Guy Parmelin, ottimista ma prudente

Il tema centrale sono gli imminenti Giochi olimpici, ma sullo sfondo si staglia la votazione popolare sulla candidatura svizzera all’organizzazione delle Olimpiadi invernali del 2026. Il dossier Sion, per intenderci. Ne parla il consigliere federale Guy Parmelin, il quale alla rassegna coreana prenderà parte di persona, dal 21 al 26 febbraio. A proposito della spinta che eventuali successi rossocrociati ai Giochi potrebbero dare alla candidatura vallesana, Parmelin si è così espresso:«I risultati aiutano, e possono motivare e ispirare le generazioni a venire. Il dossier di Sion è un ottimo progetto, con minimi rischi d’ordine finanziario. È vincolato a disposizioni chiare che giungono dalla Confederazione, per esempio, sul piano della sostenibilità, e su quello della “durata” dello stesso (utilizzo futuro delle strutture create, riconversione degli impianti, ndr)».

L'iter politico, però è lungo. Così come il cammino da affrontare. Uno degli snodi cruciali sarà convincere il Parlamento. «Il Consiglio federale è pronto a ribadire al Comitato olimpico internazionale (Cio) che lo sostiene fino in fondo. Sono ottimista circa le votazioni che si terranno dapprima in Vallese, poi alle Camere. È necessario che tutti scendano in campo, dagli sportivi al popolo. In Svizzera il popolo ha una visione un po’ controversa dei grandi appuntamenti. Da una parte viene chiesto alla politica di sostenerli, e di farsene carico. D’altro canto, però, si trovano sempre mille motivi per dire “no”. Se la Svizzera, uno dei paesi più ricchi del mondo, non è in grado di assumersi il rischio di ospitare una rassegna come i Giochi olimpici, allora nessun’altra nazione lo può fare. La votazione in Vallese è cruciale, senza un “sì” tutto si blocca. I tempi, però, sono stretti. La candidatura va depositata al Cio entro l'11 gennaio 2019. Se non rispettiamo questi termini, possiamo anche archiviare il progetto. 'Sion 2026' è un dossier molto emozionale, sta a noi rispondere alle domande di coloro che avanzano ancora delle perplessità».

La Confederazione sostiene abbastanza lo sport d'élite?  Lo fa a tre livelli: gli investimenti nelle infrastrutture, il sostegno alle singole federazioni attraverso Swiss Olympic, e il programma “Gioventù& Sport”. Si parla di cifre sempre più importanti: per il 2020 sono previsti 115 milioni. A titolo di paragone, per il 2017 ne sono stati spesi 104, nel 2016 furono 96. Di queste cifre hanno beneficiato più di mezzo milione di giovani sportivi». La Confederazione fa abbastanza per gli sportivi d’élite? «Si può sempre fare di più. Tuttavia, se investiamo di più nello sport, dobbiamo risparmiare altrove. E non dobbiamo dimenticare che aumenterebbero anche le richieste da parte di altri ambiti. Quando si tratta di sbloccare dei finanziamenti a favore di infrastrutture sportive, le tradizionali barriere partitiche cadono, i colori della politica si mischiano. Nell’ambito del suo sostegno ai grandi eventi, la Confederazione ha deciso di sostenere finanziariamente tre importanti progetti, con una ventina di milioni di franchi: i Giochi olimpici della Gioventù di Losanna del 2020 (8 milioni), il Mondiale di hockey del 2019 a Zurigo e Losanna (500’000 franchi), e le Universiadi invernali del 2012 a Lucerna (13 milioni). A questi interventi si aggiunga anche un credito di 6 milioni di franchi per il palazzetto del ghiacco di Malley. Inoltre, Consiglio nazionale e Consiglio degli Stati hanno deciso di aumentare di 15 milioni la quota annuale versata alle federazioni per promuovere la formazione e lo sport d’élite. Si tratta sempre di trovare un equilibrio, da sempre molto delicato: in Svizzera siamo fieri dei nostri sportivi d’élite. Ma quando si tratta di sostenerli... è una storia diversa».