OLIMPIADI

Le lacune antidoping ai Giochi in Corea

'Gravi vulnerabilità e disattenzioni', denunciano la tivù Ard e il portale Republik. E un medico conferma: 'Riflette ciò che abbiamo visto a Pyeongchang'

7 ottobre 2018
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Ci sarebbero falle sospette nel meccanismo dell’antidoping ai Giochi olimpici di Pyeongchang. Stando a un’inchiesta della tivù pubblica tedesca Ard e della rivista online elvetica ‘Republik’, nell’organizzazione dei controlli ci sarebbero state «gravi vulnerabilità e disattenzioni». Questo, almeno, è quanto suggeriscono alcune immagini ritratte da un supervisore in uno dei centri di controllo. In cui si vede lo stesso impiegato aggirarsi indisturbato all’interno della stanza a spulciare tra i documenti, se non persino a rovistare nel frigorifero in cui sono immagazzinati i campioni raccolti. E non si tratterebbe di un caso isolato. Tanto che il medico Lukas Weisskopf dopo aver visionato le foto pubblicate sul sito di ‘Republik’ ha dichiarato che «simili scene riflettono ciò che io e i miei colleghi abbiamo visto a Pyeongchang». Nonostante ciò, una delegazione di osservatori indipendenti dell’Agenzia mondiale antidoping aveva giudicato «globalmente soddisfacenti» i controlli antidoping in Corea, pur sottolineando alcune mancanze.
In totale sono stati quattro gli atleti beccati con le mani nel sacco ai Giochi, ovvero il giapponese Kei Saito (short track), lo sloveno Ziga Jeglic (hockey) e i russi Alexander Kruschelnizki (curling) e Nadeshda Sergeyeva (bob).

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