Sci freestyle

Marco e Nicole e quei conti con il destino da chiudere

I due ticinesi Tadé e Gasparini arrivano ai Mondiali al via lunedì ad Almaty (Kazakistan) da percorsi diversi, ma entrambi con voglia di rivincita

Due anni or sono, entrambi avevano dovuto guardare i Mondiali di Deer Valley alla televisione: Marco Tadé stava lottando per tornare quello di prima dopo il grave infortunio al ginocchio destro patito l'anno precedente, mentre per Nicole Gasparini la ferita era ancora freschissima, visto che il suo ginocchio sinistro aveva fatto crac poco prima della partenza per gli Stati Uniti. Oggi, entrambi sono in Kazakistan per prendere parte, ognuno con le proprie motivazioni e i propri obiettivi, alla rassegna iridata e chiudere i conti con il destino.

Marco Tadé

Il minimo che si possa dire, è che a Marco Tadé, le cose facili proprio non piacciono. Scherzi a parte, il 25enne di Tenero che già in passato non sempre è arrivato ai grandi appuntamenti nelle migliori condizioni – per non parlare di quando è stato costretto a saltarli a piedi pari, come nel caso della Olimpiadi del 2018 a Pyeongchang, sfumate a pochi giorni dalla partenza per la Corea a causa di un infortunio a un ginocchio –, si è involato per il Kazakistan con grandi aspettative, ma anche con delle costole doloranti.

«Purtroppo mi complico sempre la vita, stavolta provando un nuovo salto in allenamento a Deer Valley sono caduto e ho rotto la cartilagine delle costole – ci spiega il ticinese, che abbiamo sentito il giorno prima della partenza (mercoledì) per Almaty assieme alla compagna di squadra Nicole Gasparini –. Non è un tipo di infortunio sul quale si può intervenire, bisogna solo avere pazienza e infatti dopo i primi giorni molto doloranti la situazione è migliorata. Sento ancora dolore, ma è sopportabile e non mi impedisce di sciare. E poi ho ancora un po’ di tempo per recuperare, sabato cominceranno gli allenamenti e lunedì le gare, prima il moguls e il giorno dopo il dual».

Un imprevisto che non ha però scoraggiato più di tanto il freestyler di casa nostra, d’altronde come detto ormai abituato alle insidie nascoste tra le gobbe di uno sport tra i impegnativi per il corpo di un atleta, a maggior ragione se si cerca di spingersi sempre ai propri limiti per farsi posto tra l’élite mondiale… «È così, fa parte del gioco, si cade e ci si rialza. Anche questa è stata una caduta come tante altre, solo che mi sono fatto male. In realtà era un’evoluzione (un “doppio full”, ndr) che avevo già provato in passato e che avevamo deciso di riprendere quest’anno, visto che l’obiettivo di questa stagione, anche in previsione dei Mondiali, era riuscire a inserire un po’ più di difficoltà nei salti. A questo punto non penso che lo riproporrò in Kazakistan».

Dove l’obiettivo a questo punto sarà «un po’ quello di tutta la stagione, ossia riuscire a entrare tra i migliori dieci (nella prova individuale i migliori 18 delle qualificazioni accedono alla finale 1, seguita dalla finale 2 con i sei migliori, ndr), anche se dovrò vedere come riuscirò a gestire il dolore. Vedremo giorno per giorno come andrà».

Un giudizio non sempre facile da capire e accettare

Lunedì si comincerà dal moguls, per poi affrontare il giorno dopo la gara di dual (i migliori 32 dopo le qualificazioni si sfideranno in parallelo a partire dai 16esimi di finale), disciplina quest’ultima nella quale Tadé ha ottenuto i suoi migliori risultati, tra cui il bronzo alla rassegna iridata del 2017 in Sierra Nevada (oltre a due dei suoi tre podi in Coppa del mondo)... «Rispetto al 2017, purtroppo sono invecchiato. Scherzi a parte, da allora sono migliorato molto tecnicamente, sia nei salti sia nella sciata. Ho inoltre accumulato una discreta esperienza, questo sarà il mio quarto Mondiale e da questo punto di vista so come gestirlo. Per quel che riguarda la disciplina, non ho preferenze e penso sia un caso che i risultati migliori siano arrivati nel dual, anche se è vero che scendendo in parallelo il paragone tra due atleti è sotto gli occhi di tutti e quindi il margine di errore nel giudizio è più ristretto, si capisce subito chi è il più bravo. Purtroppo come tutti gli sport che prevedono dei giudici, capita che non sempre i punteggi rispecchino le sensazioni e le prestazioni, a me è capitato diverse volte di essermi sentito vittima di ingiustizie e anche un po’ di pregiudizi, ma anche questo fa parte del gioco».

Un gioco nel quale Marco Tadé è pronto a rituffarsi nonostante le incognite, compresa una pista sconosciuta… «Abbiamo corso già lo scorso anno in Kazakistan, ma hanno cambiato pendio e rifatto un po’ tutto, per cui si riparte da zero. In ogni caso ho parlato con Andrea (Rinaldi, ex tecnico della selezione rossocrociata e oggi direttore di gara della Fis per il freestle, ndr) e mi ha detto che è una di quelle piste preparate con la terra, per cui non sarà un tracciato molto diverso da quelli olimpici o di altri Mondiali. Da questo punto di vista sappiamo cosa aspettarci, poi bisognerà vedere come è stata preparata a livello di neve e in che condizioni meteorologiche correremo».

