Commento

La Corte suprema Usa e i suoi imam

Stati a guida repubblicana lancia in resta dopo la sentenza anti-aborto. Dietro c’è una strategia a lungo e tenacemente perseguita

Non si placano le proteste dopo la sentenza della Corte suprema
(Keystone)
27 giugno 2022
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Questa non è ‘l’America profonda’, pigra e spiccia definizione di un Paese enigmatico e contraddittorio; no, questa è ‘l’America che sprofonda’, mentre ci si ostina a definirla ‘la più grande democrazia del mondo’. Un Paese al quale la suprema autorità giuridica comunica (con sei voti contro tre) che per mezzo secolo le donne americane hanno avuto sì la libertà di abortire, ma che si è trattato di un equivoco, di tradimento della volontà dei padri fondatori, di un diritto esercitato violando la Costituzione.

Così, come nel selvaggio west, subito la corda per l’impiccagione viene lanciata sul ramo più adatto, la sentenza è immediatamente applicabile, quel diritto federale viene cancellato con un colpo di spugna; in futuro ogni Stato della Federazione legifererà a piacimento, perché così vuole l’ipocrisia di un sistema che all’interno della stessa nazione consente di fare qualcosa che è negata un metro più in là: non una cosa qualunque, ma l’esercizio di uno dei diritti individuali definito fra ‘i più importanti della modernità’, che si auto-determina sul corpo femminile. Libera scelta ottenuta con tribolate battaglie per l’emancipazione, e ora rispedita violentemente indietro di decenni, in un’era che si direbbe socialmente glaciale, che rievoca l’epoca in cui alla mancanza della legge sopperivano – anche nel ‘Paese nuova Gerusalemme in cima alla collina’ – i disastri e le morti per l’intervento delle mammane, dell’interruzione ‘fai da te’ della gravidanza, della clandestinità, della stigmatizzazione sociale più crudele.

Non sarà di nuovo così. O almeno si spera. Nella nazione lacerata da quest’altro strappo storico ci sarà comunque una parte d’America che promette di muoversi in parziale soccorso di donne – le più giovani, le meno abbienti, quelle delle minoranze, soprattutto afroamericane – che vorranno comunque continuare a esercitare il proprio diritto, affrontando viaggi scomodi, umilianti e costosi. Mentre i sondaggi dicono che la maggioranza della popolazione americana non approva il ‘golpe’ dei togati, quindi anche gli Stati a guida repubblicana non potranno non tenerne conto nella loro strategia di regole più restrittive, sostenute da un Grand Old Party che si addentra sempre più irresponsabilmente nel labirinto dello scontro istituzionale.

Strategia che non è affatto improvvisata. Addirittura, in questo caso, è stata a lungo e tenacemente perseguita. Dalla nuova destra ideologica di Goldwater ai ‘soldati cristiani’ di Reagan ai militanti della Christian Coalition che picchettavano i consultori, a volte anche sparando sui miscredenti. Fino a Donald Trump, che scelse tre nuovi giudici della Corte squilibrandola scientemente a favore della componente più reazionaria, difensori dell’‘originalismo’, per cui è il testo originale che va applicato: la Costituzione del 1787 non menziona l’aborto? allora non esiste! Proprio come il fanatismo islamico pretende il rispetto letterale della sharia. "È la volontà di Dio", ha sentenziato ‘imam’ Trump. Una mannaia pronta ora a polverizzare altri diritti sessuali, persino i matrimoni gay, addirittura l’uso di contraccettivi. La sentenza anti-abortista che ora infiamma l’America cade mentre si tenta di processare l’ex presidente che istigò la rivolta politica. Radicalismi incrociati. Guerra civile ideologica. Ma attenti a pensare che sia solo una storia americana.

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