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‘Riaffiorano le emozioni di quel magico 21 luglio 1985’

Dano Halsall rivive il giorno in cui a Bellinzona divenne il primo nuotatore svizzero a stabilire un primato mondiale

Halsall e Ponti, incontro tra due generazioni vincenti (Ti-Press/Crinari)

Dano Halsall rivive il giorno in cui a Bellinzona divenne il primo nuotatore svizzero a stabilire un primato mondiale

8 giugno 2021
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Molteplici titoli di campione svizzero, medaglia d’argento ai mondiali di Madrid del 1986 sui 50 stile libero, la partecipazione a tre Giochi olimpici (Los Angeles, Seul, Barcellona), anche se lui preferisce aggiungere che sarebbero potuti essere cinque visto che «non partecipai a quelli di Mosca perché considerato troppo giovane e, prima di Atlanta nel 1996 ricominciai a nuotare ottenendo il tempo limite ma decisi di non partecipare», due medaglie olimpiche sfiorate di pochi centesimi. Dano Halsall, ginevrino classe 1963 è uno dei nuotatori rossocrociati più forti di sempre, dall’alto anche del record del mondo dei 50 stile libero in 22"52 stabilito a Bellinzona il 21 luglio 1985. Un primato che detenne per quasi sei mesi; il solo (insieme al sudafricano Peter Williams) a minare il dominio statunitense nella disciplina durato oltre 20 anni.

Padrino del Meeting del Castello del cinquantenario, il suo ritorno nella capitale è stato per molti un vero tuffo nel passato, tra chi tentava di verificare qualche gossip risalente a quell’epoca e a chi riportava alla memoria l’atmosfera del bagno pubblico di quel 21 luglio. Un salto indietro nel tempo pure per Dano stesso: «Ritornare a Bellinzona suscita in me naturalmente delle grandi emozioni; la piscina del Bagno pubblico ha poi questo immenso pregio di rimanere immutata nel corso degli anni. Soltanto arrivando dalla passerella ho avuto l’impressione che nulla fosse cambiato; ho scolpito nella mia testa un’immagine della piscina di quando ero un atleta e ritrovarla praticamente immutata ha amplificato in me quel grande senso di emozione che collego ai miei felici ricordi legati a Bellinzona».

Sono ancora in molti nella capitale a ricordare quel 21 luglio del 1985: il grande silenzio attorno alla vasca prima della partenza, l’acqua immobile e… la tua grande reazione sul blocchetto al via: «Quella del 21 luglio fu probabilmente la gara perfetta. Ricordo che faceva un grande caldo e alcune ore prima della competizione iniziai a concentrarmi sdraiato nel prato dietro la vasca, cercando in particolare di studiare il modo in cui lo starter fischiava le partenze ascoltandolo all’avvio di ogni gara. Notai una certa costanza nel suo modo di dare molto velocemente il via dopo il 'take your marks'. Ho cercato di sfruttare questa cosa a mio favore e infatti ricordo di aver reagito sul blocchetto in maniera molto più rapida degli altri. Ho spesso vinto le mie gare grazie a delle ottime partenze e sapevo che se non avessi sfruttato questo mi sarebbero forse mancati anche pochi centesimi e questo avrebbe significato non battere il record del mondo».

Un primato che non fu del tutto inatteso: «No, in effetti, ma finché non esce il tempo sul cronometro non si può mai sapere. In quell’anno però avevo una grande coscienza del mio potenziale. Ricordo che l’anno prima, a Los Angeles, raggiunsi il quinto posto nei 100 crawl, mancando il bronzo per soli nove centesimi: un momento in cui mi resi veramente conto del livello che avevo raggiunto. Al rientro raccontai in maniera molto spontanea ai giornalisti della Tribune de Genève che quale prossimo obiettivo avrei voluto battere il record del mondo. Meno di un anno dopo tutto questo era diventato realtà». Una giornata, questa, che ti ha cambiato la vita: «Certamente: da un giorno all’altro mi ritrovavo a essere il nuotatore più veloce del pianeta e di conseguenza divenni molto mediatizzato. Ricevetti inviti su inviti per interviste o trasmissioni».

