L'analisi

Il valzer di Kurz

1 ottobre 2019
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È vero ma non del tutto che l’estrema destra è crollata in Austria. E solo la fretta ha fatto scrivere che l’esito delle elezioni di domenica può essere “un buon segnale per l’Europa”. Perché i numeri, cioè i voti, contano, ma non dicono tutto. E se si guarda alle condizioni che hanno condotto al tracollo dell’Fpoe (la disonestà dell’ex segretario Heinz Christian Strache e consorte), e al discorso politico di chi ne ha maggiormente beneficiato, Sebastian Kurz, risulta più facile capire che l’aria non è poi tanto cambiata. Il giovanissimo ex e di nuovo prossimo cancelliere ha disinvoltamente fatto proprie le posizioni dell’estrema destra in tema di migrazioni e di conflittualità permanente con l’Unione europea, limitandosi ad attenuarne i toni e tenendo a distanza le più scoperte nostalgie neonaziste.

Che lo abbia fatto per opportunismo o per convinzione, non fa differenza: nell’epoca in cui il leader è il messaggio, è stato un successo. È a lui che il Partito popolare deve un risultato tanto perentorio, ed è ancora grazie a lui che una politica estremista è diventata argomento plausibile. Molto austriaco tutto ciò, benché sembri un luogo comune: buona creanza e subconscio di fantasmi crudeli.

Non che il discorso debba limitarsi a Vienna. La battaglia per l’egemonia culturale, nella quale si è investita l’estrema destra in tutta Europa, sta dando risultati lusinghieri anche altrove: si guardi alla Danimarca, dove il Partito socialista (il che è peggio) ha vinto le ultime elezioni legislative plagiando di fatto la vulgata nazionalista e xenofoba della destra estrema. O si pensi all’Italia, per due motivi: lì la coabitazione al governo di Movimento 5 Stelle e Lega ha prodotto la più indecente legislazione contro migranti e stranieri, e ha imposto ovunque il discorso piu xenofobo di Salvini; mentre, finita quell’esperienza di governo, lo stesso capo dell’esecutivo ha arruolato il Pd (di ispirazione politica teoricamente opposta) per formarne uno nuovo, senza un accenno di autocritica per il servaggio garantito all’estrema destra.

Kurz potrebbe essere tentato di fare lo stesso (e infatti si è scritto di “effetto-Conte”): con un giro di valzer liberarsi dell’Fpoe per assicurarsi l’appoggio dei Verdi tornati in parlamento, o addirittura – benché meno probabile – riproporre una Grosse Koalition con gli indeboliti socialdemocratici. Forza numerica e popolarità gli consentirebbero di evitare un’autocritica per le politiche prodotte nella legislatura passata e alla cultura che si è formata. Di fatto confermandole.

Qualcuno la chiama politica post-ideologica. Sarà, ma come questo possa essere un “buon segnale per l’Europa” resta da spiegare.

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