Impact Journalism

Per dare diritti ai carcerati, là dove i carcerati non hanno diritti

Karen Tse
(Sébastien Agnetti)
25 giugno 2016
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Di Philippe Reichen, Tages Anzeiger, Svizzera

Nell'arena politica, Ginevra è piena di contrasti: mentre ai diplomatici delle Nazioni Unite non manca nulla, le organizzazioni non governative sono spesso in condizioni di ristrettezza economica. Le Ong non hanno semplicemente denaro da mettere da parte per uffici di grandi dimensioni in palazzi di vetro, dove i diplomatici amano andare per i loro convegni. “International Bridges to Justice” (Ibj) non fa eccezione. Con un budget annuale di soli 3-4 milioni di franchi, le risorse sono molto limitate e devono essere applicate in modo mirato. I suoi dipendenti, una dozzina in tutto, lavorano in uffici scuri e defilati, lontano dall’elegante quartiere delle Nazioni unite di Ginevra. I mobili sembrano aver visto giorni migliori e i dipendenti si trovano a usare i propri computer portatili. Sono abituati a fare a meno del lusso: sanno che vi sono cose più importanti nella vita di confortevoli sedie d’ufficio.

Karen Tse, è fondatrice dell’Ibj e ne è la guida. Nata in California nel 1964 da una famiglia cinese di immigranti di Hong Kong, quest'attivista per i diritti umani ha viaggiato in tutto il globo per la sua Omg per quasi due decenni. Ha la possibilità di visitare detenuti e di incontrare imputati che sono rimasti in custodia cautelare anche per anni senza che contro di loro sia stata formalizzata un’accusa. Parla con detenuti che sono stati torturati dalla polizia e, pur essendo innocenti, hanno confessato di tutto per di sfuggire alla violenza fisica; spesso incontra bambini accusati di crimini insignificanti dalle autorità giudiziarie e mandati in prigione. Lei stessa madre di due figli, racconta: «Per noi, avere a che fare con gli accusati non è questione di bene o male. Si tratta semplicemente dei principi dello Stato di diritto. Nessun bambino dovrebbe stare in prigione, la tortura dovrebbe essere abolita e ogni accusato dovrebbe avere diritto a indagini accurate, ed essere difeso da un avvocato anche se non può permettersi una consulenza legale».

Errore giudiziario imbarazzante

Con “International Bridges to Justice” Tse, che ha studiato sia Teologia che Legge, affronta i problemi sotto tutti gli aspetti: «Parliamo ad autorità governative della legge vigente nei loro paesi e incoraggiando la riforma, parliamo ai pubblici ministeri di processi penali equi, rendiamo i poliziotti consapevoli dei diritti umani, convinciamo avvocati disposti a patrocinare pro bono e informiamo le persone sotto giudizio sui loro diritti procedurali – evidenzia –. Quanto più in fretta qualcuno riesce a procurarsi un avvocato, tanto minore è il rischio di abusi giudiziari, sia per l’accusato che per le future generazioni».

Il carico di lavoro è enorme: Ibj stima che in tutto il mondo vi siano tre milioni di persone imprigionate che non sono mai state formalmente accusate dalle autorità giudiziarie. La Ong spesso sale agli onori della cronaca con casi come quello recente, nello Sri Lanka, in cui grazie a un avvocato ingaggiato da Ibj, le autorità giudiziarie del paese hanno dovuto rilasciare tre uomini accusati di omicidio. I tre erano stati arrestati nell’aprile del 2013, dopo che la polizia trovò un cadavere sfigurato, senza alcun indizio sul colpevole del delitto. Dato che era appena stata data notizia della scomparsa di un pescatore, la polizia ritenne che il corpo trovato fosse il suo, e arrestò tre sospetti della zona. Le cose si fecero imbarazzanti per la giustizia dello Sri Lanka quando l’avvocato ingaggiato da Ibj rintracciò il pescatore scomparso in Vietnam, lo convocò come testimone in patria e in questo modo dimostrò che i tre uomini non avevano nulla a che fare con l’omicidio. Se Ibj non fosse venuta in loro aiuto con un avvocato, quegli uomini innocenti sarebbero ancora in prigione.

Convincere con buoni argomentazioni

Per poter affrontare i problemi in modo mirato, la Ong ha ora uffici in sei paesi: Cina, Cambogia, India, Burundi, Zimbabwe e Rwanda. Qui, Tse convince avvocati sulla validità della causa e forma difensori penalisti ad aiutare gli accusati. Ibj coopera con 400 associazioni, università e altre Ong di tutto il mondo, che finora ha formato 22 mila avvocati a beneficio diretto di 30 mila persone. Inoltre, finanzia cosiddetti progetti “JusticeMakers” in quasi 40 paesi, che mirano a riformare i sistemi giudiziari locali.

Le azioni di “International Bridges to Justice” non sono comunque apprezzate ovunque. Quando gli Stati percepiscono un’interferenza negli affari interni, oppongono resistenza e monitorano da vicino le attività dell'organizzazione. Karen Tse monitora questi fenomeni a sua volta, insistendo però sul fatto che non è necessario giudicare i governi. Più utile è seguire il modello della politica estera svizzera, usando neutralità, imparzialità e “soft governance”. Al fine di riformare i sistemi giudiziari, l’Ong cerca di convincere i governi con buoni argomentazioni piuttosto che con pressioni politiche. «Cerchiamo di agire pragmaticamente, invece di innescare confronti », rileva Hilde Schwab, del consiglio direttivo dell’organizzazione.

Per mantenere uno scambio più intensivo e globale di conoscenza ed esperienza con avvocati, associazione di legali, ministeri della giustizia e JusticeMakers, l’organizzazione lavora a Ginevra per sviluppare un “Hub Internet di Giustizia”. Uno strumento su cui  Karen Tse ripone delle speranze: «Questa piattaforma Internet offre nuove soluzioni globali per un sistema di giustizia criminale realmente giusto».

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