Nicole Gasparini

Con i Mondiali, Nicole Gasparini ha un conto in sospeso. Due anni fa, mentre si stava allenando in Colorado per la rassegna iridata di Deer Valley, la 23enne di Cadro si era gravemente infortunata ai legamenti del ginocchio sinistro. Dopo un’intera stagione persa, quest’anno il ritorno alle competizioni e la soddisfazione di un biglietto per Almaty. Anche in considerazione del periodo pandemico che stiamo vivendo, la ticinese non può certo aver già recuperato tutto il tempo perso, ma l’ultimo test pre-Mondiale, sulle nevi di Airolo, l’ha rincuorata… «Ero seconda dopo le qualificazioni, poi ho perso una posizione. Sono contenta, è un terzo posto che fa bene al morale».

Per Nicole Gasparini gli ultimi due anni sono stati molto difficili, segnati dagli alti e bassi della riabilitazione. Presentarsi al via dei Mondiali in Kazakistan rappresenta di per sè un successo, frutto del lavoro svolto per ritrovare la migliore condizione… «Lo ammetto, rientrare non è stato per nulla facile. In particolare nelle prime gare disputate ho faticato a trovare il ritmo. Il déclic è giunto a fine gennaio, quando mi trovavo negli Stati Uniti: le sensazioni sono migliorate, ho capito che stavo compiendo progressi e questo mi ha rinfrancata. Nell’ultima settimana ho proseguito il lavoro iniziato negli States e mi sento sempre meglio. Sono davvero felice dei progressi ottenuti».

Grazie alle moderne tecniche chirurgiche, l’aspetto medico dell'infortunio al ginocchio è stato regolato senza strascichi. Non si può dire la stessa cosa per quanto concerne il fattore mentale, soprattutto in una disciplina come il moguls nella quale le ginocchia vengono costantemente sovraccaricate… «In questi mesi mi sto rendendo conto di quanto sia difficile ritrovare nella testa l’indispensabile fiducia. Fisicamente sto bene, ho lavorato con intensità durante la riabilitazione, per cui non ho problemi particolari. Per quanto riguarda il mentale, invece, occorre tornare a crederci, ritrovare la fiducia in ogni movimento, in ogni fase del gesto tecnico. Mi sta aiutando molto il preparatore mentale perché è proprio a quel livello che devo compiere l’ultimo step. Arriverà il giorno in cui mi sentirò di nuovo completamente libera, ne sono certa, ma al momento devo armarmi di pazienza. È un percorso attraverso il quale è necessario passare e devo accettare che ci voglia il tempo necessario».

Una sorta di allenamento mentale… «Esatto, anche se le difficoltà maggiori nascono proprio durante gli allenamenti. In gara, di norma, non ci pensi, mentre quando non hai lo stress della competizione c’è maggiore tendenza a prendere in considerazioni alcuni aspetti come la pista ghiacciata, ripida o difficile che ti portano, magari in maniera inconsapevole, a tirare un po’ il freno. Ma se in allenamento non dai il 100%, di certo non lo potrai fare nemmeno in gara. In stagione sono andata incontro a numerosi alti e bassi. Mi rendo conto di progredire in maniera costante e questo mi dà grande fiducia, ma è ovvio che sto lavorando in proiezione del 2022».

La stagione è stata meno intensa rispetto alle consuetudini… «Avrei preferito avere a disposizione un numero maggiore di competizioni, in quanto mi avrebbe permesso di mantenere il ritmo. Invece, ci siamo ritrovate ad avere ampi buchi tra una prova e l’altra, ciò che ha comportato grattacapi non indifferenti nella gestione degli allenamenti. In tempi di pandemia, infatti, è più difficile organizzare spostamenti e a volte diventa arduo trovare stazioni invernali in grado di costruire una pista di moguls e metterla a disposizione per la preparazione degli atleti».

Quel ruolo di outsider di chi è già contento di esserci

Nicole Gasparini è partita alla volta di Almaty senza porre l’asticella troppo in alto… «Arrivo ai Mondiali da outsider. Ho disputato poche prove di Coppa del mondo e dalla mia non ho risultati eclatanti che mi possano permettere di puntare al podio. Per me è già una grande opportunità il fatto di poterci essere. Spero di riuscire a portare al traguardo le discese sulle quali sto lavorando in queste settimane e con le quali ho avuto un buon feeling. Per ora non voglio stare a pensare a quello che potrebbe essere il risultato finale».

Il pendio di Almaty è nuovo, nessuno lo conosce… «Per me potrebbe essere un vantaggio, potrebbe permettermi di chiudere almeno in parte il gap dovuto alla lunga assenza per infortunio».

Un tracciato inedito come lo sarà quello delle Olimpiadi 2022, vero obiettivo a medio termine per la 23enne ticinese… «Le Olimpiadi hanno quel qualcosa in più che nemmeno un Mondiale può darti. In Cina avremmo dovuto disputare i Campionati del mondo di quest’anno, poi spostati per ragioni di pandemia in Kazakistan, per cui tra un anno ci ritroveremo su un pendio che nessuno ha avuto modo di provare prima. È vero, in Cina si è già gareggiato in passato, ma in un altro resort, non in quello che ospiterà i Giochi».

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