L'editoriale

Pazienti pendolari. Chi ci guadagna

28 settembre 2017
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Chi deve operare l’anca o il cuore, come fa a sapere dove è il bisturi migliore? Si fida del consiglio del medico curante? Se lo manda a Zurigo o Losanna, forse ci guadagna qualcosa il medico? Meglio fidarsi del tam-tam di chi ci è passato? O cercare di sapere chi fa più interventi, ha più manualità e fa meno errori? Perché non scoprire dove ci sono meno decessi in sala operatoria? O puntare alla clinica dei vip, spesso a Zurigo, perché se ci vanno i ricchi ci sarà una buona medicina?! Anche restare in Ticino, vicino a casa, ha i suoi vantaggi: se ci sono complicazioni il medico curante è vicino.

Cerchiamo di metterci, per un momento, nella pelle di quei dieci pazienti che ogni giorno lasciano il Ticino per farsi assistere fuori cantone. Quattro di loro potrebbero anche curarsi qui. Si emigra in particolare per interventi ortopedici (anca, ginocchio, spalle), cardiologici, oncologici che sono perlopiù di routine, non certo casi complessi.
Spesso consigliati dal medico curante, i pazienti prendono il treno per Berna, Zurigo, Lucerna o San Gallo. Scelte legittime, ciascuno può curarsi dove vuole, eppure in Ticino c’è sovrabbondanza di offerta medica, dalla chirurgia alla cardiologia, solo nel Luganese ci sono tre Pronto soccorso (Civico, Italiano e Clinica Luganese).

Abbiamo cercato di capire il motivo di questi flussi di pazienti verso centri universitari elvetici. È un problema di qualità, di mentalità, di concorrenza? A guadagnarci è davvero il paziente?

Al riguardo, abbiamo qualche dubbio. La tela di fondo che alimenta questi flussi è una concorrenza ‘spietata’ per accaparrarsi pazienti. Il motivo è semplice: per interventi complessi ci vuole pratica, perché più si opera, meno si sbaglia. Per mantenere certe specializzazioni si deve dimostrare di avere i numeri. Dunque ospedali e cliniche d’oltre Gottardo hanno un certo interesse a drenare pazienti dal Ticino. Lo fanno grazie ad accordi con il privato e il pubblico. Lo fanno grazie a medici che visitano in Ticino i pazienti e poi li operano in strutture della Svizzera interna e lo fanno anche quando l’intervento potrebbe essere svolto in Ticino. Spesso quando il privato non può fare un intervento piuttosto che lasciarlo al pubblico, che è abilitato, lo invia a Nord.
Se questo trend dovesse crescere, verrà a mancare una certa casistica con il rischio (spiega il prof. Raffaele Rosso a pagina 3) che in Ticino resterà solo una chirurgia minore, tipo trattamento di appendicite e verruche, tanto per intenderci. (Che cosa impareranno poi gli studenti della nascente medical master school?).

Se da una parte un certo privato non sembra fare gioco di squadra, c’è da chiedersi come mai il pubblico non riesce più ad attirare in Ticino, salvo qualche eccezione, professionisti elvetici di un certo livello. Negli anni abbiamo assistito ad una continua e pesante emorragia di noti professionisti dal pubblico al privato. Assieme al primario spesso migravano anche i pazienti.

Un esempio è la chirurgia toracica segnata da una serie di partenze: dai primari Philippe Gertsch (nel 2008) ad André Dutly qualche anno fa, per ritrovarsi oggi con un primario a metà tempo e un ponte aperto con la clinica toracica dell’università di Zurigo per i casi complessi (e speriamo solo per quelli!). Ma queste competenze non potevano essere costruite in Ticino?

Una conferma infine viene sempre dal primario di chirurgia a Lugano: il professor Rosso dice che pochi giovani assistenti o capi clinica svizzeri scelgono il Ticino, mentre ogni settimana arrivano 6-7 domande di assistenti italian

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