Commento

Gli Europei li ha vinti la radio (ode a Francesco Repice)

Del multimediale Euro 2020 resta la voce di un ‘semplice’ radiocronista in un atto poeticamente rétro: raccontarci una partita di calcio, nulla di più

‘È una gioia incontenibile, gentili ascoltatori: siamo Campioni d’Europa, siamo Campioni d’Europa’ (Keystone)
15 luglio 2021
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“Il calcio torna a casa, torna dove è nato, tra le piazze di Firenze la Magnifica e l’entusiasmo che dilaga a Roma, la Città Eterna, prima di scendere a bagnare la sua gioia in quello specchio di mare del Golfo che bagna anche le falde del Vesuvio nella meravigliosa Napoli, e scende come una spada verso la superba Trinacria che si affaccia sulla Madre Africa. E poi ancora un’isola, un’isola cristallina come la Sardegna, per salire verso un triangolo di sudore, di fatica, di sguardo verso il futuro e di lavoro di tante generazioni fra Genova, Milano e Torino. Fino a culminare in Laguna, dove l’acqua accarezza la sinuosissima Venezia. Questo entusiasmo dilaghi nel borgo dei borghi e nella meravigliosa Tropea, che ha disegnato il tricolore sull’isola che va ad affacciarsi, a precipitare in un mare cristallino”.

Non è Federico Buffa, che renderebbe epico anche un torneo di bancari; non è Roberto Benigni, il Benigni dantesco e renziano, post ‘Inno del corpo sciolto’; non è Guccini e men che meno Toto Cutugno; non è Manzoni e nemmeno il viaggio in Italia di Stendhal. È Francesco Repice, radiocronista della Rai alla quale da troppo tempo, alla tv, manca un Armando Ceroni, per potere evocativo, timbrica e riconoscibilità. E al netto o al lordo dei suoi neologismi. Ora che attendiamo gli assai meno frenetici giochi olimpici, ora che si è conclusa questa prima metà d’estate di esperti, replay e commentatori di replay, resaci più lieve dall’impresa rossocrociata e dal Nicolò Casolini uomo di spettacolo Rsi (mezza asta in mano come Freddie Mercury), ora che il jingle di Bono Vox sfiora, per usura, la cacofonia, ora che le imprese calcistiche si sono per sempre frammentate in migliaia di file, ‘Euro 2020’ che già suona obsoleto passa al setaccio della storia, e il setaccio ci consegna la voce di un ‘semplice’ radiocronista, Repice, nel suo atto splendidamente, fondamentalmente (nel senso di fondamentale) rétro: raccontarci una partita di calcio, come la professione impone.

“È una gioia incontenibile, gentili ascoltatori: siamo Campioni d’Europa, siamo Campioni d’Europa”, grida dopo l’ultimo rigore, librandosi in un onesto e commovente volo a planare sulla Penisola; la Rai pubblica sul Tubo la sintesi della sua radiocronaca ed è un plebiscito: chi lo vuole Presidente della Repubblica, chi Patrimonio dell’Umanità, chi Pallone d’Oro, chi Premio Oscar, chi Santo subito; c’è chi per ascoltarlo ha zittito la tv, o l’ha proprio spenta come si faceva nel 1990 con la Gialappa’s, che rese meno funesti i rigori di Italia-Argentina, una Italia-Inghilterra al contrario. C’è chi al proprio funerale vorrebbe Repice a celebrargli l’omelia (“Probabilmente mi farà resuscitare”), chi lo paragona a Morricone e Bocelli, chi scomoda Nicolò Carosio e chi vuole che le sue parole siano lette nelle scuole, o inserite nell’Inno di Mameli. E chi lo vorrebbe in tv a sostituire una lunga lista di belli senz’anima ai quali l’italiano medio ha sempre preferito Bruno Pizzul col suo fardello di golden gol e rigori finiti sopra la traversa. C’è anche chi Repice è “meglio di un porno” e chi, dall’estero, non proprio a chilometro zero, esulta: “Viva Tropea, viva le vostre splendide cipolle!”.

La Magnifica, la Città Eterna, la Superba Trinacria. Trentanove anni dopo, l’Italia ha trovato un nuovo Nando Martellini, uno che parlava solo quando era il caso e nel luglio del 1982 aveva scaricato tutto il suo cumulo d’emozioni dentro un triplice, semplice e, per il tempo, rivoluzionario ‘Campioni del Mondo’. Di Repice, così come di Martellini, ascoltiamo solo la voce e c’immaginiamo tutto: non è forse questa l’essenza della radio?

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