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Rachele Botti, talento del triathlon: "Che bello fare fatica"

Non vede l'ora di gareggiare di più sulle distanze lunghe e l'anno prossimo debutterà nel circuito 'Pro'. Intervista alla ventenne ticinese.

Rachele Botti
(Sibylle Mazzoni)
5 dicembre 2020
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A Rachele piace fare fatica. Lo dice con una risata cristallina «ma sono seria», conscia che agli occhi dei più, può sembrare strana. «Tanti la vedono come me, ma altrettanti mi prendono per ‘matta’. Io ho questa passione, allo stesso modo in cui qualcuno l’ha per la musica».

Rachele Botti ha vent’anni e ama il triathlon, in cui si va profilando come nome da tenere d’occhio. Da junior è stata al via in gare “sprint” (750 m nuoto, 20 km bicicletta, 5 km corsa) e “olimpiche” (1,5 km nuoto, 40 km bicicletta, 10 km corsa) internazionali e svizzere; laureandosi anche campionessa mondiale agegroup 18-19 su distanza olimpica. Nel 2020 è passata alla categoria U23 in cui, oltre i Campionati svizzeri (3° posto) e una competizione a squadre in Francia, non ha corso per mancanza di competizioni causa pandemia.

Per la giovane di Canobbio – che porta i colori del KeForma Performance Team di Lumino ed è tesserata per l’A-Club Swimming Team Savosa – quest’anno è arrivato l’atteso momento con le distanze più lunghe, che dice preferire. In Francia ha partecipato al primo “Ironman 70.3” (o ‘mezzo ironman’: 1,9 km nuoto, 90 km bicicletta, mezza maratona corsa), nel quale si è classificata prima agegroup e, grazie al distacco dalle prime professioniste, ha potuto di chiedere la licenza Pro nel circuito.

Sebbene il 2020 sia stato povero di competizioni, Rachele ne traccia un bilancio positivo. «L’“Ironman” mi ha dato tanta soddisfazione e ha ripagato il grande impegno messo in atto dal novembre 2019. Sono contenta, perché si è vista una progressione anche in allenamento e, benché la preparazione sia diversa dalla gara, è uno stimolo. Inoltre la prospettiva di gareggiare nelle categorie professionisti, è un’ulteriore spinta motivazionale».

Dall’inizio della pandemia – racconta – non è stato semplice gestire le emozioni che sorgono in un momento simile, complicato per tutti. «Penso però di aver avuto la possibilità di cercare di capirmi un po’ meglio. Questa situazione ha accentuato le emozioni e a me è parso di sentirle di più. Io le vivo decisamente tanto – sorride –. Che siano positive o negative. Ad esempio ho terminato l’Ironman 70.3 in lacrime, perché era da tanto tempo che lo volevo correre e la gioia era enorme. E di solito sono agitata prima di una gara, ma per me è positivo perché è ciò che mi fa stare pronta a dare tutto: è un’energia supplementare».

Durante il lockdown è riuscita comunque a non interrompere la preparazione, coordinata dal suo allenatore principale Nicolas Beyeler: al nuoto, viste le piscine chiuse, ha sostituito esercizi di forza e addominali «collegandomi al telefono con il coach che mi segue per la parte in acqua; ho pedalato indoor, per evitare ogni rischio di infortunio e non sovraccaricare ospedali già sotto pressione; ho corso in montagna, approfittando della casa in montagna dei miei nonni, in una zona senza rischi e dove non incontravo nessuno. Con me c’erano anche i miei fratelli, sportivi pure loro: ci siamo motivati a vicenda e ciò è stato d’aiuto. È vero che mancavano obiettivi precisi, però io non ho mai perso la speranza che una gara ci sarebbe stata, quindi volevo farmi trovare pronta». 

Gli obiettivi devono essere reali, ma si sogna in grande

Era in terza o quarta elementare quando iniziò. Una scelta non comune a quella età. «Prima avevo praticato un anno di nuoto, ma quando ho provato il triathlon, non ho più smesso. Mi aveva catturato subito perché è variato, inoltre le tre discipline mi permettono di stare nella natura. Anche il nuoto lo preferisco nel lago, piuttosto che in piscina: del lago amo il silenzio e il fatto che non abbia limiti; quando esco, mi sento avvolta da un senso di pace». Del triathlon, le piace che non sia uno sprint, bensì uno sport di resistenza. «Le gare durano almeno un’ora o più, a dipendenza della distanza. Ciò permette di gestire lo sforzo, perché non si tratta di buttar fuori tutto in un attimo. Per questo bisogna imparare a conoscersi. Poi a dipendenza del tipo di gara, si è soli contro il tempo (ad esempio nel mezzo Ironman, in cui non è consentita la scia); oppure, come nelle gare corte in cui stare in gruppo è permesso, occorre imparare ad adeguarsi alle situazioni e non unicamente gareggiare in base a sé stessi». 

Difficile spiegare – risponde ridendo, dopo averci pensato a lungo – cosa questo sport le abbia fatto capire di sé stessa. «In fondo lo pratico da talmente tanti anni, che non riesco a vedere una Rachele prima del triathlon e una dopo. Probabilmente – azzarda, dopo un’altra riflessione – certi aspetti mi sono entrati dentro forse un po’ inconsapevolmente. Di certo ho imparato la disciplina, la costanza e la determinazione. Poiché nessuno me l’ha mai imposto e sono io che ho piacere di praticarlo, sono sempre io che mi dico che voglio fare tutto quanto mi è possibile, al fine di riuscire al meglio».

Da quest’anno, in accordo e con l’appoggio dei genitori, ha scelto di mettere momentaneamente da parte la scuola, per concentrarsi sullo sport. «A me piace studiare e continuo a ritenere importante avere una formazione; ma terminato il liceo, per me non era più possibile fare triathlon al livello che desideravo, proseguendo una formazione tanto impegnativa quanto gli allenamenti», che oggi le prendono (nelle settimane di carico) quattro, cinque ore ogni giorno. Con la determinazione che traspare dalla sua voce, Rachele indica nel maturare esperienza l’obiettivo principale per il 2021, quando debutterà nella categoria maggiore del circuito. «In particolare sulla media distanza che – sorride – è quella che preferisco. Vorrei spostarmi sulle distanze più lunghe, ma è un percorso da fare passo dopo passo». In termini di prestazioni, non per forza solo dei risultati, lo scopo è, «come ogni anno, migliorare in tutte e tre le discipline. Probabilmente quella su cui sento di avere più da lavorare è il nuoto, ma non ne ho una preferita in assoluto».

Disciplina e determinazione non impediscono di conservare qualche sogno nel cassetto. Lei confida di averne sempre avuti diversi «e uno è di sicuro continuare a gareggiare in questa categoria, poter arrivare alle competizioni più importanti, Europei e Mondiali sulla lunga distanza e raggiungere ottimi risultati», nel suo sorriso la consapevolezza che non è poco. «Però beh, se un obiettivo che ci si pone dev’essere reale, un sogno dev’essere grande».

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