L'analisi

Uno tsunami di nome Macron

12 giugno 2017
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‘Raz-de-marée’, maremoto: Macron sbanca, come previsto, cancellando con un colpo di spugna il retaggio non solo della Quinta repubblica, ma dell’intera storia della politica francese moderna, basato sul confronto destra-sinistra. Il successo netto in voti (32%) del suo ‘La République en Marche’ (Rem), ingigantito dal sistema maggioritario, dovrebbe consegnargli al secondo turno, fra una settimana, una chiara maggioranza assoluta dei seggi: addirittura più di 400 su 577, stando alle proiezioni.

Vittoria storica e rivoluzione politica, con un centro a cui viene affidato il mandato di governare il Paese. Destra e sinistra escono con le ossa rotte dalla consultazione. Il Partito socialista scende sotto il 10% e passerà fra una settimana dagli attuali 280 seggi a un massimo di 30. La destra tradizionale (Lr, Les Républicains) fa un po’ meglio, ma pur limitando i danni, con un quinto dei consensi, fa un flop storico: dopo il fallimento della controversa candidatura di François Fillon alle presidenziali di un mese fa, diversi tenori, tra cui l’attuale detentore del portafoglio cruciale dell’economia Bruno Le Maire, sono saliti sul carro del vincitore, minando così le fondamenta e la leadership del partito. Va oltre il previsto lo scacco dell’estrema destra del Fronte Nazionale che con un massimo previsto di 10 seggi non sarà neppure in grado di costituire un gruppo parlamentare. Polverizzata nel dibattito presidenziale da Emmanuel Macron, Marine Le Pen non si è mai rimessa da quell’umiliazione che ha pesantemente intaccato la sua credibilità: sarà verosimilmente eletta nella sua circoscrizione del Pas-de-Calais, ma il suo movimento è ormai sprofondato in una crisi che ne rimette in discussione gli orientamenti politici, in particolare le sue posizione anti-europeiste.

Neppure il tribuno della sinistra radicale Jan-Luc Mélenchon è riuscito a far meglio: la sua France Insoumise dovrà accontentarsi di una ventina di seggi al massimo. Il ‘raz-de-marée’, dicono gli analisti, è in buona parte legato al ‘ras-le-bol’, l’esasperazione nei confronti della politica tradizionale come indica chiaramente anche il tasso storico di astensione: un francese su due ha disertato le urne. Per trovare precedenti a quanto successo ieri bisogna risalire al 1958 quando un certo Charles De Gaulle scombussolò il panorama politico, disintegrando sulla destra il partito democristiano (Mrp) e sulla sinistra la Sfio, progenitrice del Partito socialista. La storia ci racconta però anche che la cancellazione del divario destra sinistra non durò a lungo e che gli schieramenti contrapposti si rafforzarono negli anni 60 e 70. La storia potrebbe ripetersi anche in questo.

L’ampia maggioranza all’Assemblea nazionale e l’atomizzazione dell’opposizione ridotta a un insieme disomogeneo di diverse deboli opposizioni sottrarranno ogni possibile alibi al governo dal quale i francesi si attendono profonde riforme. Il cammino, difficile, è quello di un orientamento social-liberale che possa scardinare lo statu quo sulla rigida legislazione su imprese e lavoro per rilanciare l’economia mantenendo al tempo stesso un solido welfare in grado di proteggere le classi sociali più vulnerabili.
La sfida è dunque aperta: Emmanuel Macron è convinto di poterla vincere, così come in passato ha saputo fare la Germania, con un pragmatismo tradizionalmente avversato dalla vecchia classe politica francese.

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