L'editoriale

Un bis e i suoi perché

20 aprile 2015
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Due i dati salienti della lunga domenica elettorale, che ha messo a dura prova anche i maghi delle proiezioni della Rsi: la contesa fra Lega e Plr per la conquista del secondo seggio in governo, vinta a bocce ferme dal movimento di via Monte Boglia, e la sterzata a destra delle preferenze dell’elettorato. Iniziamo dalle elezioni da ‘lascia o raddoppia’ per il Plr, partito che cercava fortemente la rivincita e che, sul filo di lana, ha visto sfumare le speranze e non uscire dal suo cappello, accanto al rodato Christian Vitta, anche il volto del giovane Michele Bertini. Niente da fare: ancora una volta, seppur per qualche incollatura, senza Nano, senza SuperMarco e senza Udc, la Lega ce l’ha fatta. Dopo la doppietta Borradori-Gobbi del 2011, il movimento è quindi riuscito a difendere le due poltrone oggi di Gobbi e Zali, ex giudice che risulta persino il ministro più votato. Un novello Borradori, capace di calamitare una valanga di preferenziali. Quali le ragioni del bis? Ad aver fatto la differenza fra Plr (che è comunque avanzato rosicchiando posizioni di comune in comune tenendo tutti col fiato sospeso) e Lega (che ha perso meno del previsto) sono secondo noi due aspetti. Primo, la capacità del movimento di via Monte Boglia di proporsi sempre e ancora quale forza identitaria di riferimento, ovvero quale movimento capace di identificare e cavalcare le questioni emergenti legate al territorio, al binomio frontiera-lavoro, all’emergenza frontalieri, al traffico, alle tensioni sul filo Berna-Roma-Bruxelles e via dicendo. Questioni territoriali che vanno dritte al cuore (e alla pancia) degli elettori, grazie – e questo è il secondo elemento che fa di questo partito un unicum nazionale – alla macchina da guerra del ‘Mattino’. Un foglio che impone i contenuti all’agenda politica cantonale, ‘obbligando’ parte degli altri partiti a ballare al ritmo leghista. Un ritmo basato su messaggi profilati ed emotivi, di grande impatto comunicativo, anche – lo sappiamo, ma c’è chi si abitua – sotto la cintura. La buttiamo lì così: e se la lista Plr fosse stata un bob a tre? Vitta, Bertini e la ministra uscente e se il piano Marshall non fosse entrato in campagna solo al novantesimo? Ma il latte dell’aprile 2015 è ormai versato. La conferma della Lega in solitaria, se sommata al successo della Destra, è motivo di sofferenza anche per il Ps di Lurati e Bertoli che continua a registrare cali e, almeno a botta calda, sembra rassegnarsi al vento di destra che spira sul Ticino. Un vento che fa sì che chi si preoccupa per il proprio posto di lavoro non necessariamente guardi a sinistra. Passo del gambero anche per Ppd, che, pur avendo puntato su una lista forte con l’antagonista Regazzi, a conti fatti non è riuscito a entrare troppo in partita, rimanendo schiacciato come alle comunali di Lugano nella sfida fra Plr e Lega. Solo questo o anche questione di spazio vitale al solito centro? I partiti minori hanno seguito i destini dei cugini ‘grandi’. La Destra, col vento in poppa ride come la Lega, mentre i Verdi di Savoia, come il Ps, non possono sorridere. Si aspettavano di più, hanno avuto due briciole. Numeri questi che confermano il secondo dato della giornata, come scrivevamo, lo spostamento a destra delle preferenze dell’elettorato. Un segno dei tempi: tempi di crisi, disorientamento e (purtroppo) paura del futuro già presente. Oggi sapremo se, per fare una maggioranza capace di appoggiare le proposte del governo, in Gran Consiglio ci vorrà ancora l’intesa di ben tre partiti. Un fattore ‘matematico’ di instabilità e difficoltà per portare avanti progetti di un certo peso. E sapremo anche se il vento che spira forte a destra verrà confermato e forse anche rafforzato.

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