua è stata la medaglia numero 11 di una spedizione rossocrociata tornata a casa con un bottino (13) molto più cospicuo di quanto preventivato. Nelle scorse settimane, Nikita Ducarroz ha fatto tappa in Ticino, in occasione dei campionati svizzeri (ovviamente dominati), organizzati nel nuovo Freestyle Park di Cadenazzo… «Una struttura molto bella – commenta la ginevrina –, si vede che a costruirla sono state persone con cognizione di causa. È un Park in linea con le esigenze di Coppa del mondo, con strutture molto ripide e che possono incutere timore. Per i principianti può risultare impegnativo, ma nel complesso è davvero un impianto di prima categoria. Sono contenta di aver preso parte a questi campionati svizzeri. La prima edizione si era svolta nel 2019 a Winterthur, mentre nel 2020 la pandemia ci aveva costretti a rimanere al palo. Spero che questi eventi si possano moltiplicare anche in Svizzera, in modo da dare una possibilità di crescita a tutto il movimento».

‘Il bronzo non ha mutato la mia passione’

La conquista di una medaglia olimpica è un avvenimento in grado di mutare radicalmente la vita di un atleta. L’attenzione mediatica, l’improvvisa notorietà a livello internazionale, i festeggiamenti ufficiali al momento del rientro in patria possono rappresentare fardelli non semplici da gestire per ragazzi e ragazze che fino a pochi giorni prima dividevano la loro vita unicamente tra casa e allenamento… «A dire il vero, non posso dire che la mia vita sia cambiata in modo radicale. Certo, la medaglia di bronzo mi ha aperto nuove porte, mi ha dato opportunità prima sconosciute anche al di fuori dell’attività sportiva, perché le Olimpiadi rappresentano un evento planetario al quale tutti prestano attenzione, un calderone all’interno del quale pure una disciplina poco conosciuta guadagna un prestigio pari a quello degli sport che vanno per la maggiore. Detto questo, ciò che il bronzo olimpico non ha cambiato sono la mia passione per questa disciplina e gli obiettivi futuri. Proseguo sulla mia strada e guardo avanti al prossimo traguardo, alla prossima competizione».

Per Nikita Ducarroz, dunque, non è una questione di pressione… «Lo ammetto, la prima settimana dopo il rientro da Tokyo è stata folle. Poi, però, sono partita alla volta della Germania per allenarmi e ho avuto la possibilità di isolarmi da tutto il trambusto post-Giochi. Sono trascorsi alcuni mesi e adesso la pressione non è molta, riesco a gestirla senza troppi problemi».

La Bmx non rappresenta una novità nell’ambito delle due ruote, nemmeno a livello olimpico. Riconosciuta dall’Uci nel 1996 e dal Cio nel 2003, la Bmx era stata presentata per la prima volta sul palcoscenico olimpico nell’edizione 2008 di Pechino. E se le competizioni sulle classiche piste Bmx hanno ottenuto considerevole attenzione da parte del pubblico, lo stesso non si può ancora dire per la specialità del freestyle che a Tokyo ha mosso i suoi primi passi olimpici… «La medaglia rappresenta molto a livello personale, un punto d’arrivo per tutti i sacrifici compiuti. Ma il palcoscenico olimpico vuol dire molto soprattutto per il nostro sport, perché la Bmx Freestyle è sempre stata una disciplina sconosciuta. A partire dal 1º agosto, anche in Svizzera ha iniziato a ottenere maggiore considerazione e il fatto di aver contribuito a questa crescita in quanto donna, ai miei occhi assume un’importanza ancora maggiore. Spero che quanto fatto possa aiutare il freestyle a farsi conoscere».

Non è però tutto oro quel che luccica… «Da un lato ritengo che il fatto di far parte della famiglia olimpica rappresenti un trampolino di lancio per la Bmx Freestyle; d’altro canto esiste il rischio che una crescita sproporzionata della disciplina la renda troppo “seria”. Da questo punto di vista, Swiss Cycling ha svolto un ottimo lavoro, riuscendo a costruire un ambiente spensierato, nel quale gli atleti continuano a divertirsi e ad aiutarsi a vicenda. In un contesto generale, però, mi immagino che le federazioni tornate da Tokyo con risultati importanti inizieranno a puntare molto su questa nuova disciplina, con progetti di sviluppo, in particolare a livello giovanile, e investimenti importanti. Da un lato, come detto, la popolarità è senza dubbio positiva per ampliare la base dei praticanti, dall’altra rischia però di omologare eccessivamente uno sport nato “libero”. Occorrerà trovare il giusto equilibrio».

