Impact Journalism

Quando spieghi ai potenti cos'è la realtà

Negli Stati Uniti un progetto si prefigge di far incontrare politici e persone di potere con la realtà della gente comune

Un gruppo di genitori a colloquio con con l'ex capo di 'Preschool Promise", un nuovo programma pensato per dare accesso all'asilo a famiglie dal reddito modesto (Foto: Cohear)
24 giugno 2019
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Quando Aiden Lenox ha partecipato l’anno scorso ad una riunione per parlare degli sforzi anti-bullismo nelle scuole pubbliche di Cincinnati, questo liceale al secondo anno si aspettava di parlare di We Dine Together. L’iniziativa nazionale promuove infatti in tutti gli Stati Uniti spazi inclusivi per il pranzo degli studenti, e Aiden ha aperto una sede locale.

Quello che Aiden non si aspettava era che un membro del consiglio delle scuole pubbliche di Cincinnati suggerisse di presentare il suo club in tutto il distretto. «È stato emozionante, e per me ha significato molto pensare che ci sono altre persone, specialmente tra le autorità, ispirate e interessate a condividere il programma con altre persone in altre scuole», racconta Aiden. Questo scambio di idee e collaborazione è esattamente ciò che Dani Isaacsohn aveva in mente quando ha fondato Cohear, il gruppo che ha organizzato la riunione. 

Cohear ha un obiettivo semplice: aiutare i politici a prendere decisioni migliori ascoltando i membri della loro comunità. «Queste iniziative stanno avvicinando la gente a persone in posizioni di potere –, dice Isaacsohn, che ha lavorato a diverse campagne politiche e nell’organizzazione della comunità –. Cambiando gli interlocutori si cambiano i contenuti che i responsabili delle decisioni devono ascoltare e affrontare».

Due anni fa, Isaacsohn ha ricevuto una sovvenzione dalla città di Cincinnati per avviare Cohear, originariamente chiamata Bridgeable. Da allora il gruppo, ora finanziato privatamente, ha ospitato decine di riunioni: tra i rifugiati e un membro del consiglio comunale, tra bambini afro-americani e l’assistente del capo della polizia. Il risultato è una rete di centinaia di “esperti del quotidiano”. 

«C’è esperienza e c’è molta abilità che si affina vivendo ogni giorno – commenta Isaacsohn –. Quello che Cohear sta cercando di fare è aiutare i decisori ad attingere e apprendere da questa esperienza».
Gli sforzi di Cohear fanno parte di una più ampia tendenza a coinvolgere la gente comune nella risoluzione dei problemi. L’approccio collaborativo di Cohear offre un antidoto ai discorsi spesso iperbolici e divisori che si riscontrano nelle conversazioni politiche di oggi.

Cincinnati, come molte altre comunità, è stata sommersa da tali divisioni negli ultimi anni. Diversi progetti di grandi dimensioni, tra cui un nuovo stadio di calcio e l’espansione ospedaliera, hanno suscitato molti dibattiti. Tali progetti sono spesso gestiti da organizzazioni private o para-governative i cui leader non sono eletti, quindi si riduce il ruolo che i residenti hanno nelle decisioni che influenzano la loro vita. È qui che interviene Cohear, dando alle parti apparentemente opposte la possibilità di colmare il divario. 
Parte di ciò che rende l’iniziativa unica sono le persone che partecipano alle sue riunioni. Secondo i dati raccolti alla fine di ogni conversazione, più del 60% dei partecipanti - la maggior parte dei quali sono donne - non era mai stato a un incontro prima d’ora, e quasi il 75% di loro sono persone di colore. Per Jennifer Foster, che ha una disabilità che complica i suoi spostamenti in autobus, è stato «incredibile» aiutare a definire una politica che è parte integrante della sua vita. «È stata una benedizione vedere ed essere ascoltati», commenta Foster. Lo scorso settembre ha partecipato a una riunione tra autisti di autobus disabili e funzionari dell’autorità locale di viabilità. 

Mike Moroski, membro del consiglio scolastico, inizialmente era scettico sulle affermazioni di Isaacsohn riguardo a conversazioni autentiche. Ma l’educatore è diventato rapidamente un sostenitore dell’iniziativa. Dopo le conversazioni sugli sforzi anti-bullismo, Cohear ha prodotto un rapporto dettagliato che sintetizzava numerosi risultati, quali il fatto che gli studenti volessero una maggiore mediazione riguardo al bullismo e più club come We Dine Together per crescere insieme. Moroski è rimasto scioccato: «Non è il primo posto dove vanno gli adulti – dice –. Gli adulti piuttosto rinunciano, invece noi possiamo permettere a questi giovani di non gestirsi da soli bensì di ottenere le competenze necessarie per affrontare i problemi e creare un sistema in cui diventa ovvio condividere e interpellare le persone giuste». 

Quasi 50 studenti, insegnanti, genitori e presidi hanno partecipato a queste riunioni. Alla domanda se volevano che gli sforzi continuassero, tutti hanno detto di sì. Moroski è entusiasta della sfida: «Come si crea una catena di comando che non solo è autentica, ma che ha risultati che i genitori e gli studenti possono vedere e che è significativa e influisce sul comportamento? È difficile. Stiamo cercando di migliorare e Dani ci ha aiutato». Il passo successivo è quello di ampliare queste riunioni per ottenere un cambiamento più ampio, racconta Isaacsohn. «Queste conversazioni sono una scintilla per cambiare, ma devi mantenere gli impegni, dare ossigeno a quella scintilla e trasformarla in una relazione reale e duratura».

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