L'analisi

Il ‘reality show’ del presidente

(Evan Vucci)
3 agosto 2017
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Trasformato lo studio ovale in un nuovo set di ‘The Apprentice’ – il reality televisivo che negli Stati Uniti lo ha reso celebre, più della sua controversa carriera di tycoon –, Donald Trump continua con il suo famoso ‘You are fired’, sei licenziato, con cui liquidava i concorrenti da lui ritenuti incapaci. Per quanto scadente e per nulla piacevole o istruttivo, quello era un semplice gioco tv. Mentre nella stanza più celebre del potere americano (e mondiale?) gli ‘apprentices’ bruscamente congedati diventano la cartina di tornasole di un caos politico imprevedibile persino dai più pessimisti osservatori della scena statunitense e delle capacità di governo e leadership del quarantacinquesimo presidente. Non è un grande spettacolo, e preoccupa più che divertire.

Sono già sei i ministri o consiglieri già silurati dal ‘licenziatore seriale’ in una manciata di mesi. Che ora concentra i suoi attacchi e i suoi velenosi tweet su Jeff Sessions, ministro della Giustizia ritenuto un mollaccione se non un vero e proprio traditore, ma in realtà bersaglio dello spregio presidenziale perché troppo rispettoso, nella vicenda del Russiagate, della separazione dei poteri e dell'indipendenza della magistratura.

Tutta colpa di un establishment e di un’élite che non si rassegna alla perdita della Casa Bianca, continuano stucchevolmente a ripetere i supporter anche europei, e anche nostrani, di chi assegnava a ‘The Don’ la ‘lucida’ missione di distruggere il sistema affidandone l’incarico a chi quel sistema lo ha costruito e alimentato, corroborati da un gruppo di generali (mai stati così tanti in un’amministrazione americana) che in realtà hanno finora imposto la loro volontà al loro bizzarro e ondivago ‘commander in chief’.

Siccome così tante divise non bastavano, ecco l’arrivo come nuovo capo dello staff presidenziale di un altro alto ufficiale, quel John Kelly non proprio brillantissimo nella conduzione della guerra irachena, a cui il presidente più ‘indisciplinato’, capriccioso e incompetente della storia chiede ora di portare un po’ di ordine fra le rivalità e i rancori di questi ‘circo Barnum’. Ma la nomina di un uomo considerato serio e rigoroso andava pur compensata, nella logica del ‘reality show’ permanente, da quella di un colorito personaggio che qualcuno ha già definito come un incrocio fra “giullare di corte e sicario”: Anthony Scaramucci, un altro uomo proveniente da Wall Street, più noto per la sua minacciosa e volgare fedeltà a Trump, noto per aver massacrato sui social tutti quelli che il suo capo ha poi liquidato, e responsabile-lampo (è durato lo spazio di una decina di giorni, ndr) della comunicazione.

Così gira la giostra trumpiana. Che non ha ancora prodotto una legge decente, procede sempre e senza gran fortuna nell’ossessiva idea di distruggere quanto realizzato dal suo predecessore (dall’Obamacare alle leggi sul clima), altalenante nel condurre la “madre di tutte le battaglie” contro la mondializzazione, e che persino dopo la strombazzata e ritrovata amicizia con Putin vede l’ennesima giravolta di un Trump costretto ad accettare ulteriori sanzioni economiche contro la Russia, a cui potrebbe invece opporsi con un minimo di coerenza. Hai detto coerenza?

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