La Bmx, un’ancora di salvezza

L’avvicinamento di Nikita Ducarroz al mondo della Bmx è avvenuto in maniera particolare e si lega in un certo modo a un tema molto discusso negli ultimi anni, quello del burnout psicologico denunciato da diversi atleti. Il caso dell’elvetica si colloca però su un piano diametralmente opposto a quelli, ad esempio, della tennista Naomi Osaka o della ginnasta Simone Biles, entrambe schiacciate dalla pressione: se per la giapponese e la statunitense a lungo andare lo sport si è rivelato essere una condanna e la causa del loro malessere psicologico, per Ducarroz è stato una liberazione… «Da bambina ho iniziato giocando a calcio, ma all’età di undici anni ho cominciato a soffrire di attacchi di panico che ero incapace di gestire e a causa dei quali non uscivo praticamente più da casa, tanto da essere costretta a seguire online i corsi scolastici. Poi, un giorno su YouTube mi sono imbattuta in un video di Bmx Freestyle e mi sono innamorata. Ho subito detto a mia mamma che quello era lo sport adatto a me e da quel momento in poi la mia vita è cambiata. Adoro il fatto che questo sia uno sport individuale, capace nel contempo di rappresentare un ambiente familiare, una sorta di comunità per tutti i praticanti. Per quanto mi riguarda, lo sport è stato un’ancora di salvezza da un buco nero difficile da capire per chi non lo ha mai dovuto affrontare. Non conosco nello specifico le situazioni di Osaka e Biles, ma posso capire come piccole cose, insignificanti per la maggior parte delle persone, possano rappresentare un ostacolo insormontabile per altre. Nello specifico dello sport, fama e successo non rappresentano la garanzia di una vita serena: anche gli sportivi hanno i loro alti e bassi, i loro momenti difficili e penso sia importante che la gente lo capisca».

Per cercare di aiutare altre persone in difficoltà, Nikita Ducarroz ha allestito un progetto di salute mentale denominato MindTricks… «L’idea è nata quando ho iniziato a postare su Instagram la verità e non le solite favole tipo “va tutto bene”. Ho cominciato a condividere storie dei miei momenti difficili, delle mie sfide. Red Bull, che con Swiss Cycling e la città di Ginevra sostiene la mia attività agonistica, è molto interessata anche a MindTricks e spero che in futuro possa sponsorizzare qualche progetto».

Molti sportivi hanno faticato a gestire mentalmente le conseguenze della pandemia e, in particolare, il periodo di lockdown… «A livello personale è andata piuttosto bene. Mi sono spostata dalla California a Holly Springs, nel Nord Carolina, in quanto a casa mia tutto era chiuso. Con un gruppo di atleti provenienti da diverse parti del mondo, avevamo a disposizione una struttura privata all’interno della quale ci siamo potuti allenare in santa pace. A quel punto le Olimpiadi 2020 erano già state rinviate di un anno, per cui abbiamo continuato a perfezionarci, in attesa di poter tornare alle competizioni. Da un lato è stato un periodo proficuo, in quanto mi sono potuta concentrare sugli allenamenti, senza lo stress dei viaggi, dall’altro l’impossibilità di gareggiare mi ha tolto tutti i termini di paragone, per cui non sapevo quale era il mio effettivo livello. A inizio giugno, in Francia, è stato possibile organizzare in fretta e furia i Mondiali. È stata la prima gara dal novembre 2019, l’unica messa sotto le ruote prima di volare in Giappone».

Nikita Ducarroz ha chiuso il 2021 con l’argento mondiale, il bronzo olimpico e l’oro (scontato) nazionale. Adesso è tempo di guardare avanti... «Ovviamente all’orizzonte vedo Parigi 2024, ormai non più tanto lontana. Prima di arrivarci spero sia possibile tornare a organizzare, a partire dal 2022, una Coppa del mondo degna di tale nome. L’obiettivo principale è comunque di continuare a progredire per rimanere sulla cresta dell’onda. E non sarà facile, perché all’orizzonte si profila una nuova generazione di ragazze dal potenziale molto elevato. Nei prossimi anni il livello della disciplina è destinato ad alzarsi in modo sensibile».

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