La formica rossa

I ‘comunisti’ ticinesi tra Marx e Abatantuono

Il segretario politico Massimiliano Ay giustifica di nuovo la guerra russa, con argomenti che ricordano più Attila che i classici del marxismo

(YouTube)
8 giugno 2022
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"Viuuulenza!". I comunisti ticinesi giocherellano con le solite frasette da catechismo marxista-leninista – la caduta tendenziale del saggio di profitto, la lotta di classe, la contraddizione primaria – eppure il loro filosofo di riferimento viene dalla Daunia più che da Treviri. È Diego Abatantuono, quello di Attila: "A come atrocità, doppia T come terremoto e tragedia..." Non si spiega altrimenti il ciclostilato del compagno Ay, che su ‘Sinistra.ch’ illustra come la guerra sia inevitabile per l’affermazione del multipolarismo. Dopotutto la Russia deve rispondere al "colpo di Stato banderista" e se qualcuno non ci sta, beh, allora gli toccano le bombe: "L’uso della forza non è più un tabù e soprattutto non è più un monopolio degli Usa, dell’Ue e dei loro alleati". D’altronde "persino in Ticino abbiamo avuto una rivoluzione liberale-radicale a suon di cannonate", ci ricorda Ay dal suo Comintern, in cui le nebbie dell’ideologia sono talmente fitte che non si distingue più Monte Carasso dal Donbass. Chissà poi se i socialisti si decideranno a prendere le distanze da certe tribù. "Non sento una vocina stridula…".

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