Commento

Il clima, i pesticidi e una domenica ironicamente tragica

La fossa alla legge sul CO2 è stata scavata nelle zone rurali, da chi in nome della sopravvivenza dell’agricoltura si è battuto contro le due iniziative

Udc e alleati sono riusciti a imporre l’argomento costi
(Keystone)
14 giugno 2021
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Cinque votazioni in un sol colpo; la pandemia, che diffonde insicurezza e genera riflessi anti-establishment; le iniziative sui pesticidi, che nelle zone rurali hanno attizzato il desiderio di dire ‘no’ su tutta la linea; un progetto complesso («forse sovraccarico», ha ammesso la ministra dell’ambiente Simonetta Sommaruga), benché tutt’altro che radicale o di sinistra; una propaganda per il ‘no’ aggressiva, a tappeto, che con un’elevata dose di mezze verità – a fronte di sostenitori apparsi abulici – ha semplificato (meglio, semplicizzato), rendendola comprensibile, una legge ridotta a un mero affare di tasse (incentivanti, ma la ‘nuance’ chi l’ha voluta capire?), costi (esagerati) e divieti (presunti). C’erano tutti gli ingredienti per una bocciatura della nuova legge sul CO2. E in effetti ‘no’ è stato. Il 51,6% dei votanti ha affossato la legge con la quale Consiglio federale e Parlamento intendevano concretizzare gli impegni assunti firmando l’Accordo di Parigi sul clima, prima – fallita – tappa verso l’obiettivo zero emissioni nette entro il 2050.

Ha vinto l’Udc, hanno vinto le danarose lobby del petrolio e dei proprietari immobiliari. Hanno perso Simonetta Sommaruga (una batosta, la più cocente della carriera), la sinistra, il Plr (piantato in asso dalla maggioranza della sua base, dopo la svolta ‘verde’ che aveva spianato la strada alla legge in Parlamento), Economiesuisse e tutti coloro che si erano schierati per il ‘sì’. Ma a uscire sconfitta è in fondo anche quella frangia minoritaria del movimento Sciopero per il clima che ha forse sottratto consensi pesanti alla legge in una votazione giocatasi sul filo del rasoio.

La politica climatica subisce una brusca battuta d’arresto. Gravida di conseguenze. Con l’attuale legge sul CO2 falliremo l’obiettivo 2020. Ci vorranno anni per averne un’altra. E nulla lascia presagire che sarà altrettanto ambiziosa di questa. I vertici dei partiti andati fino a ieri a braccetto di Ps, Verdi e Verdi liberali, già strizzano l’occhio all’Udc caldeggiando «una proposta liberale e borghese» (la presidente del Plr Petra Gössi) o «una vera soluzione liberale» (Gerhard Pfister, presidente dell’Alleanza del Centro).

Questo ‘no’ è un brutto segnale anche per l’economia. Quantomeno per quei settori che speravano – grazie agli incentivi previsti – in una decisa spinta verso investimenti nelle tecnologie nuove ed esistenti. Investire nel settore ‘cleantech’ (dove in caso di ‘sì’ si sarebbero potuti creare circa 7mila impieghi entro il 2030, stando all’istituto Bak) sarà meno attrattivo. Senza dimenticare che, con la nuova legge, tutte le aziende avrebbero avuto la possibilità di essere esentate dalla tassa sul CO2.

La catastrofe climatica, la fine del mondo? La fine del mese, ha giudicato poco più di un votante su due. La preoccupazione è legittima, la politica anche qui deve fornire risposte. Ma di fronte ai ripetuti allarmi che giungono dal mondo della scienza, non si può non guardare oltre. Non si può evitare di pensare alle generazioni future: a Nicola, ad esempio, che su un biglietto incollato a un cartello a fianco di un parchimetro, a Bellinzona, ha scritto ”Ciao! Sono un ragazzino di 10 anni e vorrei poter respirare aria pulita anche quando avrò 50 anni. Votate sì alla legge del CO2”. La politica ha il compito di pensare, tra gli altri, anche ai contadini, confrontati più di chiunque altro con gli effetti tangibili del riscaldamento globale. Sta qui l’aspetto ironicamente tragico di questa domenica: la fossa alla legge sul CO2 è stata scavata proprio in campagna, da chi – in nome della sopravvivenza dell’agricoltura svizzera – si è battuto contro le iniziative sui pesticidi.

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