La posizione di Trump si aggrava, ma la strada verso l'impeachment resta tortuosa. E non è detto che premi i Democratici alle urne
Uno squallore del genere si vede di rado, in una conversazione fra capi di Stato. E non è neppure detto che la trascrizione parziale dica tutto: manca almeno mezza telefonata, e la Casa Bianca è già stata beccata più volte a truccare documenti ufficiali. Eppure resta improbabile che una procedura di impeachment possa travolgere Trump: se anche il tortuoso iter arrivasse sui banchi del Senato dominato dai Repubblicani, ci vorrebbe una maggioranza di due terzi per ‘condannarlo’. Difficile, a meno che nuove rivelazioni non fomentino una fronda interna al partito del Presidente.
I Democratici lo sanno, come sanno di non avere in mano pistole fumanti come quella del Watergate che stese Richard Nixon (il quale, giova ricordarlo, si dimise già prima che l’impeachment avesse inizio). Le loro intenzioni parrebbero altre: screditare il presidente per eroderne il consenso elettorale; fare pressione per evitare che le ingerenze straniere registrate nel 2016 si ripetano; e ricucire un partito mai così diviso, come dimostra il fatto che siano ancora 19 i candidati alle primarie. Una scommessa rischiosa, perché il tema della ‘colpevolezza’ di Trump rischia di monopolizzare il dibattito; e se le accuse dovessero rivelarsi un petardo bagnato, una rielezione del Presidente in carica sarebbe benedetta dal crisma della povera vittima.