Racconto della settimana

Inciampi di nessun peso

24 ottobre 2015
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Maria Frizzi e Roberto Wieser si sedettero in soggiorno, mentre fuori le foglie cadevano nell'immobile aria autunnale.

Per tutta la lunghezza del salotto, tappezzato di carta color crema, correva una nicchia, illuminata da una pallida luce al neon, dentro la quale erano disposte delle sculture molto piccole, come Wieser le aveva viste solo nei musei archeologici. Davanti a ognuna era posato un cartellino che ne elencava il soggetto, la datazione, la provenienza.

- È una collezione di reperti della Namibia, che mi ha lasciato mio padre - disse la signora, notando che Wieser li ammirava con interesse.

- Era archeologo di formazione, anche se non esercitò mai perché dovette rilevare  e mandare avanti le cave di granito di mio nonno, qui in valle.

- È stato mio padre a darci il primo capitale per avviare l'ufficio più di venti anni fa, alla nascita di Cristina. Una sorta di regalo per me, figlia unica, che gli davo la prima nipotina. Davide stava preparando gli ultimi esami. Un regalo avvelenato, dico oggi, perché poi non ha più ripreso gli studi.

Come lei certamente sa, mio marito ha una relazione con la Raffi che è con lui sin dall'inizio, l'unica impiegata quando l'ufficio era formato da due stanzette sopra la COOP, in faccia alla Posta. Credevo che Cristina non ne sapesse nulla, ma non so come ne è venuta al corrente ed è quasi un mese che dorme fuori casa, dalla sua amica Anna Cresti. Tutto sta per crollare. Signor Wieser, ci aiuti per carità!

- Sto facendo tutto quello che posso, per le questioni finanziarie signora - e con un gesto di cui lui per primo fu sorpreso - si avvicinò a Maria Frizzi, le prese quelle mani stanche e le tenne un momento fra le sue.                                                                            

- Mi puoi dire, per Dio, cos'hanno quei Cresti che io non ho? Certo. Sono un bifolco, figlio di bifolchi. Uno che si svegliava prima dell'alba per andare a distribuire il pane fresco, con la bicicletta. Sono uno di campagna. E allora?

Davide Frizzi era furioso. Cristina, dopo settimane di assenza, era entrata in casa come un ciclone, solo per andare in camera a prendere il suo zainetto.

- Papà. Tu non vuoi capire! Ma non ti vedi? Non vedi come ti sei ridotto? Come hai distrutto la mamma? Non vedi le facce di quelli che vengono nel tuo ufficio con quei borsoni unti, le scarpe a punta e le pance strizzate in quelle camicie sudate?

L'uomo guardava la figlia incredulo. 

Il suo viso era molle, un tempo era stato vigoroso, volitivo. Ma ora la pelle era troppo floscia per stare attaccata alle ossa. Debordava sul mento e cascava come una tovaglia troppo grande i cui angoli toccano terra. Il labbro inferiore aveva una piega all'ingiù come se un filo sottile lo tirasse verso il basso.

- Lo sai cosa vuol dire essere onesti? - gridò la ragazza, puntandogli contro un dito minacciosa.

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