Una mediatizzazione che ancora oggi molti giovani sono confrontati ad affrontare: «Al giorno d’oggi è praticamente impossibile sfuggire a determinate pressioni che vengono poste su di alcuni talenti che cominciano a ottenere risultati interessanti in campo sportivo. Televisioni, radio, giornali, social network: viviamo in un modo che si nutre di notizie. Non credo che molto sia cambiato rispetto ai miei tempi: i mezzi di comunicazione sono altri, ma già allora c’era molta attenzione rivolta agli sportivi di successo. Feci i primi Campionati europei a 18 anni e già si scriveva molto di me sui giornali. Inoltre ho ritrovato di recente in un cartone il primo articolo che mi è stato dedicato: avevo otto anni e dopo la vittoria su una gara di 25 metri la Tribune de Genève mi intervistò, paragonandomi ai migliori atleti svizzeri dell’epoca, Pano e Aris Caperonis. In fin dei conti è qualcosa con cui si debba convivere, senza farsi condizionare troppo».

La vostra è stata una delle generazioni di maggior successo del nuoto svizzero e, osservando i palmares delle competizioni internazionali, si ha l’impressione che il nuoto svizzero viva di grandi risultati portati da alcune generazioni, ma che non abbia la costanza di altre nazioni nel proporre sul lungo periodo delle squadre nazionali di successo. «È una cosa alla quale abbiamo avuto modo di riflettere. Ai miei tempi emergemmo, secondo noi, non tanto grazie a progetti federativi o societari, ma fu qualcosa di piuttosto 'spontaneo'. Questo nel senso che i buoni risultati di uno, motivavano l’altro, e viceversa. Io e Stefan Volery siamo sempre stati dipinti come due nemici, ma in realtà siamo sempre stati riconoscenti uno all’altro perché ci siamo spinti a ottenere i risultati che abbiamo ottenuto. Ai nostri tempi soltanto per essere il migliore del mio Paese significava doversi esprime su di altissimi livelli, in quanto l’atleta da battere era lui, di due anni più anziano e un nuotatore già affermato a livello internazionale». Quindi fu proprio la competizione interna a rendere la vostra una generazione di successo? «Credo proprio di sì. Sai, il successo di uno in fin dei conti mostra all’altro che ottenere un risultato è fattibile. Le medaglie e i piazzamenti di Etienne Dagon, Stefan Volery, Marie-Therese Armentero crearono attorno a noi una particolare atmosfera che donava a tutti una maggiore consapevolezza del fatto che il risultato fosse ottenibile. Ci tolse in un certo senso da quella sorta di 'complesso' che spesso attanaglia lo sport svizzero: quello che porta a dire 'siamo un piccolo Paese, quindi è giustificato avere delle piccole ambizioni'. Nello sport ho sempre ammirato figure come Muhammad Ali: un atleta consapevole e cosciente delle proprie abilità e delle proprie ambizioni e per questo, secondo me, vincente. Avere delle ambizioni non è sinonimo di arroganza, ma semplicemente di presa di coscienza del fatto che il risultato è alla portata di chiunque, non è certamente un passaporto a renderti sfavorito nei confronti di un altro. Quando uscì l’articolo che riportava il fatto che avrei voluto battere il record del mondo, ricordo la gente che mi diceva 'non c’è mai stati uno svizzero primatista mondiale, non c’è mai stato un campione del mondo svizzero'. Io mi ritrovavo a rispondere semplicemente 'e allora io sarò il primo', non per arroganza, ma perché sentivo di esserne capace. Ho due braccia, ho due gambe, mi alleno tanto e bene come gli altri; semplicemente non vedevo perché il passaporto dovesse sfavorirmi. E in fin dei conti, tornando alla domanda precedente, il fatto che in Svizzera ci siano state la mia generazione, quella di Flavia Rigamonti, Remo Lütolf, Karel Novy e l’attuale di Désplanches, Ugolkova, Mityukov, Mamié e Ponti dovrebbe mostrare che il successo nello sport è possibile e motivare gli altri a raggiungere questo livello d’élite. Questi risultati dovrebbero poi motivare anche le istituzioni, perché sono dell’idea che in questo Paese, nonostante sia uno dei più ricchi al mondo, si faccia ancora troppo poco per lo sport d’élite. In Svizzera si dà molta importanza allo sport di massa e ho l’impressione che lo sport d’élite venga un po’ messo da parte, dimenticandosi però che per motivare i giovani a praticare dello sport è necessario che questi abbiano degli esempi, dei modelli da seguire. Senza, l’attività sportiva diventa in fretta molto meno interessante».

