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Forse è tardi, per parlare dei brevetti dei vaccini

Sospendere la proprietà intellettuale sui vaccini per il Covid potrebbe non avere gli effetti sperati. Ma ugualmente dovremmo ripensare il sistema dei brevetti

Il brevetto non basta (keystone)
8 maggio 2021
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Spiace dirlo, ma Guy Parmelin potrebbe non avere tutti i torti, quando afferma che la sospensione della proprietà intellettuale sui vaccini non sarebbe una buona idea. Spiace non per antipatia verso il consigliere federale, ma perché sarebbe stata una soluzione semplice e veloce alla penuria di vaccini per il nuovo coronavirus e alle disuguaglianze nella loro distribuzione. Ed è seccante quando a semplice e veloce non si unisce anche efficace.

Il fatto è che la proprietà intellettuale è, per dirla in poche parole, un gran casino e se certo le attuali restrizioni sono responsabili del fatto che produciamo meno vaccini di quanto teoricamente sarebbe possibile fare – a seconda delle stime sui potenziali produttori, potremmo avere fino a 20 miliardi di dosi nel 2021 contro i 3,2 di Pfizer, Moderna e AstraZeneca –, non è detto che una semplice sospensione dei brevetti avrebbe gli effetti desiderati, almeno a breve termine. Un primo problema è chiarire di quali brevetti stiamo parlando: nella produzione di una dose vi sono diversi prodotti e processi tutelati da proprietà intellettuale in mano a più aziende. Ammesso di essersi messi d’accordo, a livello globale, su questo punto, resta il problema della tecnologia: non basta poter disporre liberamente delle specifiche per iniziare la produzione su larga scala di vaccini ma occorre trovare strutture e competenze necessarie, cosa non semplice soprattutto per i nuovi vaccini a mRna. Le difficoltà che sta avendo Lonza per produrre, in Svizzera e su licenza di Moderna, componenti di quel vaccino lasciano intravedere quali potrebbero essere i problemi a livello globale. Ci sarebbe un altro argomento, il preferito dall’industria e citato da Parmelin nel suo intervento, contro la sospensione: quello che vede nei brevetti l’indispensabile incentivo per investire nella ricerca; ma per il momento teniamolo da parte.

Viste queste difficoltà, avrebbe più senso – nel breve termine – migliorare la distribuire dei vaccini già in produzione in tutto il mondo. Nel medio termine, sarebbe opportuno investire nel cosiddetto trasferimento tecnologico che potrebbe aumentare la produzione globale di vaccini meglio di una semplice sospensione dei brevetti. Nel lungo termine, non sarebbe male un ripensamento degli attuali strumenti di proprietà intellettuale che durante questa crisi stanno dimostrando la loro inadeguatezza.

Quello che si è visto finora, tuttavia, è l’acquisto su larga scala da parte dei Paesi ricchi che si assicurano dosi per vaccinare più volte l’intera loro popolazione, rendendo il mercato sostanzialmente inaccessibile a chi ha meno risorse. E una scarsa propensione alla condivisione tecnologica, come dimostra uno strumento introdotto dall’Organizzazione mondiale della sanità, il Covid-19 Technology Access Pool, di fatto fermo. Sperare di risolvere, adesso, questi problemi sospendendo i brevetti appare un po’ semplicistico – anche a interpretare la richiesta, come alcuni analisti hanno suggerito, come uno strumento per far pressione alle case farmaceutiche affinché investano maggiormente nel trasferimento tecnologico.

Concludiamo tornando sull’argomento dei brevetti necessario incentivo all’innovazione. Qui è un argomento ipocrita, dal momento che la sospensione sarebbe temporanea, legata a una situazione di emergenza, e quei vaccini sono stati finanziati in buona parte con fondi pubblici. Un motivo in più per ripensare il sistema della proprietà intellettuale.

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