L'analisi

Profughi in porto, morale alla deriva

Alla fiera del cinismo, dicono i critici, Matteo Salvini non sembra aver rivali, alla fiera dell’ipocrisia a contendersi il proscenio sono comunque in molti

(Keystone)
18 giugno 2018
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Alla fiera del cinismo, dicono i critici, Matteo Salvini non sembra aver rivali, alla fiera dell’ipocrisia a contendersi il proscenio sono comunque in molti. Il ministro degli Interni italiano, secondo l’espressione dell’ex premier Renzi, «fa il bullo sulla pelle di 629 disperati». Esternando un’inquietante baldanza e una malcelata fierezza.

L’odissea della nave Aquarius attraccata ieri a Valencia con il suo carico di migranti, è emblematica della deriva morale e dello sfaldamento delle istituzioni sovranazionali. Il nuovo governo italiano non si è fatto scrupoli nel violare il diritto internazionale, nel caso specifico la Convenzione Onu sul diritto del mare (1982). Emmanuel Macron ha alzato la voce per stigmatizzare l’atteggiamento del governo italiano. Eppure la Francia, patria dei diritti umani, non è certamente esemplare nella gestione della questione profughi: non rispettando l’accordo sul ricollocamento dei migranti, respingendoli spesso con brutalità, chiudendo le frontiere, ha contribuito a lasciare gran parte del carico proprio a quell’Italia contro cui punta il dito.

“Quand je me regarde je me désole, quand je me compare je me console”: il celebre detto del camaleonte Talleyrand si adatta molto bene ai governi occidentali, che nel paragone con quelli orientali trarrebbero motivo di consolazione: inarrivabili sul podio degli egoismi e della mancata solidarietà sono in effetti i Paesi dell’Est, quelli del gruppo di Visegrad: Polonia, Cechia, Slovacchia, Ungheria. Proprio gli stessi di cui decine di migliaia di famiglie hanno trovato rifugio in Occidente durante la guerra fredda. Budapest o Praga di ricollocamenti dall’Italia ne hanno accettati… 0, in chiara violazione degli accordi Ue.

Incoerente ma ideologicamente significativo lo schieramento di Roma proprio a fianco… dei Paesi di Visegrad. Vittima degli egoismi nazionali e di un’Ue disunita, l’Italia ha comunque una delle percentuali più basse in assoluto di rifugiati, la metà rispetto alla Francia, un quarto rispetto alla Svizzera, un decimo se il paragone viene fatto con la Svezia.

Ma la realtà fattuale, quando non fa il gioco della propaganda, viene sottaciuta. In epoca di fake news i dati contano poco. Come quelli che riguardano il numero degli sbarchi: -75% in un anno, un crollo vero e proprio, verosimilmente per effetto dell’accordo raggiunto lo scorso anno tra il ministro italiano Minniti e le milizie libiche. Il calo dell’afflusso non significa che i problemi vadano sottaciuti: la chiusura delle frontiere all’interno dello spazio Schengen fa sì che sia aumentato sensibilmente il numero dei richiedenti asilo accolti nelle strutture di accoglienza italiane. Ed è pure probabile che le buone intenzioni delle Ong che pattugliano il Mediterraneo meridionale favoriscano involontariamente a volte il traffico di esseri umani. Il neoministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi in un’intervista anticipa la proposta che porterà al Consiglio europeo del 28 giugno: in sostanza esternalizzare in Africa e Medio Oriente gli hotspot di accoglienza. Proposta che appare difficilmente applicabile.

In realtà nessuno detiene la ricetta magica, e l’Ue è chiamata fra una decina di giorni a una delle sfide più complesse. È tuttavia indubbio che senza il rispetto da parte degli Stati delle regole stabilite, a repentaglio non vi sarà solo la politica migratoria coerente, ma la natura stessa e l’esistenza di un’istituzione nata sulle fondamenta della democrazia e dello Stato di diritto. 

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