Che opinione ti sei fatto, alla luce degli exploit ai recenti Campionati europei di Budapest, dello stato attuale della selezione rossocrociata? «Sono stati ottenuti dei risultati molto importanti. Credo sia la prima volta che la Svizzera vanti ben tre medagliati in un'unica manifestazione. Anche Noè Ponti è un atleta molto interessante: a soli 19 anni ha già ottenuto dei risultati straordinari; ha un potenziale enorme e una carriera davanti a sé che gli auguro sia piena di successi. Spero che anche loro, come fu il nostro caso, avranno un forte impatto sui giovani e che questo li spinga a praticare dello sport, così come spero che questi risultati spingano chi si occupa dello sport d’élite a investire ancora di più in questo potenziale».

Il Meeting

Giorgia Lutri e Matteo Salvatori firmano il Gran Premio Turrita

Il Meeting del Castello aveva deciso di celebrare il suo mezzo secolo di vita sotto gli occhi di Dano Halsall, omaggiando lui e il grande risultato ottenuto nel 1985 con una finale dei 50 stile libero 'all’australiana': tre round a eliminazione e una sfida finale a due per decretare il vincitore. Una prova che ha saputo animare il pubblico, dando all’intero Meeting, tra cori e canti, quell’aura di ritrovata normalità. Il Gran Premio Turrita (Superfinale 50 stile libero) è stato vinto da Giorgia Lutri (Team Insubrika) e Matteo Salvatori (Team Legnano Nuoto), che si sono imposti sui ticinesi Giulia Capuano (Num) e Christopher Cappelletti. È stata proprio la momò a risultare tra le mattatrici della due giorni con le sue cinque vittorie (50, 100 crawl; 50, 100 e 200 delfino). Nella gara regina dello stile libero ha pure fatto registrare un nuovo primato della manifestazione giovanile, con l’ottimo 58"90 che sostituisce il tempo nuotato dalla gallese Siwan Thomas-Howells nel 2011.

Da registrare anche l’ottimo rientro alle competizioni di Christopher Cappelletti, il quale ritornava dopo la pausa forzata dovuta al servizio militare: 23"94 e 26"09 i tempi che gli son bastati per risultare il più veloce nei 50 stile libero e nei 50 delfino. Tre medaglie d’oro sono andate al collo di Benjamin Pfeiffer (A-Club), che sta continuando nella sua grande crescita nel dorso: tripletta e ben due nuovi primati del Castello, nei 50 (26"20) e nei 100 (56"78), cancellando dall’albo il forte tedesco Thomas Winkler, che li deteneva entrambi dal 2003.

Un’illustre primato della gara è caduto per merito di Noè Ponti, che domenica nelle eliminatorie ha nuotato in 52"38 nelle eliminatorie dei 100 delfino, sbriciolando il record detenuto dall’italiano Matteo Rivolta, prima di imporsi in 52"54 nella finale del pomeriggio, risultata poi la migliore prestazione del campionato. Impegnato con gli ultimi esami della maturità liceale, si è concesso comunque un momento per passare a Bellinzona: giusto il tempo di scambiare qualche chiacchiera con Dano Halsall; qualche consiglio, un augurio e degli incoraggiamenti, da campione del passato a campione del presente e del futuro.