L'analisi

L’omertà condanna la Chiesa cattolica

Troppo poco e troppo tardi. La consumata formula potrebbe sintetizzare l’esito di quattro giorni di lavori della conferenza su abusi sessuali e pedofilia

25 febbraio 2019
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Troppo poco e troppo tardi. La consumata formula potrebbe sintetizzare l’esito di quattro giorni di lavori della conferenza su abusi sessuali e pedofilia, un po’ eufemisticamente denominata ‘La Protezione dei Minori nella Chiesa’.

Trentacinque anni dopo il primo scandalo scoppiato in Canada, la Chiesa cattolica ha riunito 190 tra presidenti delle conferenze episcopali, e superiori di ordini religiosi per riflettere sugli errori e definire una strategia, che sarà poi riassunta in un vademecum destinato ai vescovi.

Papa Bergoglio, messo sotto pressione dalle associazioni delle vittime, ha voluto giocare la carta della trasparenza. Deve tuttavia fare i conti con tre questioni centrali. La prima è l’aperta ostilità delle correnti più conservatrici, che gli rimproverano più o meno apertamente l’orientamento politico e le aperture ideologiche, dalla Cina alla questione omosessuale. La seconda è la diffusa omertà, forse il male peggiore della Chiesa cattolica, con una gerarchia che si è spesso fatta complice dei preti pedofili.

Proprio sabato la giornalista messicana Valentina Alazraki, invitata quale relatrice, ha riesumato il maggior scandalo avvenuto nel suo Paese, quello che ha avuto quale protagonista Marcial Maciel, fondatore della ‘Legione di Cristo’, molto vicino a Papa Woytila, che ha abusato per anni di seminaristi e bimbi, tra cui anche i figli avuti da diverse donne.

A rincarare la dose sono giunte le rivelazioni, sconcertanti se non sconvolgenti per molti fedeli, fatte da una delle personalità più vicine a Papa Francesco, l’arcivescovo di Monaco di Baviera e membro del C9, il ristretto consiglio che con il Pontefice governa la Chiesa. In Germania ma anche altrove – ha denunciato Reinhard Marx – la Chiesa ha distrutto dossier sui preti pedofili, cancellando così ogni traccia di abusi. Un fatto di gravità estrema. Di fronte al quale ci si può chiedere, come fa il Washington Post, per quale ragione la Chiesa, nonostante le promesse di trasparenza, non voglia ancora oggi pubblicare nomi e numeri, statistiche relative ai reati di pedofilia.

Quanto è diffusa la pedofilia? “Sappiate che più nasconderete, più farete gli struzzi, più lo scandalo crescerà” ha ammonito la stessa Alazraki di fronte alla gerarchia ecclesiale.

Alcune informazioni, come quelle di Vatileaks del 2012 o quelle dell’ambasciatore del Vaticano all’Onu nel 2014 (che ha segnalato 3’420 casi in dieci anni), oltre ai ripetuti scandali (ultimo quello dell’arcivescovo emerito di Washington cardinale McCarrick) fanno facilmente capire che il male è estremamente diffuso.

La terza questione a cui il Papa deve inevitabilmente far fronte è quella dottrinale, che si trascina da tempo immemore, per certi versi da quando Paolo di Tarso, San Paolo, ha cominciato a evangelizzare i pagani, e che i vari concili, da quelli lateranensi del XII secolo fino al Concilio Vaticano II, hanno man mano definito. Riguarda in particolare il celibato dei preti e il sacerdozio delle donne, vero e proprio tabù.

“Non c’entrano con gli abusi ai minori”, ha esclamato padre Federico Lombardi, moderatore del summit. Come dire “non si cambia”, anche se le ragioni dottrinali sono tutto fuorché convincenti. Il no categorico a ogni cambiamento, ufficializzato con particolare forza nel 1994 da Giovanni Paolo II, non è stato mai messo in discussione dalla gerarchia ecclesiale. Ma il dissenso tra i credenti cresce così come il loro scollamento da una Chiesa giunta a un vero e proprio punto di svolta storico. 

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