L'analisi

Massacro in nome ‘dell’uomo bianco’

Il folle eccidio di Christchurch in Nuova Zelanda richiama alla mente quello analogo del Bataclan a Parigi. Due facce della stessa sanguinaria medaglia

Fiori sul luogo della strage (Keystone)
18 marzo 2019
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Se dovessi suggerire un’idea per una di quelle amare vignette satirico-politiche che dicono tutto, per il massacro anti-islamico in Nuova Zelanda suggerirei questa: lo stragista Brenton Tarrant che viene calorosamente complimentato da Abdeslam Salah, la mente ‘jihadista’ della carneficina al Bataclan di Parigi. Origini geografiche, storiche, culturali diverse. Ma due facce della stessa sanguinaria medaglia. Che nella pratica e nella dinamica criminale si alimentano vicendevolmente. In nome di un irrimediabile e comodo (per loro) scontro di civiltà. Per il fanatico combattente che pretende di guerreggiare in nome di Allah, il nemico è il bianco europeo, crociato, colonizzatore, corruttore del mondo arabo e delle sue imbelli élite. Inversamente, per il suprematista bianco il nemico è il musulmano, l’invasore che venne bloccato alle porte di Vienna e nella battaglia di Lepanto del 16esimo secolo; e che oggi rinnoverebbe il suo tentativo egemonico sull’Occidente con ‘l’invasione’ migratoria.

I nomi degli eroi di Lepanto (insieme a quelli di altri contemporanei massacratori nazi-razzisti) sono del resto vistosamente scritti sulle armi con cui Tarrant ha annientato la vita di 50 fedeli, bambini inclusi, nelle due moschee di Christchurch; cittadina scelta forse non per caso, visto che richiama la pratica cristiana, appunto minacciata, nella mente farneticante del killer, da due luoghi di culto maomettani. Sangue chiama sangue. C’è dunque da temere l’effetto emulativo. O quello vendicativo. Ma soprattutto c’è da temere ciò che in realtà è subito avvenuto. Bisogna pur dirlo. Anche alle nostre latitudini, a molti, a troppi, quei corpi crivellati sul pavimento della moschea possono sembrare corpi lontani. Quasi estranei. Diversi dalle vittime ‘nostre’ per mano ‘jihadista’. I nostri, i loro. Pietà a geometria variabile. Irrazionale. Disgustosa. Alimentata dall’aria che tira, dall’ottundersi dei principi-base della nostra convivenza democratica. Ci sono del resto leader che denunciano la più grave mattanza di musulmani nell’area occidentale, ma poi ne derubricano la pericolosità. Il Trump che parla di “piccoli gruppi”. O il Salvini che debutta affermando che “l’unico estremismo che deve essere attenzionato è quello islamico”. È l’unilateralismo ideologico che pretende di guardare solo una faccia della medaglia, proprio mentre ovunque si gonfiano intolleranza, razzismo, antisemitismo.

Il suprematista bianco, che in qualche misura sente certo non omologato ma almeno in parte sdoganato il suo delirio, vive in un grumo di risentimenti che “legittima ad aggredirti, a urlarti contro, a insultarti”. E a ucciderti. Come scrive Ezio Mauro in “L’uomo bianco”, che prende spunto dalla tentata strage di Luca Traini, neofascista (pentito) a Macerata. E il suo nome è fra quelli scritti sui caricatori di Brenton Tarrant.

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