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Quando la bomba scoppia in mano all’artificiere

Tutti i non sentito dire dei piani alti dell’amministrazione cantonale: dall’ex funzionario del Dss al direttore di scuola media

In sintesi:
  • Molestie, mobbing e comportamenti inappropriati di funzionari e dipendenti pubblici. Quei 'non sapevo', 'non abbiamo sentito nulla' che montano la rabbia.
  • Le voci circolano, ma non dove dovrebbero. Eppure nel piccolo Ticino...
Non vedo, non sento, non parlo
(Ti-Press)
30 settembre 2022
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Una cosa è una bomba, un’altra è una donna "violata". Pare, infatti, che ai piani alti dell’amministrazione cantonale, dal Dipartimento sanità e socialità a quello che si occupa di educazione, cultura e sport, le antenne funzionino a singhiozzo. Un on e off difficile da giustificare. E allora se un giovanotto si crede un rambo, pronto a far saltare in aria la propria scuola, i radar avvertono il pericolo e lo segnalano; se, diversamente, da corridoi, aule o uffici si rincorrono "voci" dove protagoniste sono donne, quasi sempre nel fiore dell’età, vittime di molestie, mobbing o pesanti attenzioni, nessuno pare sentire, vedere e dunque parlare.

Perché, purtroppo, non è mai la prima volta. Dall’ex funzionario del Dss, condannato per coazione sessuale e violenza carnale, nei confronti di una stagiaire, al dirigente di Unitas, il cui vizietto di allungare le mani sulle utenti era ben noto nell’ambiente dell’associazione di ipovedenti, passando dal maestro di Montagnola, i cui comportamenti sopra le righe lo avevano dipinto come un orco, fino ad arrivare al direttore di scuola media del Luganese, arrestato con l’accusa di atti sessuali con fanciulli, che ieri si è dimesso.

In tutti e quattro i casi, guarda... caso, a scandalo scoppiato, nessuno, fra studenti, genitori, colleghi, soci, conoscenti o altro, ha accennato al classico fulmine a ciel sereno. Le segnalazioni, seppur la maggior parte ancora rivestite dalla leggerezza di un pettegolezzo, erano di dominio pubblico. Così se all’istituto scolastico sapevano dei modi poco ortodossi del docente delle Elementari, nella capitale si chiacchierava da tempo della sensibilità del capoufficio al fascino femminile. Anche sul Ceresio erano già stati avvertiti in passato dagli altri insegnanti i comportamenti inappropriati da parte del professore che, anziché spedito in punizione, avrebbe poi fatto pure carriera.

Nessuno però lassù ha mai sentito nulla. La colpa è sempre di qualcun altro. Quelle ‘voci’ si sarebbero fermate prima, magari nell’ascensore... Facile è, dunque, a posteriori, riempirsi la bocca invocando il diritto di chiamarsi fuori. ‘A noi non è giunto mai nulla!’, come se bastasse questa discolpa per non rispondere al dovere di raccogliere informazioni, anche confidenze, nell’imminenza di nominare un nuovo quadro, un nuovo responsabile. Se Maometto non va alla montagna, ci insegnano, è la montagna che va da Maometto. Del resto nel cv sicuramente nessuno ha mai accennato all’integrità morale.

Hanno dunque parlato giustamente di tradimento e di sfiducia i genitori coinvolti, non solo nel più recente caso. Perché se le ‘voci’ già giravano, nel piccolo Ticino in pochi potevano non sapere. Perché se a un direttore – e in queste inchieste ve ne è più di uno ‘colpevole’ di aver interrotto il telefono senza fili – non passa neppure per l’anticamera del cervello di trasmettere ‘certe’ informazioni, la colpa probabilmente è ancora di chi al vertice della scala non è stato in grado di nominare nei diversi piani responsabili capaci di rispondere con immediatezza, autorevolezza e pugno di ferro a quelle ‘voci’.

Quella necessità di ‘ripartire’ evocata dal Decs – con l’annuncio di nuove misure di controllo – è sì appropriata, ma comunque fastidiosa. Per guardare avanti, infatti, è importante non dimenticare il passato. Altrimenti si finisce, tristemente, per riviverlo. E... altro che rabbia.

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