L'analisi

Eine deutsche Alternative

25 settembre 2017
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L’alternativa ha seppellito l’alternanza. L’esito delle elezioni legislative tedesche pare la conferma che la mutazione avvenuta nella società tedesca è di portata tale da scardinare il “sistema” su cui poggiavano sino a ieri le istituzioni della Bundesrepublik. In altre parole: lo straordinario risultato dell’estrema destra di Alternative für Deutschland, opposto al calo della Cdu/Csu di Angela Merkel e al tracollo della Spd, pare aver definitivamente seppellito l’alternanza di governi a guida democristiana o socialdemocratica che andava avanti dal dopoguerra (ultimamente degradata in Grosse Koalition).

Rinviando un’analisi più approfondita dello scrutinio, e ancora prima che inizino le trattative per la costituzione di una maggioranza (presumibilmente lunghe e laboriose) qualcosa si può già dire sulle sue conseguenze più significative. Una è che Merkel, con il quarto mandato, si è guadagnata un posto nella Storia, ma quello alla testa di un governo le costerà fatica immane e senza garanzie di mantenerlo per quattro anni. Prospettiva che potremmo osservare con distacco, se lei non fosse ancora la figura politica imprescindibile per tutta l’Europa, e la Germania il paese che ne determina le sorti.
Se l’opinone più diffusa sovrapponeva infatti l’immagine di Merkel a quella della stabilità così cara ai tedeschi, il suo ridimensionamento, accompagnato dall’exploit di Afd, indica che una parte importante degli stessi tedeschi è disposta a dare credito a figure che propagano temi e discorsi dai quali la Storia inviterebbe a stare alla larga.

Ed è un problema. Se non si possono inchiodare le nazioni al retaggio di un passato non del tutto risolto, è vero che anche su un rivendicato revisionismo e nostalgie equivoche si è formato il consenso andato a Afd. I tagliati fuori (o, peggio, le vittime) della ‘ripresa’, il risentimento degli “Ossi”, i migranti: tutto quanto si vuole, ma non si può tacere l’humus ideologico preciso su cui l’Alternative ha seminato le proprie “convincenti” parole.
Il prepotente insediamento dell’estrema destra in uno dei parlamenti più importanti d’Europa non è infine meramente speculare allo sgretolamento della sinistra, ma qualcosa in più. È: uno, la conferma che sottrarre “ragioni” alla sinistra (per responsabilità gravissime di essa stessa) è persino più facile che rubarle i voti. Due, che una destra “moderata” regge finché le cose “vanno bene”. Peggiorando queste, il suo elettorato non si fa scrupoli nel rivolgersi “un po’ più in là”. Non inseguirli in quella direzione è responsabilità della prossima destra al governo. Progettare un’alternativa è compito di tutti gli altri, se ne restano.

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